Contributi e Opinioni 27 Ottobre 2020 11:48

«Gravissima carenza medici in discipline specialistiche, conseguenza di una scellerata incapacità di programmare il fabbisogno»

di Luciano Cifaldi, Segretario generale Cisl Medici Lazio

di Luciano Cifaldi, Segretario generale Cisl Medici Lazio

Gentile Direttore,

la confusione regna sovrana nella nostra Repubblica. Anni di commissariamento della sanità in molte realtà regionali, commissariamento dettato dal Ministero dell’Economia e Finanza. Infiniti sacrifici dei cittadini che hanno visto allungarsi le liste di attesa e ridotta la possibilità di fruire di prestazioni secondo una tempistica dettata dalla realtà clinica prima ancora che da una legittima aspettativa personale. I nostri governatori, per troppo tempo costretti a rincorrere il deficit della sanità sbandierando ai fini elettorali ogni riduzione parcellare del deficit come una vittoria da epiche gesta.

E dunque anche l’impossibilità ad assumere e la gravissima carenza di medici in molte discipline specialistiche come conseguenza di una scellerata incapacità di programmare il fabbisogno per gli anni a venire. E poi, per non farci mancare nulla, tanto precariato nel personale soprattutto medico ed infermieristico, ma non solo, infiniti lacci e lacciuoli, percorsi di stabilizzazione ad ostacoli, burocrazia imperante e limitante, ogni approccio “easy” che non fosse rigidamente incardinato in leggi, decreti, norme e circolari.

Leggi e norme che invocate per anni a giustificare misure restrittive oggi sembrano essere dimenticate o accantonabili a motivo del Covid.

Faccio esplicito riferimento a due proposte ben precise.

Da un lato la proposta dell’eurodeputato Tajani di fare ricorso negli ospedali agli “specialisti in anestesia già dal terzo anno”  per colmare il vuoto di personale esistente.

Dall’altra la proposta del governatore Zaia di chiedere al Ministro della Salute l’attivazione di corsi rapidi di anestesia e rianimazione per medici di altre specialità.

Due proposte che stridono pesantemente con la normativa e, non suoni come un’offesa ai due recordman di preferenze, anche col buon senso.

Nel caso della proposta dell’eurodeputato, occorre subito chiarire che o si è specialisti in Anestesia e Rianimazione, avendo completato il proprio corso di studi nei cinque anni previsti, oppure si è medici chirurghi, ma ancora studenti dal punto di vista della scuola di specializzazione in Anestesia e Rianimazione. E non si potrebbe attribuire loro il ruolo di specialista, non ancora sancito dal conseguimento del relativo diploma, e meno ancora le responsabilità derivanti dall’operare in area critica ed emergenziale e nelle sale operatorie. Le norme lo vietano, ma l’inopportunità deriva anche dai rischi in ambito medico-legale ed assicurativo che ognuno dovrebbe essere in grado di ben comprendere.

Solo due anni fa la società scientifica SIAARTI, a fronte di un emendamento alla legge di bilancio di iniziativa governativa di riduzione da 5 a 3 anni della durata della Scuola di Specializzazione in Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore, dichiarava la propria contrarietà. “La riduzione del periodo formativo, come ipotizzata da tale emendamento, permetterebbe forse solo un esercizio peraltro parziale della professione di anestesista, precludendo importanti sbocchi lavorativi che implicano piene competenze in tutti gli ambiti della nostra disciplina. Cambiare un ordinamento didattico richiede tempo nella predisposizione e nell’approvazione e non può essere improvvisato sulla scia dell’urgenza del momento”.

Parole chiare e non se ne fece nulla.

Ho invece qualche difficoltà a commentare la proposta del governatore Zaia di attivare corsi rapidi di anestesia e rianimazione per medici di altre discipline. Credo che le stesse Edizioni Bignami  avrebbero serie difficoltà già solo ad ipotizzare di riassumere in qualche libretto la complessità delle discipline di Anestesia e Rianimazione caratterizzate da grandi difficoltà teoriche e dalla necessità di una pratica quotidiana costante e da un perenne aggiornamento.

Viene da pensare che se la situazione dovesse aggravarsi, speriamo di no, e venissero a mancare i medici, qualcuno potrebbe arrischiarsi anche a proporre la riduzione a sei mesi del corso di laurea in medicina e chirurgia a fronte dei regolari sei anni. Ovviamente in quel caso andrebbero previsti riconoscimenti e sanatorie d’ufficio per i guaritori con le mani e gli esperti di medicina miracolistica.

Non azzardo neanche ad ipotizzare cosa potrebbe saltare fuori nel caso di carenza di andrologi e ginecologi e quali esperti ed esperte in materia potrebbero essere arruolati per il fronte della sanità.

 

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