Sanità 13 Novembre 2020 12:43

Covid-19, Londra tra soft lockdown e attesa per il vaccino. Il racconto di un medico italiano

Francesco Logiudice, cardiologo: «Gli ospedali si sono organizzati meglio. No alla mascherina in strada, negozi e uffici chiusi, ma scuole aperte»

di Federica Bosco
Covid-19, Londra tra soft lockdown e attesa per il vaccino. Il racconto di un medico italiano

Un lockdown soft in attesa del vaccino. Il Regno Unito, che sfiora 1,3 milioni di contagi con un totale di oltre 50 mila decessi dall’inizio della pandemia, sta affrontando la seconda ondata di Covid con una chiusura meno stringente, una migliore organizzazione negli ospedali e una grande aspettativa per il vaccino. A confermarlo è Francesco Logiudice, cardiologo da tre anni a Londra all’Hammersmith Hospital che, raggiunto telefonicamente a fine turno nel suo ospedale Covid free, ci porta virtualmente a Londra per capire come si vive nella metropoli britannica in questi giorni di attesa per il vaccino e di chiusura per fronteggiare la seconda ondata del Sars-CoV-2.

Dottor Logiudice, a Londra si respira ottimismo per il vaccino?

«Tutto sembra essere pronto per le prime somministrazioni e questo dà un senso di maggiore tranquillità oggi rispetto alla prima ondata. Ciò non significa che si sia abbassata la guardia, anzi siamo in lockdown da 15 giorni. Un lockdown meno stringente, la gente può muoversi in caso di necessità o per lavoro, senza bisogno di autocertificazioni, ma comunque restrittivo per negozi, attività commerciali e professionali che sono chiuse. Le scuole però sono rimaste aperte, il governo ha deciso di non penalizzare l’istruzione e tutti i ragazzi vanno regolarmente a lezione. Anche l’università è in presenza fino a fine novembre, dopodiché per agevolare il rientro a casa per le vacanze natalizie degli studenti fuori sede, che nel Regno Unito sono molti, si passerà alla didattica a distanza. Gli studenti verranno sottoposti al tampone e se risulterà negativo potranno fare ritorno a casa.  Per strada però non è obbligatoria la mascherina, se non sui mezzi di trasporto e nei luoghi chiusi, tutto ciò in attesa del momento in cui il vaccino verrà destinato alle prime fasce di popolazione selezionate».

Chi saranno  i destinatari delle prime dosi di vaccino?

«Le notizie locali dicono che il sistema sanitario si prepara ad erogare il vaccino e si stanno organizzando con i gruppi a cui somministrarlo. Si partirà dai più anziani che vivono nelle case di cura, quelli più esposti alle complicanze, chi lavora nelle RSA e poi medici e operatori sanitari. Una volta esaurita questa fascia di popolazione, il resto sarà scaglionato in gruppi di cinque anni a partire dagli ottantenni fino ai sessantenni. Le scorte sono limitate, non si riesce a coprire tutta la popolazione subito quindi si inizia dai più esposti e vulnerabili».

Il vaccino sarà la soluzione?

«Ne sapremo di più strada facendo, ma fino ad oggi i dati del vaccino sviluppato falla Pfizer ci fanno ben sperare. Come l’antinfluenzale, anche questo vaccino dovrà essere rifatto ogni anno o al massimo due. Nel frattempo, si concluderanno altri studi, ad esempio quelli condotti ad Oxford per un altro vaccino, che pur con caratteristiche lievemente diverse può dare risposte soddisfacenti. Ciò che conta è riuscire a tenere sotto controllo i contagi e i ricoveri in ospedale, in modo da permettere al sistema sanitario di gestire tutte le emergenze, anche quelle non legate al Covid».

Come è cambiata la percezione della malattia nel Regno Unito? 

«Oggi c’è maggiore rilassatezza, la paura è meno evidente. Il vaccino ha un grande merito, ma dando uno sguardo ai numeri è evidente che c’è stato un aumento dei positivi, come era prevedibile perché sono stati fatti più tamponi. Per contro sono più bassi sia i numeri relativi ai ricoveri che ai decessi, perché oggi sappiamo meglio come gestire il virus prima che si complichi il quadro clinico: come dosare antibiotici, anticoagulanti e cortisone, così come gestire la ventilazione. Resta comunque una patologia che non ha una cura specifica e, se nella maggior parte dei casi si risolve senza ricovero, c’è ancora un 10% di malati che necessita di terapia intensiva. Mentre in Italia nonostante il preavviso di una possibile seconda ondata, il Covid ha messo in crisi ancora il sistema sanitario di molte Regioni, nel Regno Unito invece è stato fatto tesoro della prima fase di pandemia per correggere e migliorare la resa delle strutture. Gli ospedali sono stati divisi tra istituti Covid e Covid free, una scelta che permette di tenere separati i malati e non trascurare al tempo stesso chi soffre di altre gravi patologie. Questo sembra non sia avvenuto in Italia dove si è investito sui banchi con le rotelle e non sulla riorganizzazione della sanità».

Come stanno reagendo invece i tanti italiani che vivono nel Regno Unito?

«Agli italiani che vivono nel Regno Unito e che si sentono abbandonati da un sistema che prevede l’attivazione di esami e specialisti solo in casi gravi, dico che non è così in realtà. Vorrei tranquillizzarli dicendo che il sistema sanitario pubblico inglese funziona bene, ma se avvertono il bisogno di una consulenza con uno specialista italiano, esiste una rete di professionisti con ambulatori privati in grado di dare risposte ai connazionali, consultabili sul web o tramite il Consolato».

 

Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato

Articoli correlati
Nasce il progetto PMLAb per i pazienti COVID-19 immunocompromessi
La gestione del paziente immunocompromesso con COVID-19 richiede una particolare attenzione, che si concretizza con le Profilassi Pre-Esposizione con anticorpi monoclonali. A questo scopo è nato il progetto Prevention Management LAboratory (PMLAb), presentato oggi a Roma
Virus mortale colpisce il Regno Unito. Tre persone morte per encefalite da zecca
Le autorità sanitarie britanniche hanno rilevato per la prima volta la diffusione di un'infezione mortale trasmessa dalle punture di zecca in varie parti del Regno Unito. Al momento la UK Health Security Agency (UKHSA) ha accertato tre casi di encefalite trasmessa da zecche (TBEV) in pazienti residenti nello Yorkshire, a Norfolk e al confine tra Hampshire e Dorset. Ulteriori test sulle zecche condotti in tutto il Regno Unito hanno rivelato che la malattia, che fino ad ora è stata riscontrata comunemente in alcune parti dell'Europa e dell'Asia, è ora diffusa nel Regno Unito
Covid, alcune persone potrebbero aver perso l’olfatto per sempre? L’ipotesi allarmante in uno studio
La perdita dell'olfatto a causa di Covid-19 potrebbe durare a lungo o addirittura per sempre. Uno studio rivela che una persona su 20 non l'ha recuperato dopo 18 mesi
Regina Elisabetta morta a 96 anni: «Esempio di longevità sana»
Ben 96 anni di vita attiva e 70 anni di regno: la Regina Elisabetta II lascia in eredità un esempio di longevità, lucidità e resilienza
GB: paura polio, a Londra vaccini a tutti i bambini under 10
Dopo aver rilevato il virus della polio nelle acque reflue di Londra, le autorità sanitarie hanno deciso di offrire la vaccinazione antipolio a tutti i bambini sotto i dieci anni d'età
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Advocacy e Associazioni

In Italia quasi 1,5 milioni di italiani con demenza. Nel mondo nessuna diagnosi per il 75%

In occasione del XIII Mese Mondiale di settembre Federazione Alzheimer Italia e Alzheimer’s Disease International lanciano un appello per aumentare la consapevolezza sulla demenza e combattere l...
Salute

Automedicazione: dall’Enterogermina al Daflon, ecco i prodotti più venduti in farmacia

I dati Pharma Data Factory (PDF): nell’ultimo anno mobile (agosto 2023-settembre 2024) il mercato dei farmaci per l’autocura è stabile (-1%), anche se con prezzi in lieve aumento (+...
Prevenzione

Medici di medicina generale, igienisti e pediatri assieme contro il virus respiratorio sincinziale

Il Board del Calendario per la Vita accoglie con soddisfazione la possibilità di offrire a carico del Ssn, come annunciato dalla Capo Dipartimento Prevenzione del Ministero, l'anticorpo monoclo...