Salute 15 Febbraio 2021 18:52

Piste da sci ancora chiuse. Cosa ne pensano i medici sciatori? Le risposte della SIMS

Bertinato (Presidente Squadra Italiana Medici Sciatori): «Rischi alti, necessario lockdown totale». Martini (Segretario SIMS): «Non è l’attività sciistica in sé ad essere rischiosa. Il problema è tutto il resto»

Piste da sci ancora chiuse. Cosa ne pensano i medici sciatori? Le risposte della SIMS

Slitta ancora l’apertura degli impianti sciistici prevista, inizialmente, per oggi (lunedì 15 febbraio). Una decisione comunicata in zona cesarini che, come prevedibile, non è stata accolta con il sorriso sulle labbra da chi, in queste ultime settimane, ha cercato di mettere a norma strutture e impianti per fare in modo di salvare il salvabile di una stagione maledetta. Ma questa ulteriore misura adottata in extremis è sensata? È davvero così rischioso fare uno sport individuale come quello dello sci? Davvero le possibilità di infettarsi su una seggiovia o in una baita sono così elevate? Lo abbiamo chiesto al Presidente e al Segretario della SIMS (Squadra Italiana Medici Sciatori).

Bertinato (Presidente SIMS): «Rischi alti, necessario lockdown totale»

«Ai turisti che si recano nelle località sciistiche va garantita la salute. È un concetto banalissimo ma va ribadito: una persona non può correre il rischio di tornare infettato da una vacanza». Così il Presidente della SIMS, Luigi Bertinato, in prima linea nel contrasto al Covid-19 anche in virtù del suo ruolo nell’Istituto Superiore di Sanità. «Dopo un anno di pandemia sappiamo ormai bene come si trasmette il SARS-CoV-2. Uno dei setting da cui abbiamo imparato molto è quello degli ambienti chiusi. Uno di quelli in cui il virus si è diffuso con maggior facilità sono i macelli, i quali, per via delle attività che vi vengono svolte, sono luoghi molto freddi e umidi. Un ambiente, dunque, molto simile a seggiovie e funivie».

Secondo il presidente Bertinato, dunque, l’ambiente caratteristico delle località sciistiche è il primo fattore capace di favorire la circolazione del Covid-19: «Se, malauguratamente, un super spreader prendesse una funivia, impiegherebbe solo pochi minuti per infettare qualcuno, e questo non possiamo proprio accettarlo». Ma anche nei rifugi la situazione non cambia molto: «Entrare in un rifugio vuol dire passare da un ambiente freddo ad uno caldo e umido. E poi ci sono tutte le misure di precauzione che vanno prese. Ma chi controlla? Gli albergatori che ne hanno la responsabilità o le forze dell’ordine? In queste strutture è molto alta la facilità di creare assembramenti».

Alcuni esempi per capire meglio la portata della questione: «Nel periodo natalizio – spiega Bertinato – in Svizzera e in Austria hanno tenuto gli impianti aperti e si sono venuti a creare dei focolai di variante inglese (che così è riuscita ad entrare anche sul territorio italiano) e sudafricana. Con l’arrivo delle nuove varianti – conclude il Presidente SIMS – abbiamo scenari davvero brutti. Non possiamo stare tranquilli. Sarebbe necessario un nuovo lockdown di qualche settimana, ora che abbiamo ancora numeri piuttosto contenuti, per concentrarci sulle vaccinazioni in attesa delle stagioni più calde che contrastano la diffusione del virus. Se si farà o meno, non posso dirlo. L’eventuale scelta non è dei tecnici ma della politica. Bisogna vedere cosa deciderà il nuovo Governo».

Martini (Segretario SIMS): «Non è l’attività sciistica in sé ad essere rischiosa. Il problema è tutto il resto»

«Come medici, ci rimettiamo ovviamente ai consigli che ci vengono dati sul tema della sicurezza in generale. Nello specifico, però, non si può considerare quella sciistica come un’attività a rischio. I rischi che si corrono in queste situazioni sono in linea con quelli relativi ad ogni altro settore».

Giorgio Martini, Segretario della SIMS, è un po’ perplesso non solo verso le modalità con cui è stato deciso e comunicato il nuovo rinvio, ma anche verso la scelta di non intervenire allo stesso modo in altri settori: «Diciamo che c’è stato un difetto di comunicazione, se così possiamo chiamarlo, che ha fatto arrabbiare le persone. Inoltre – spiega – non capisco perché non si sia intervenuti nello stesso modo ad esempio sugli autobus e sui treni». Perché se l’attività sciistica non è di per sé rischiosa come può esserlo uno sport da contatto, il problema potrebbe nascere negli spostamenti: «Se ci si sposta in quattro in auto e senza precauzione, se ci si ferma al bar, in un ristorante o in un autogrill durante il viaggio, certo che può succedere qualcosa. Ma questo vale per tutti gli ambiti della vita delle persone».

Insomma, da questo punto di vista, che differenza ci sarebbe tra l’andare in un ristorante al centro di Roma e fermarsi all’autogrill durante il viaggio verso la montagna? Ed è per questo che anche secondo il Segretario della SIMS «molto probabilmente la scelta giusta da fare è quella di dare vita ad un nuovo lockdown totale». Una scelta ovviamente difficile (ed «economicamente insostenibile») ma auspicabile proprio perché «andare a sciare non è più pericoloso che andare a scuola o a fare la spesa».

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