Lavoro 5 Maggio 2020 17:00

Pediatri, Biasci (Fimp): «Chiediamo l’estensione del vaccino antinfluenzale ai bambini e di poter prescrivere i tamponi per Sars-Cov-2»

«Se rileviamo casi sospetti dobbiamo avere la certezza dell’effettuazione del tampone diagnostico. Senza una diagnosi precisa non potremo far tornare i bambini a scuola». E su Kawasaki: «Abbiamo raccolto un’anomala frequenza di manifestazioni cutanee simil geloni ma è ancora presto per correlazione con Covid-19». Così il presidente della Federazione italiana medici pediatri

Fornire ai pediatri di famiglia gli strumenti per ricercare e monitorare la diffusione del coronavirus: dall’avere carta bianca sull’esecuzione del tampone diagnostico all’attivazione delle vaccinazioni antinfluenzali ai bambini dai sei mesi in su per individuare i pazienti positivi al Covid-19 e non scambiare i sintomi con quelli dell’influenza. Sono queste le richieste dei pediatri per gestire al meglio la Fase 3, quella coincidente con la riapertura delle scuole.

«Sulla chiusura delle scuole ci sono opinioni contrastanti – spiega il presidente Fimp Paolo Biasci a Sanità Informazione – c’è chi è contrario alla riapertura per questo ultimo mese perché potrebbe far ripartire i contagi e chi invece la pensa diversamente. Credo che vada seguito un criterio di precauzione generale: dobbiamo essere purtroppo consci che la riapertura delle scuole è un argomento delicato e che mentre sui ragazzi si può lavorare sull’educazione e sul mantenimento del distanziamento, con i bambini piccoli è più complicato. Bisogna capire come gestire le distanze in classe e negli spazi comuni, ci sono asili nido e scuole materne dove l’affollamento dei bambini sarebbe difficile da controllare. Come pediatri di famiglia siamo in apprensione per il ritorno a scuola a settembre, perché inizia la stagione della classica influenza, che ci porrà di fronte ad una epidemiologia generale dei soggetti in età pediatrica ben diversa da quella che abbiamo avuto a marzo e aprile, oltretutto con bambini chiusi a casa con scarse possibilità di essere contagiati».

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In autunno, dunque, i pediatri dovranno distinguere i sintomi da Covid-19 che sviluppano i bambini – forme lievi – da quelli influenzali: «La differenziazione sulla base dei sintomi è impossibile dal punto di vista clinico – precisa Biasci – è da anni che chiediamo al ministero di inserire tra le categorie a rischio nella campagna di vaccinazione antinfluenzale anche i bambini tra 6 mesi e 6 anni, oltre gli over 65. Per un fatto epidemiologico: in tutte le statistiche annuali dell’ISS questa fascia di età risulta essere otto volte più colpita rispetto agli adulti. I bambini rappresentano un serbatoio e molto spesso sono accuditi dai nonni quando sono malati perché i genitori vanno al lavoro. Il vaccino sarebbe una protezione in più anche per gli anziani, permetterebbe un minor accesso ai pronto soccorso e alle strutture di ricovero, maggior spazio e disponibilità di assistenza qualora avessimo una fase di ritorno dell’epidemia da Covid-19».

L’obbligatorietà della vaccinazione antinfluenzale per i bambini aiuterebbe a comprendere meglio chi ha il virus Sars-Cov-2 e chi no. Una proposta, però, che non è stata al momento presa in considerazione: «Le risposte non ci sono state, la circolare è simile agli scorsi anni; ce ne rammarichiamo, i bambini vengono a volte poco presi in considerazione perché sono tendenzialmente sani ma sono importanti dal punto di vista epidemiologico. Ad ogni modo, nella circolare c’è l’indicazione di vaccinare a qualsiasi età soggetti che possano venire in contatto con categorie a rischio. Se i bambini vivono o sono a contatto con i nonni, è opportuno vaccinarli. Nelle regioni dove la vaccinazione antinfluenzale è eseguita dai pediatri di famiglia – sottolinea il presidente – le coperture vaccinali dei bambini sono rilevabili rispetto ad altre».

Nel corso dell’emergenza sanitaria i pediatri di famiglia hanno fatto la loro parte per contrastare la diffusione dell’epidemia. In vista della ripresa, vorrebbero prescrivere direttamente i tamponi per la ricerca di Covid-19: «Noi abbiamo chiesto di poter prescrivere il tampone come qualsiasi altro esame diagnostico: nel caso del Covid-19 facciamo una segnalazione ai servizi di prevenzione e poi cala la nebbia: non sappiamo su quali criteri viene decisa l’effettuazione del tampone – ammette Biasci -. Spesso i bambini sviluppano forme lievi e quindi quando vengono contattati sono già guariti. La domanda è: quante diagnosi non vengono fatte in età pediatrica? La nostra richiesta è questa: se individuiamo un caso sospetto in uno dei nostri pazienti dobbiamo poter prescrivere noi il tampone diagnostico e avere la certezza che venga effettuato in tempi rapidi. Il prossimo inverno ci imbatteremo in tanti genitori che chiameranno perché i loro bambini hanno sintomi da influenza e come potremo permettere un tranquillo rientro a scuola? Un conto è avere un banale raffreddore o l’influenza, un conto è avere l’infezione da coronavirus. Senza una diagnosi precisa non potremo far tornare i bambini a scuola».

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Di recente, i pediatri inglesi, francesi e americani e i medici di Bergamo hanno lanciato l’allarme sull’aumento dei casi di sindrome di Kawasaki, una malattia rara che sembra si stia presentando più spesso rispetto al solito nelle zone maggiormente colpite dall’epidemia. Anche la Federazione Italiana Medici Pediatri ha raccolto le segnalazioni dei suoi cinquemila iscritti: «Abbiamo osservato anche noi un’anomala frequenza in bambini e adolescenti di manifestazioni dermatologiche sugli arti inferiori e superiori, simil geloni. Si sta ipotizzando il fatto che in alcune situazioni, rare per fortuna, l’infezione da Covid-19 nel bambino potrebbe portare una prima fase con sintomi brevi e scarsi che si esaurisce brevemente e una seconda fase più complicata in cui ci sono alterazioni immunologiche e fenomeni infiammatori, la cosiddetta vasculite generalizzata, che porta una sintomatologia simil Kawasaki. Non sappiamo se possa essere correlata all’epidemia di Covid-19 anche perché molti di questi tamponi sono risultati negativi. I pediatri sono starti allertati e monitoreranno il fenomeno».

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