Salute 18 Luglio 2023 09:00

Aviaria, Oms: «In Polonia primo focolaio nei gatti, 29 casi in 2 settimane»

IZSVe: «Il numero crescente di rilevamenti di influenza aviaria H5N1 tra i mammiferi, che sono biologicamente più vicini agli esseri umani rispetto agli uccelli, solleva la preoccupazione che il virus possa adattarsi per infettare gli esseri umani più facilmente»

Aviaria, Oms: «In Polonia primo focolaio nei gatti, 29 casi in 2 settimane»

Trenta gatti infettati dall’aviaria nel giro di due settimane. È accaduto in Polonia ed è l’Organizzazione Mondiale della Sanità a diffondere la notizia, precisando che si tratta della «prima segnalazione di un numero elevato di gatti infetti in un’ampia area geografica all’interno di un Paese». Il 27 giugno l’Oms ha ricevuto dalle autorità sanitarie polacche la notifica di «decessi insoliti nei gatti in tutto il Paese. All’11 luglio – informa l’agenzia ginevrina – sono stati testati 47 campioni prelevati da 46 gatti e un caracal in cattività, di cui 29 sono risultati positivi all’influenza A/H5N1».

I rischi per l’uomo

Secondo quando riferito, «14 gatti sono stati soppressi e altri 11 sono morti, con l’ultimo decesso segnalato il 30 giugno. Al momento la fonte dell’esposizione al virus aviario è sconosciuta», ma le indagini sono in corso. L’infezione da A/H5N1 nei gatti era stata già segnalata in precedenza, ma “sporadica”, puntualizza l’Oms, senza caratteristiche di focolaio. «Al 12 luglio – riporta l’organizzazione – nessun contatto umano di gatti positivi al virus A/H5N1 ha riportato sintomi di influenza aviaria e il periodo di sorveglianza è terminato per tutti i contatti». Il rischio di contagio per l’uomo è valutato come «basso per la popolazione generale e da basso a moderato per i proprietari di gatti e per coloro che per ragioni professionali (come i veterinari) sono esposti al contatto con gatti infettati senza l’uso di adeguati dispositivi di protezione».

I sintomi nei felini

«I campioni positivi sono stati segnalati in 13 aree geografiche della Polonia – spiega l’Oms -. Alcuni gatti hanno sviluppato sintomi gravi tra cui difficoltà respiratorie, diarrea sanguinolenta e segni neurologici, con rapido peggioramento e morte in alcuni casi. Complessivamente, 20 gatti presentavano segni neurologici, 19 sintomi respiratori e 17 sia neurologici che respiratori. L’analisi genomica di 19 virus sequenziati da questo focolaio – continua l’agenzia – ha mostrato che appartenevano tutti al clade H5 2.3.4.4b ed erano altamente correlati fra loro. I virus sequenziati, inoltre, sono risultati simili ai virus dell’influenza A/H5N1 clade 2.3.4.4b che circolavano negli uccelli selvatici e che recentemente hanno causato epidemie nel pollame in Polonia».

Il monitoraggio continua

Sul totale dei gatti infettati, «dei 25 per i quali sono disponibili informazioni, 2 vivevano all’aperto, 18 in casa con accesso a un balcone, un terrazzo o un cortile, 5 in casa senza possibilità di accedere all’esterno». Sembrerebbe che «7 gatti abbiano avuto occasione di entrare in contatto con uccelli selvatici». Secondo le ipotesi al vaglio degli esperti, «i gatti potrebbero avere avuto contatti diretti o indiretti con uccelli infetti o i loro ambienti, mangiato uccelli infetti oppure cibo contaminato dal virus. Le autorità stanno indagando su tutte le potenziali fonti di infezione e ad oggi non ne hanno esclusa nessuna». L’Oms continua a monitorare la situazione e a lavorare in stretta collaborazione con la sanità animale e pubblica, le agenzie regionali, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), l’Organizzazione mondiale per la salute animale (Woah) e altre agenzie partner in Polonia.

L’aviaria tra i volatili

Il virus dell’influenza aviaria H5N1 ad alta patogenicità (HPAI), così come riportato dall’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe),  continua a circolare ampiamente tra gli uccelli selvatici in Europa causando un’elevata mortalità in diverse specie, mentre la situazione generale nel pollame dopo la stagione invernale è migliorata. Secondo l’ultimo rapporto sull’influenza aviaria dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) e del Laboratorio di referenza europeo per l’influenza aviaria (EURL) presso l’IZS delle Venezie, dal 29 aprile al 23 giugno 2023, l’H5N1 ha colpito in Europa un’ampia gamma di specie di uccelli selvatici, dalle zone più settentrionali della Norvegia fino alle coste del Mediterraneo.

Cosa sta accadendo nel mondo

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), nel 2022, 67 paesi in cinque continenti hanno segnalato focolai di influenza aviaria ad alta patogenicità H5N1 nel pollame e nei volatili selvatici, con oltre 131 milioni di capi di pollame persi a causa della malattia o per abbattimento. Nel 2023, altri 14 paesi hanno segnalato focolai di HPAI, principalmente nelle Americhe, mentre la malattia continua a diffondersi un po’ ovunque. Diversi gli episodi di moria di massa segnalati negli uccelli selvatici.

La situazione epidemiologica negli uccelli in Europa

Nel periodo aprile-giugno sono stati segnalati 732 focolai in uccelli domestici (98) e selvatici (634) in 25 paesi europei. Un numero particolarmente alto di focolai è stato registrato in anatre domestiche nel sud-ovest della Francia, mentre la situazione complessiva nel pollame in Europa è al momento migliorata. Fra gli uccelli selvatici, diverse nuove specie di uccelli acquatici, principalmente gabbiani comuni e sterne (come ad esempio i beccapesci), sono stati gravemente colpiti, con un aumento della mortalità osservato negli adulti ma soprattutto nei giovani poco dopo la schiusa. Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, gli uccelli marini deceduti per influenza aviare sono stati trovati sempre più nell’entroterra e non solo lungo le coste.

L’aviaria nell’uomo

Tra maggio e luglio 2023 sono stati segnalati due casi di infezione da H5N1 in esseri umani nel Regno Unito, e due infezioni da H9N2 e una da H5N6 in Cina, mentre una persona infetta da H3N8 in Cina è deceduta. L’ECDC ha valutato che il rischio di infezione da virus HPAI in Europa rimane basso per la popolazione generale e da basso a moderato per le persone esposte professionalmente o per altri motivi a uccelli o mammiferi infetti (selvatici o domestici). Per ridurre ulteriormente il rischio di infezione, gli esperti raccomandano di sensibilizzare la popolazione a evitare l’esposizione ad animali morti o malati.

Una preoccupazione globale

A livello globale la situazione desta qualche preoccupazione in più. In una dichiarazione congiunta FAO, OMS e WOAH affermano che sebbene le continue epidemie di influenza aviaria colpiscano in gran parte gli animali, i focolai rappresentano un rischio anche per l’uomo. I virus dell’influenza aviaria normalmente si diffondono tra gli uccelli, ma il numero crescente di rilevamenti di influenza aviaria H5N1 tra i mammiferi, che sono biologicamente più vicini agli esseri umani rispetto agli uccelli, solleva la preoccupazione che il virus possa adattarsi per infettare gli esseri umani più facilmente. Inoltre, alcuni mammiferi possono fungere da serbatoi di rimescolamento genetico per i virus dell’influenza, portando all’emergere di nuovi varianti che potrebbero essere più dannosi per gli animali e per l’uomo. Sono in corso studi per identificare eventuali cambiamenti biologici nel virus che potrebbero aiutarlo a diffondersi più facilmente tra i mammiferi, compreso l’uomo.

Come prevenire

Le Organizzazioni internazionali stanno esortando i Paesi a lavorare insieme in tutti i settori per frenare la diffusione dell’influenza aviaria fra gli uccelli, attraverso azioni di prevenzione come il rafforzamento della sorveglianza negli animali selvatici e domestici, delle misure di biosicurezza in allevamento e la possibilità di usare la vaccinazione nel pollame. Anche per i mammiferi vale la raccomandazione di aumentare la sorveglianza dei virus HPAI nei carnivori selvatici o domestici nelle aree ad alto rischio, e di evitare l’esposizione degli animali domestici carnivori ad animali morti o malati (mammiferi e uccelli). In questa fase è fondamentale la collaborazione tra i settori della salute animale e umana in chiave One health, attraverso la valutazione congiunta dei rischi e delle misure di prevenzione e controllo, e la condivisione delle sequenze genetiche dei virus umani e animali in database pubblici.

 

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