Covid-19, che fare se...? 30 Giugno 2021 17:08

Quali sono le varianti del Covid-19 e cosa sappiamo di loro?

Che informazioni abbiamo delle varianti del virus SARS-CoV-2 che preoccupano di più?

Quali sono le varianti del Covid-19 e cosa sappiamo di loro?

Quali sono le varianti che preoccupano di più gli esperti dell’OMS e dell’ECDC? In questi giorni si sente tanto parlare di variante Delta (ex indiana) che sta “sostituendo” la variante Alfa (ex inglese) come ceppo dominante. Ma ci sono (ad oggi) anche la variante Beta e Gamma. Queste sono le mutazioni del SARS-CoV-2 che vengono monitorate con più attenzione. Ma quali sono le loro caratteristiche? Una risposta la dà il Ministero della Salute.

Variante Alfa (Variante VOC 202012/01, nota anche come B.1.1.7)

Identificata per la prima volta nel Regno Unito, questa variante ha dimostrato di avere una maggiore trasmissibilità rispetto alle varianti circolanti in precedenza (superiore del 37% rispetto ai ceppi non varianti, con una grande incertezza statistica, tra il 18% e il 60%). La maggiore trasmissibilità di questa variante si traduce in un maggior numero assoluto di infezioni, determinando, così, anche un aumento del numero di casi gravi.

Variante Beta (Variante 501Y.V2, nota anche come B.1.351)

Identificata per la prima volta in Sud Africa, dati preliminari indicano che, nonostante non sembri caratterizzata da una maggiore trasmissibilità, potrebbe indurre un parziale effetto di “immune escape” nei confronti di alcuni anticorpi monoclonali. Siccome potenzialmente questo effetto potrebbe interessare anche l’efficacia degli anticorpi indotti dai vaccini tale variante viene monitorata con attenzione.

Variante Gamma (Variante P.1)

Questa variante ha origine in Brasile. Gli studi hanno dimostrato una potenziale maggiore trasmissibilità e un possibile rischio di reinfezione. Non sono disponibili evidenze sulla maggiore gravità della malattia.

Variante Delta (Variante VUI-21APR-01, nota anche come B.1.617)

Rilevata per la prima volta in India, questa variante include una serie di mutazioni (tra cui E484Q, L452R e P681R) la cui contemporanea presenza desta preoccupazione per la potenziale maggiore trasmissibilità e il possibile rischio di reinfezione. Sono state riscontrate anche varianti appartenenti al ceppo indiano, quindi geneticamente correlate, ma sprovviste della mutazione E484Q.

«Ad oggi – spiega il Ministero – non ci sono prove che queste varianti causino malattie più gravi o rendano i vaccini attualmente impiegati meno efficaci. Sono in corso approfondimenti di ricerca, in collaborazione con i partner internazionali, per capire meglio l’impatto delle mutazioni sul comportamento del virus e per garantire che vengano presi tutti gli interventi di salute pubblica appropriati».

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