Lavoro e Professioni 9 Febbraio 2016 16:02

Turni di lavoro, l’appello dell’Asl Roma 1: «Medici stanchi non vanno lasciati soli» 

Seconda tappa del viaggio nelle aziende sanitarie. Intervista al commissario straordinario Angelo Tanese: «Tutela dei professionisti e riorganizzazione aziendale priorità assolute»
Turni di lavoro, l’appello dell’Asl Roma 1: «Medici stanchi non vanno lasciati soli» 

Anno nuovo, sanità nuova. O almeno si spera. Con il 2016 è entrata in vigore la riorganizzazione delle aziende sanitarie locali di Roma, un intervento che ha ridotto le Asl da otto a sei attraverso l’accorpamento delle Asl Rm A e Rm E nella nuova azienda denominata Roma 1 e delle Asl Rm B e Rm C accorpate nell’Asl Roma 2.


Sanità informazione ha intervistato il commissario straordinario della neonata Asl Roma 1, Angelo Tanese.

Dottor Tanese, una modifica importante per tentare di organizzare il lavoro della sanità sul territorio…
«Questo progetto della Regione Lazio per ridisegnare i confini istituzionali delle aziende è molto ambizioso quanto necessario e utile; come insegnano anche altre regioni, dimensioni più grandi consentono di programmare e gestire meglio servizi e risorse».

Tra le tante problematiche che affliggono i medici in questo momento, c’è quello degli orari di lavoro. Lo scorso 25 novembre, il nostro Paese si è adeguato alla normativa europea, ma ci sono ancora tante falle.
«Abbiamo messo in campo tutte le azioni possibili per rispettare il nuovo orario di lavoro perché ritengo che la tutela dei professionisti sia una delle esigenze da salvaguardare sempre. La demotivazione è tanta perché l’età media è alta, gli stipendi non sono aumentati e il lavoro è diventato più faticoso. E non ultimo c’è una certa preoccupazione per azioni a volte aggressive, in termini di responsabilità medica. La responsabilità è di chi dirige l’azienda sanitaria: ad oggi abbiamo delle dotazioni che non sono più rispondenti nella loro allocazione a un corretto utilizzo, sia in ospedale che sul territorio. Produciamo servizi straordinari ogni giorno, di grande valore per i cittadini e poi magari finiamo sul giornale per un caso di malasanità. Ecco, questo non è possibile e i medici non devono sentirsi abbandonati. In questa grande azienda il personale è passato da 2mila a 4mila con l’accorpamento col San Filippo Neri, e ora 6mila con la Roma E e la Roma A; se ci mettiamo i 1300 medici convenzionati, arriviamo ad oltre 7mila. Sono numeri da grande azienda, la forza lavoro dei professionisti è al centro della riorganizzazione».

Nel frattempo i medici continuano a sentirsi abbandonati dalle istituzioni, e tentano la strada dei ricorsi in tribunale…
«C’è uno spazio normativo del quale si occupano le istituzioni. Autonomia significhi condividere obiettivi comuni, ad esempio riorganizzare gli ospedali. Ridurre i posti letto non significa ridurre i servizi. Riorganizzare l’assistenza territoriale in maniera più attenta e rispondente alle reali esigenze della popolazione significa dare servizi migliori ai cittadini. La qualità della spesa conta quanto la quantità. Avere 7.300 medici può essere tanto o poco a seconda di come vengono utilizzati. E questa credo sia oggi la nostra maggiore esigenza, cioè non perdere di vista le finalità del servizio pubblico e con le risorse che abbiamo tentare di coinvolgere tutti in una nuova fase di riorganizzazione del servizio sanitario. Non si può più fare quello che si faceva 20 anni fa, come stare in ospedale una settimana per una cataratta. Credo si debba prendere atto che la sanità è cambiata e si devono utilizzare tecnologie e personale per dare servizi di qualità».

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