Contributi e Opinioni 3 Luglio 2023 12:34

Sindrome di Marfan, arte e suoni per dimenticare la malattia

La storia della paziente Stefania, da 20 anni accanto ai bambini con l’associazione ‘Arte Suoni Colori’

Sindrome di Marfan, arte e suoni per dimenticare la malattia

L’arte come energia e passione, ma anche come medicina e cura per l’anima, se sei affetto da una rara malattia genetica come la Sindrome di Marfan, che colpisce il tessuto connettivo e provoca sintomi di tipo cardiovascolare, polmonare, muscolo-scheletrico e oculare. L’arte è quella a cui è grata Stefania che a 24 anni scopre la malattia e dopo due interventi chirurgici, che in dieci anni le salvano la vita, fonda un’associazione per avvicinare i bambini alla pittura, alla scultura, alla musica, all’artigianato. L’associazione si chiama Arte Suoni Colori’, nasce nell’estate 2003 a Rosciano, piccolo comune dell’entroterra pescarese, e oggi festeggia vent’anni. Stefania Silvidii ha sempre lo stesso entusiasmo, non nasconde che la malattia non le lascia tregua, ma è tanta la soddisfazione di aver coordinato, insieme a una settantina di artisti, circa 600 laboratori ai quali hanno partecipato, realizzando dipinti e sculture e imparando a suonare, 3400 bimbi di una trentina di comuni dell’Abruzzo interno a rischio spopolamento.

L’odissea delle cure non ha fermato le attività dell’associazione

«A 24 anni ebbi una dissezione del tratto ascendente dell’aorta. In 12 ore fui trasferita in aereo a Marsiglia dove un’equipe di medici meravigliosi, tra cui il carismatico Jean Pierre Bex, mi aspettava per operarmi d’urgenza: sostituzione del primo tratto dell’aorta ascendente, valvola aortica meccanica e 5 by pass – racconta – Affrontai poi tre importanti interventi agli occhi, operata dal professor Michele Marullo. Qualche anno dopo, dissezione del tratto toracico dell’aorta. Rimasi in rianimazione un mese, un altro mese in ospedale. Quando tornai a casa, Villa Oliveti, la frazione di Rosciano dove vivo tuttora, mi sembrò priva di attrattive per i bimbi, benché immersa in una natura generosa. Mio figlio era piccolo. Fu allora che ebbi l’idea di costituire l’associazione e due anni dopo avviammo, nella vecchia scuola elementare, una piccola Accademia di Belle Arti, il ‘Centro Esploratorio’, da dove i bambini non volevano mai andare via. Dopo altri dodici anni nuova rottura dell’aorta toracica, due interventi in una settimana a Chieti, poi in Belgio, operata dal dottor Raphael De Guest».  Da allora, una lunga convalescenza e l’inizio della riabilitazione, che ora è quotidiana, ma i periodi trascorsi in ospedale non hanno mai bloccato le attività dell’associazione né hanno smorzato la forza di Stefania.

L’arte come terapia per non arrendersi alla malattia

«Organizzare eventi, corsi, campi estivi durante la degenza e la convalescenza non è stato facile – ricorda – ma la rete di artisti amici e di sostenitori è ormai talmente collaudata che spesso siamo riusciti a non interrompere i progetti. Ricordo gli otto mesi di riabilitazione al Santo Stefano di Porto Potenza Picena (Macerata), nel 2015. Proposi alla direzione di allestire laboratori coinvolgendo altri pazienti; noi, tutti in carrozzina, realizzammo con le tempere opere di libera espressione pittorica su pannelli di carta cotone, tuttora presenti nella struttura sanitaria. Su impulso della mia fisioterapista partecipai un giorno a un mercatino in piazza: vendemmo i coloratissimi ‘ojo de dios’, portafortuna con fili di lana intrecciati che realizzavo quando ero costretta a letto. Fu un momento magico». La stessa magia che vuole far rivivere oggi a tutti coloro che in questi vent’anni non hanno smesso, anche grazie a lei, di sognare.

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