Salute 14 Aprile 2020 17:14

Tornare alla normalità, la proposta scientifica di un gruppo di medici per riaprire l’Italia in sicurezza

Al centro dell’ipotesi apparsa su Medical Facts, la realizzazione di una struttura di monitoraggio e risposta flessibile al Covid-19 coordinata da Protezione civile e Ministero della Salute

di Gloria Frezza
Tornare alla normalità, la proposta scientifica di un gruppo di medici per riaprire l’Italia in sicurezza

Affrontare l’uscita dal lockdown in Italia con una “proposta scientifica”. È l’idea messa a punto da un gruppo di virologi, epidemiologi e medici di medicina generale, approvata dalla Federazione degli Ordini dei medici e illustrata sul sito “Medical Facts”. Si articola intorno «alla creazione di una struttura di monitoraggio e risposta flessibile (MRF) dell’infezione da Sars-Cov-2 e della malattia che ne consegue (Covid-19)» e potrebbe fronteggiare, sostengono i firmatari, anche future epidemie.

Sono due le premesse che hanno portato allo sviluppo di questa ipotesi. In primis la possibilità che questa epidemia si comporti come ogni altra, che dunque raggiunga un plateau nel numero di casi e decessi per poi cominciare a calare in modo più rapido nelle settimane successive. In secondo luogo, si legge, la certezza che «la strategia a breve termine, basata soprattutto sulle misure di isolamento e di distanziamento sociale della popolazione, non sembra essere sostenibile per più di alcune settimane».

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L’MRF potrebbe essere il centro di controllo nella transizione da pandemia a endemia. «Questa nuova struttura – scrivono i medici – con chiare articolazioni regionali, che prevediamo operare sotto il coordinamento di Protezione civile e Ministero della Salute e il supporto tecnico dell’Istituto Superiore di Sanità, dovrà avere capacità e risorse per poter eseguire un altissimo numero di test sia virologici che sierologici nella popolazione generale asintomatica». Diverse migliaia alla settimana, secondo gli esperti, al fine di arginare la formazione di nuovi focolai.

La proposta prevede, inoltre, «una struttura di sorveglianza centrale potenziata presso l’Iss, responsabile dell’analisi dei dati in tempo “quasi-reale”», nonché della loro presentazione da parte del Ministero della Salute a Governo e Parlamento con cadenza regolare. Il dipartimento centrale dovrebbe poi svilupparsi in centri di monitoraggio regionale, distribuiti in modo capillare sul territorio, che lavoreranno con l’aiuto di app e altre forme di “epidemic intelligence”.

Senza dimenticare le necessità di mantenere un flusso di informazioni libero e chiaro. Raggiungibile, per i firmatari, con «la condivisione della strategia comunicativa con i maggiori quotidiani per evitare danni potenziali sia dell’allarmismo esagerato, sia della sottovalutazione facilona o addirittura negazionista».

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L’idea apparsa su “Medical Facts” arriva in coincidenza con i sei criteri che l’Organizzazione mondiale della sanità ha messo a disposizione dei Paesi che stanno valutando l’inizio di una “Fase 2” nella gestione della pandemia. Molti i punti in comune con la proposta dei medici italiani, a cominciare dalla base di partenza che prevede che ogni Paese abbia sviluppato la possibilità di testare in massa la popolazione e di controllare la trasmissione del virus.

In aggiunta, l’Oms chiede che ogni Stato tenga in considerazione il rischio dei contagi di ritorno e prepari dei piani per gestire eventuali nuovi focolai in luoghi altamente frequentati, come scuole e ospedali. Infine, nell’ultimo punto, l’invito a non sottovalutare l’importanza di una comunità informata, educata e coinvolta nei procedimenti previsti dalla “nuova fase”. Un consiglio che richiama quel coinvolgimento dell’informazione richiesto anche nell’ipotesi MRF.

«Mentre una dettagliata valutazione economica e normativa del corrente progetto esula dallo scopo di questa prima esposizione – conclude la proposta – riteniamo tuttavia che questo possa essere un ragionevole percorso, dal punto di vista epidemiologico e virologico, per il ritorno alla normalità». Sulla durata del periodo di “convivenza forzata” con il virus non ci sono certezze, ma «speriamo sarà quanto prima interrotto dall’arrivo di un vaccino».

 

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