Contributi e Opinioni 23 Luglio 2021 14:41

Scudo penale Covid: di cosa si tratta

Cosa prevede il DL 44/2021, modificato e convertito nella L 76/2021, in relazione allo scudo penale Covid per i medici

di Riccardo Cantini, intermediario assicurativo (Iscrizione RUI di IVASS: E000570258)
Scudo penale Covid: di cosa si tratta

Il DL 44/2021, “Misure urgenti per il contenimento dell’epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici”, è entrato in vigore lo scorso 1 aprile 2021. Dopo il passaggio alle Camere, il documento ha subito alcune modifiche ed è stato convertito nella L 76/2021, in vigore dal 1 giugno scorso. Cerchiamo di approfondire il Capo I della legge. Questo contiene due importanti misure connesse al contenimento dell’epidemia:

  • il cosiddetto “Scudo penale” per medici e professionisti sanitari, durante l’emergenza Covid (Artt.3-3bis);
  • l’obbligo vaccinale del personale sanitario.

Lo Scudo penale Covid

Il DL 44/2021 prevedeva in origine un unico articolo (Art.3) in relazione alla “Responsabilità penale da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2”, composto da un solo comma. In esso viene esclusa la punibilità in relazione sia all’omicidio colposo (Art.589 del Codice Penale) sia alle lesioni personali colpose (Art.590 del Codice Penale) conseguenti alla somministrazione di un vaccino anti-Covid avvenuta durante la campagna vaccinale straordinaria. Tale esclusione è pacifica, recita il testo, “[…] quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione.” Nel caso in questione, pare più opportuno parlare di “immunità penale” che di “scudo”.

L’Art.3 bis

La conversione in legge del decreto ha introdotto un ulteriore articolo, il 3bis, che effettivamente introduce un vero e proprio “scudo penale“. In esso si estende la non punibilità, sia in relazione all’omicidio colposo sia in relazione alle lesioni personali colpose, durante la fase di emergenza epidemiologica, anche a tutti i fatti “[…] commessi nell’esercizio di una professione sanitaria“. L’importante è che questi fatti siano connessi alla situazione di emergenza. Rimane però fuori dallo scudo la colpa grave.

Valutare il grado di colpa

Ma come valutare il grado di colpa? Con il Comma 2 dell’articolo summenzionato si specificano alcuni, tra i vari fattori, che possono escludere la gravità. Il giudice può ad esempio tener conto:

  • “[…] della limitatezza delle conoscenze scientifiche al momento del fatto sulle patologie da SARS-CoV-2 e sulle terapie appropriate […]”;
  • “[…] della scarsità delle risorse umane e materiali concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare […];
  • “[…] del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato impiegato per far fronte all’emergenza.

A scanso di equivoci, al professionista conviene a maggior ragione equipaggiarsi di una copertura di responsabilità civile che lo tuteli dalla colpa grave. Come disciplinato dalla cosiddetta legge Gelli, responsabile civilmente, nei confronti del paziente danneggiato, è sempre la struttura sanitaria dove il professionista presta servizio. Tale struttura può esercitare l’azione di rivalsa nei confronti dell’esercente la professione sanitaria solo in caso di dolo o colpa grave.

L’obbligo vaccinale

L’Art.4 della Legge 76/2021 introduce inoltre l’obbligo vaccinale anti-Covid per tutti i professionisti e gli operatori dell’ambito sanitario. Il termine ultimo previsto per ottemperare è il prossimo 31 dicembre 2021. Possono essere esclusi dalla vaccinazione – o differirla – solo coloro che hanno condizioni di salute documentabili che rendono attualmente pericolosa la somministrazione.

Nell’articolo si specifica inoltre che il requisito della vaccinazione è essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative. Ciò significa che nel caso di rifiuto, gli organismi competenti sono tenuti a sospendere l’operatore o il professionista sanitario dallo svolgere prestazioni lavorative che possano rischiare di diffondere il contagio. Pertanto l’operatore/professionista sarà costretto o a cambiare mansioni o – nel caso in cui ciò non risulti possibile – ad astenersi dall’attività lavorativa, con inevitabili conseguenze reddituali. Tale situazione di rimansionamento o astensione lavorativa dovrà essere mantenuta entro e non oltre il 31 dicembre 2021.

 

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