Contributi e Opinioni 8 Settembre 2022 15:53

Nascita indesiderata e responsabilità medica

Quando si ha responsabilità medica in una nascita indesiderata? Cosa sostiene la Cassazione in una recente sentenza

di Riccardo Cantini, intermediario assicurativo (Iscrizione RUI di IVASS: E000570258)
Nascita indesiderata e responsabilità medica

Appare perfettamente comprensibile che una coppia, dopo cinque figli, decida di non averne più. Purtroppo, per due coniugi siciliani, un caso di malpractice sanitaria ha portato loro in dote un ulteriore bambino. Così almeno è quanto emerge da una recente sentenza della Cassazione Terza Sezione Civile (n.22532/2022). Ma in che casi è riscontrabile una responsabilità medica in relazione ad una nascita indesiderata? Proviamo a sviscerare in parte la questione sulla base del verdetto degli ermellini, emesso lo scorso marzo.

I fatti: la sterilizzazione tubarica

A seguito del parto del quinto figlio, una signora agrigentina si sottopose – presso la locale Azienda Sanitaria – ad un intervento di sterilizzazione tubarica o “chiusura/legatura delle tube”. Qualcosa però non funzionò poiché, successivamente, la signora rimase nuovamente incinta, con conseguente nascita di una sesta figlia.

Il giudizio di primo grado

La coppia, ritenendosi danneggiata, chiamò in giudizio l’ASL e due medici di essa, al fine di ottenere un risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali. Secondo il Tribunale di Agrigento però – appoggiandosi nel giudizio sul rapporto della Consulenza Tecnica d’Ufficio – non vi furono né imperizia, né imprudenza, né negligenza, da parte dei professionisti sanitari, nel condurre a termine l’intervento di sterilizzazione tubarica. A determinare il concepimento fu piuttosto il «[…] fenomeno, assolutamente asintomatico, della cosiddetta ‘fistolizzazione tuboperitoneale’, complicanza statisticamente improbabile ma non impossibile». La CTU infatti aveva stimato il tasso di fallimento della tecnica utilizzata dall’equipe medica in un irrisorio 0,75%.

Il giudizio di appello

I togati di Palermo, sede della Corte d’appello, rovesciarono però il giudizio di primo grado. La nuova consulenza tecnica infatti riconobbe l’imperizia, l’imprudenza e la negligenza dello staff medico, fatto questo che portò alla condanna al risarcimento dei danni. A far la differenza pare sia stata la testimonianza dei medici dell’ultimo parto, il sesto, secondo la quale la «[…] fistolizzazione non sarebbe stata sufficiente a permettere il ripristino del passaggio degli spermatozoi e dell’uovo fecondato per l’impianto in cavità uterina». Pertanto, si sarebbe verificata, con l’andar del tempo, una ricanalizzazione della tuba sinistra, causata da «[…] una legatura sui capi tubarici non costretta lege artis». Interessante notare come la sentenza di appello chiami in correità anche il medico di supporto all’intervento. Costui «[…] non avrebbe potuto andare esente da responsabilità, in base al principio di controllo reciproco affermato in relazione al lavoro d’equipe, secondo cui l’obbligo di diligenza che grava su ciascun componente dell’equipe medica concerne non solo le specifiche mansioni a lui affidate ma anche il controllo sull’operato e sugli errori altrui che siano evidenti e non settoriali».

L’inammissibilità del ricorso

l ricorso dei medici in Cassazione è giudicato inammissibile poiché, così si esprimono gli ermellini, tutto incentrato in una critica nel merito alle valutazioni scientifiche della seconda CTU, quella della corte d’appello. Rilievi di questo genere parrebbero prospettare la necessità di una nuova perizia, che è – come noto – inammissibile al terzo grado di giudizio. Critica di merito che, peraltro, non appare essere neanche specifica, non entrando mai nel dettaglio dei punti salienti e non condivisi né riportando elementi precisi di critica sollevati dalla consulenza di parte, così permettendo un congruo giudizio di legittimità. Si osserva anche che rilievi critici alla CTU non sono emersi neanche durante il processo d’appello.

Responsabilità medica e polizze assicurative

Va osservato che uno dei medici condannati risultava assicurato con polizza di responsabilità civile, in aggiunta a quella già operativa a copertura della ASL. Polizza che, nonostante la richiesta di attivazione da parte del medico, non ha inteso coprire il professionista, poiché da considerarsi come “secondo rischio“: «[…] l’assicurazione […] poteva diventare operativa solo nel caso in cui il risarcimento richiesto superasse il massimale assicurato dalla polizza stipulata dalla struttura sanitaria». Conviene pertanto stare molto attenti nel dotarsi di coperture assicurative professionali personali: prima di sottoscrivere un contratto, sottoponiamoci ad una efficace consulenza, meglio se fatta da professionisti affidabili come i membri dello staff di SanitAssicura.

 

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