Discariche abusive, trattamento acque reflue, Xylella e Ilva: solo alcuni esempi di direttive europee non rispettate dall’Italia e che, complessivamente, dal 2012 ad oggi ci costano 547 milioni di euro. I dati emersi dallo studio condotto dall’università Luiss Guido Carli in collaborazione con Sanità Informazione
«L’Italia torni a studiare e a fare i compiti. Quelli spesi in sanzioni per il mancato adempimento del diritto dell’Unione Europea sono soldi buttati». È Daniela Corona, docente presso l’università Luiss Guido Carli, ad illustrare i risultati dello studio Luiss-Sanità Informazione, da cui emerge che l’Italia, dal 2012 ad oggi, ha speso in sanzioni 547 milioni di euro.
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«Le infrazioni del diritto UE costano davvero tanto e non è confortante vedere che il numero delle procedure è tornato ad aumentare: sono 81, ad oggi, i procedimenti aperti. Negli ultimi anni avevamo assistito ad una diminuzione e quindi ad un maggior rispetto, da parte dell’Italia, del diritto comunitario. Tendenza che recentemente si è invece invertita. Speriamo allora che il maggior rispetto della normativa europea diventi una priorità per il nuovo governo».
Entrando nello specifico, oltre un quarto delle procedure di infrazione a carico dell’Italia riguardano norme ambientali: la non corretta applicazione delle direttive sulle discariche, ad esempio, in quattro anni ci è costata 204 milioni di euro; la procedura di infrazione causata dallo scorretto trattamento delle acque reflue è stata aperta 15 anni fa e costata 25 milioni di euro. E poi c’è l’emergenza rifiuti in Campania (aperta nel 2007), la Xylella fastidiosa, lo stabilimento siderurgico dell’Ilva di Taranto. Questioni ambientali che, va specificato, hanno anche effetti immediati sulla salute delle persone che vivono nei pressi di quei luoghi.
Ma ci sono anche infrazioni legate specificamente alla salute e alla sicurezza alimentare. Per non parlare dell’annosa questione degli ex specializzandi: la violazione di direttive comunitarie che prevedevano un determinato trattamento economico per i medici che frequentavano la scuola di specializzazione e che non è stato invece riconosciuto ai camici bianchi italiani. Una vicenda che ha dato vita ad un contenzioso ultraventennale e che potrebbe arrivare a pesare sulle casse dello Stato, in termini di risarcimenti, fino a 5 miliardi di euro.
«Sono tanti soldi che potrebbero dare respiro a tanti settori della nostra economia – conclude la dottoressa Corona -. Quindi è davvero il caso di rimboccarsi le maniche, di fare i compiti, e di rimettersi in regola».