Lavoro 14 Luglio 2020 12:00

Lockdown e crisi delle farmacie, Contarina (Federfarma Roma e Lazio): «Senza aiuti, in molte non ce la faranno»

L’ex vicepresidente di Federfarma nazionale dipinge un quadro tutt’altro che rassicurante sulla situazione delle farmacie in Italia, anche loro danneggiate dalla crisi generata dalla pandemia Covid: «Non potevamo chiudere e spesso abbiamo lavorato in perdita. Nessun aiuto per noi, e c’è chi pensa che, in realtà, ci siamo anche arricchiti…»

Lockdown e crisi delle farmacie, Contarina (Federfarma Roma e Lazio): «Senza aiuti, in molte non ce la faranno»

Tra inizio autunno e fine anno molte farmacie potrebbero fallire a causa della crisi generata dall’emergenza Covid. Il lockdown ha danneggiato enormemente anche un settore che sembrava potesse reggere senza troppi problemi alla pandemia: «Ma in molti casi – spiega Vittorio Contarina, presidente di Federfarma Roma e Lazio e vicepresidente di Federfarma nazionale durante i mesi peggiori della pandemia – abbiamo lavorato in perdita e c’è chi ha avuto una contrazione del fatturato anche del 70%». Eppure, ancora oggi in tanti considerano quella del farmacista una categoria privilegiata, che ha guadagnato e, anzi, addirittura lucrato in questi mesi (come sostenuto da molti di coloro che davano la colpa proprio alle farmacie per la carenza di mascherine e i rincari sui prezzi a cui venivano vendute).

Presidente Contarina, partiamo dalla questione mascherine.

«Da quella vicenda è uscita fuori un’immagine non corretta della farmacia. Ci sono state delle speculazioni ma sono state fatte a monte della filiera, da parte di alcuni tra produttori, importatori e distributori, che hanno fatto sì che i farmacisti acquistassero i prodotti ad un prezzo decuplicato. Il consumatore, però, ha dato la colpa a noi solo perché ci siamo noi farmacisti a contatto con il pubblico. È stata una vera e propria macchina del fango. Un alto momento di tensione c’è stato quando il commissario Arcuri, senza interpellarci, ha imposto a tutti di vendere le mascherine a 50 centesimi, quando noi le pagavamo almeno 90 centesimi. A quel punto, ci sono stati alcuni giorni di panico perché le farmacie non possono, per la normativa antiriciclaggio, vendere sottocosto né potevano vendere ad un prezzo diverso da quello stabilito dal commissario, e dunque non sapevamo come fare. A seguito di questo, ci sono state altre due o tre settimane difficili perché gli importatori preferivano vendere all’estero, dove il prezzo al pubblico era più alto. Per questo motivo in giro non si trovavano mascherine. E anche in questo caso la colpa è stata data a noi farmacisti, fino a quando, per fortuna, non è uscita fuori la verità. In tutto questo, le farmacie sono state vittime di un sistema in cui sono solo un soggetto passivo».

I farmacisti sono sempre stati in prima linea nella lotta al Covid…

«E in molti ne hanno subito le conseguenze: i farmacisti morti per Covid sono 17 e i contagiati oltre mille. Ci siamo sempre stati e lo abbiamo pagato a caro prezzo. Ora però, con il lockdown alle spalle, ci ritroviamo ancora una volta ad essere considerati una categoria che ha lavorato mentre tutti gli altri stavano chiusi e che quindi ci abbiamo guadagnato molto, quando invece i risultati parlano in media di un meno 20-25% di ricavi nel periodo del lockdown. Questo, per un’azienda come una farmacia i cui margini effettivi finali sono molto risicati, è un grosso problema: molte farmacie rischiano di non farcela. Le farmacie non sono un negozio ma un servizio di pubblica utilità, e se le farmacie soffrono, soffrono anche i cittadini. Noi non possiamo permetterci di andare in sofferenza perché a rimetterci sarà l’utente finale. Ora, ad esempio, sono poche le farmacie che decidono di stare aperte oltre l’orario di apertura obbligatoria perché, il più delle volte, lavorerebbero in perdita».

Come vi sentite oggi che la situazione sembra tornata alla normalità?

«Abbiamo lavorato in condizioni veramente terribili, senza le mascherine, che non si trovavano, con tantissima gente impaurita e che, visto che eravamo gli unici aperti a cui poter chiedere consigli o rassicurazioni, veniva a chiederci qualunque cosa. Poi, dopo una giornata sfiancante, torni a casa e comunque, anche se hai dato tutto e non ti sei mai tirato indietro, pensi che devi portare avanti un’azienda e non sai come pagare i fornitori. Ci sono categorie messe peggio di noi, senza dubbio. Dico soltanto che, a differenza di altre attività, non ci possiamo permettere questa situazione perché, erogando un servizio pubblico, il problema ricadrà poi sulla cittadinanza».

Prevede che questo periodo di crisi abbia delle ripercussioni su tutto il settore?

«È ancora presto ma sicuramente ce ne saranno. Ci sono delle farmacie che già erano in difficoltà prima di questo periodo, e il lockdown per alcuni potrebbe essere il colpo di grazia. Magari i farmacisti in questi mesi stanno provando a tenere duro, a farcela, ma se i creditori in questo periodo non vedranno i soldi che gli sono dovuti, potrebbero proporre istanza di fallimento. Le farmacie, come tutte le aziende, hanno delle dilazioni di pagamento nei confronti dei fornitori e a causa di questo tempo di latenza i problemi potrebbero vedersi fra qualche mese, quando qualche farmacia potrebbe avere difficoltà a pagare le fatture. A quel punto qualcuno, come ho detto, nei casi più gravi, potrebbe chiedere istanza di fallimento, per cui il timore è che verso fine anno vedremo le conseguenze degli effetti negativi del lockdown. Ora che anche le società di capitali possono acquisire farmacie, non mi meraviglierei se altre farmacie dovessero cadere nelle mani del capitale».

Avete ricevuto qualche aiuto come categoria?

«No, niente in particolare. Perché si presume che i farmacisti, essendo stati aperti, non abbiano problemi economici. Quindi non prendiamo né l’aiuto per chi ha chiuso né i vantaggi di quelle attività che hanno continuato a guadagnare. Abbiamo sofferto come molte altre aziende, certo, però abbiamo dei professionisti che hanno dato tanto e non stiamo vedendo l’aiuto che forse ci siamo guadagnati sul campo, quando eravamo tra i pochi a poter lavorare. Abbiamo fatto la nostra parte sul territorio, in mezzo alla strada, abbiamo fatto da filtro, evitando che le persone affollassero i pronto soccorso. Ad oggi non sto vedendo alcun riconoscimento: non vogliamo medaglie ma soltanto un aiuto per stare in piedi».

Qual è la situazione di Roma e del Lazio?

«Qui la situazione è ancora peggiore, soprattutto a Roma, dove gli affitti sono altissimi. C’è una farmacia del centro, in una piazza simbolo della città, che ha subito una contrazione del fatturato di circa il 70% e l’affitto continua ad esser altissimo. Le farmacie, a differenza di altri esercizi commerciali, non possono decidere di chiudere. Possiamo solo decidere di non rimanere aperti oltre i turni obbligatori. E prevedo che questa estate saranno molte le farmacie che decideranno di chiudere per ferie, quando magari negli anni passati hanno deciso di restare aperte ed erogare il servizio per tutta l’estate. In tutto ciò, a Roma e nel Lazio abbiamo avuto anche problemi legati alla criminalità, in particolare durante il primo lockdown, quando le strade erano deserte ed eravamo preda della criminalità tra rapine diurne e furti notturni. Come ho detto, è una categoria che ha dato tanto ed è in difficoltà. Per questo chiedo al Governo e alla Regione Lazio un aiuto per sopravvivere perché, rispetto a prima del Covid, la situazione è molto cambiata e chiediamo una mano come qualsiasi altra azienda. Lo chiediamo, in particolare, per poter continuare ad erogare un servizio alla cittadinanza e non dover rischiare di chiudere i battenti definitivamente dopo che ancora una volta abbiamo dimostrato l’importanza della nostra categoria nei momenti più difficili».

 

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