Lavoro e Professioni 10 Giugno 2022 10:36

Pediatri, medici del 118, guardie mediche: la carenza di camici bianchi investe il Molise

Nella regione si registra una grave carenza di pediatri ospedalieri e il Punto nascite di Isernia rischia di chiudere. Crudele (OMCeO Isernia): «Non bisogna fare avvisi per sei mesi a tempo determinato, ma concorsi che diano una stabilità». De Gregorio (OMCeO Campobasso): «La coperta è corta, abbiamo troppe sedi di guardia medica»
di Francesco Torre
Pediatri, medici del 118, guardie mediche: la carenza di camici bianchi investe il Molise

La carenza di medici è un problema che da anni riguarda tutta Italia: colpa di una programmazione sbagliata e di un imbuto che tra numero chiuso e pochi posti nelle scuole di specializzazioni riduce all’osso gli aspiranti camici bianchi.

Ci sono però dei luoghi dove il problema è ancora più sentito: uno di questi è la regione Molise, una delle tante aree interne italiane dove la carenza di professionisti della sanità morde da tempo. L’ultimo allarme in ordine di tempo è il rischio chiusura della Pediatria e nel Punto nascite dell’ospedale Veneziale di Isernia a causa della carenza di medici dovuta al pensionamento di una dottoressa e al trasferimento di un collega vincitore di concorso in altra regione.

Ma gli allarmi si susseguono da anni nella regione molisana: da tempo i sindacati denunciano la grave carenza organica che colpisce il 118. Sempre ad Isernia, i medici strutturati del presidio di emergenza sono quattro, mentre nel 2016 erano 11.

Una situazione che ha portato le segreterie di Cgil, Cisl, Uil, Fials, Fsi e Nursing up a usare parole dure: «Denunciamo l’enorme difficoltà degli operatori sanitari della Asrem (Azienda Sanitaria Regionale del Molise) – spiegano in una nota – perché le carenze croniche di personale stanno mettendo a rischio la qualità delle cure. Oggi, in prossimità dell’inizio delle ferie estive e in seguito alle dimissioni di numerosi operatori, soprattutto medici e infermieri, si intravede una sorta di collasso del pubblico sistema sanitario».

La Asrem, dal canto suo, cerca di correre ai ripari pubblicando nuovi bandi: uno di pochi giorni fa, per il conferimento di otto incarichi libero-professionali di tre mesi a medici specialisti nella disciplina di Ginecologia e Ostetricia. Un altro, di qualche settimana fa, finalizzato all’assunzione a tempo determinato di 23 medici della disciplina di Anestesia e Rianimazione, ma anche 2 psichiatri, 11 cardiologi e 12 ortopedici. Ma l’intervento appare tardivo.

Crudele (OMCeO Isernia): «Problema antico, serve programmazione»

Un problema di programmazione, secondo Fernando Crudele, presidente dell’OMCeO di Isernia: «La carenza non è di adesso. Se io ho 68 anni, la Asl sa benissimo che io a breve andrò in pensione. Non si può aspettare e poi quando mancano i medici correre ai ripari».

Sulla questione di Pediatria dell’ospedale di Isernia, era stato lo stesso Crudele a lanciare un appello: «Da dicembre è andata via un’ulteriore risorsa umana, un medico, e sono rimasti soltanto in due. In due non si può dare un servizio h24 come quello di Pediatria e del Punto nascita. La chiusura del Punto di Isernia significa spostarsi sull’unico Punto che è quello di Campobasso. Questo si unisce a decenni di chiusure di ospedali come quelli di Venafro e Agnone, una struttura che abbraccia anche il territorio montano con Capracotta e dove è rimasto solo un reparto di medicina interna con poche unità e posti letto».

Critica anche la situazione del 118, in grande sofferenza in tutta la regione. «In Molise sono due-tre anni che non fanno il corso di formazione per andare a fare il medico del 118 – spiega Giuseppe De Gregorio, presidente dell’OMCeO di Campobasso -. Ci vuole un titolo per fare il medico del 118. È evidente che se non si formano questi medici non si trovano. Siamo sotto organico e la coperta è diventata sempre più corta. Questo succede anche per le sedi di continuità assistenziale».

Eppure il Molise potrebbe essere un’isola felice per un medico, con una buona qualità della vita. «Non bisogna fare avvisi per sei mesi a tempo determinato, ma concorsi che diano una stabilità – spiega ancora Crudele -. Un collega ad Isernia mi ha detto: io vorrei sapere che fine farò perché altrimenti inizio a guardarmi intorno. Stesso discorso per gli specializzandi. Mi dicono: ‘Presidente, io tornerei nel Molise, perché si vive bene, ma qual è la prospettiva?».

De Gregorio (OMCeO Campobasso): «Coperta corta, troppe sedi da coprire»

L’unica soluzione è ridurre l’assistenza, secondo De Gregorio: «Nel Molise sono state indette 114 zone carenti per la continuità assistenziale. Non le copriremo perché non ci sono i medici. Bisognerà rivedere l’offerta, forse abbiamo troppe sedi di guardia medica e non possiamo coprirle perché serve un numero di medici che in questo momento non abbiamo. C’è una carenza rispetto al fabbisogno storico. Se il materiale umano si riduce non ci possiamo più permettere 50 sedi di continuità assistenziale».

La riforma dell’assistenza territoriale può essere d’aiuto?

Per Crudele è necessario che «medici, associazioni e tutti gli attori in campo si mettano attorno ad un tavolo e mettano in campo delle proposte per rendere più attrattivo venire a lavorare in Molise.  La riforma delle Case di comunità può aiutare perché così è l’ospedale che va sul territorio. Qui c’è una delle popolazioni più anziane d’Italia. Nel momento in cui nel distretto ho tutti i professionisti gli accessi all’ospedale diminuiscono».

La pensa invece diversamente il Presidente OMCeO di Campobasso: «La riforma dell’assistenza territoriale – spiega – non darà nessuna mano. Se viene a mancare la ‘materia prima’, il fornitore di servizi, faccio difficoltà a capire come si possa fare. La carenza di medici c’è sul territorio, in ospedale. Questa riforma cade nel momento peggiore. Si scontrerà anche con la carenza di personale. I numeri parlano chiaro. L’unica attrattiva che io conosca sono i soldi. Ma la coperta è sempre quella: anche con più soldi verranno dei medici da un’altra regione e scopriranno quella regione. Nelle regioni del nord, ad esempio, non riescono a coprire l’assistenza primaria. Le scuole di formazione non possono compensare la quantità di persone che vanno in pensione, siamo comunque sotto. Bisogna rivedere il numero chiuso, il problema della programmazione parte da lontano».

 

 

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