Digital health: nuove frontiere 16 Novembre 2022 10:11

Ascione (Healthware Group): «Il PNRR è una call to action per colmare il gap digitale. Dove investire»

Il futuro della sanità passa dalla digital health. La pandemia non ci ha lasciato dubbi su quale debba essere l’evoluzione del SSN e del sistema privato che gli lavora accanto. Roberto Ascione, CEO & Founder Healthware Group, da tempo ne è fermo sostenitore. Sanità Informazione lo ha incontrato alla seconda edizione milanese di Frontiers Health

Il futuro della sanità passa dalla digital health. La pandemia non ci ha lasciato dubbi su quale debba essere l’evoluzione del SSN e del sistema privato che gli lavora accanto. Telemedicina e strumenti innovativi per la cura del paziente si sono dimostrati fondamentali in un mondo che all’improvviso non poteva più contare sul contatto diretto. Questo procedimento ha accelerato una strada che la ricerca e le start up già da tempo indicavano. La vera svolta italiana potrebbe accadere con lo svincolo dei fondi del PNRR.

Roberto Ascione, CEO & Founder Healthware Group, da tempo ne è fermo sostenitore. Sanità Informazione lo ha incontrato alla seconda edizione milanese di Frontiers Health, l’appuntamento ibrido (live e da remoto) che convoglia ambienti italiani e internazionali per condividere le novità della digital health.

Digitalizzazione come strumento principale di miglioramento della vita del paziente, quali sono gli spunti interessanti che ha raccolto in queste giornate?

«Qui si concentra tutto il mondo che si occupa di digital medicine e ovviamente non mancano tutti gli aspetti della telemedicina. Non solo la video-visita, ma anche la gestione di tantissimi aspetti della cura fatta a distanza. Ci sono molti spunti: uno è quello che il livello di “remotizzazione” nella gestione dei pazienti post-Covid si è ridotto, ma è ancora superiore a quello che c’era prima. Significa che quel trend secondo cui da un quarto a un quinto delle prestazioni in pochissimi anni verranno gestite a distanza è confermato. Gestione a distanza significa monitoraggio da remoto, ma anche video-visita con il medico e scambio dei dati, e gestione di un fascicolo sanitario elettronico. L’altro aspetto è la grande forza dentro lo sviluppo del concetto di terapie digitali; quindi, gli interventi basati su software o software con farmaco che sono studiati scientificamente a hanno un effetto terapeutico. Questo è un trend planetario di grandissima importanza che arricchisce il mondo farmaceutico e dei dispositivi medici di una nuova categoria».

In Italia sta per arrivare il PNRR, quali sono gli aspetti più interessanti?

«Ci sono degli aspetti tecnici del PNRR e degli aspetti strategici. Nel primo caso c’è la disponibilità di una serie di fondi che consentono di fare quegli investimenti per colmare il gap digitale che in tanti anni di tagli si era accumulato. Poi c’è un aspetto strategico di mindset e di leadership, la disponibilità di questi fondi e l’esigenza di dispiegarli fa sì che ci sia una sorta di call to action. La leadership, dal punto di vista della sanità nazionale e regionale nel mondo pubblico e privato, è chiamata a sviluppare strategie di innovazione e a metterle a terra. C’è anche un obbligo etico a mio avviso, rispetto ai pazienti che beneficeranno di queste tecnologie. Quindi è un momento molto favorevole. Bisogna però stare molto attenti a dove queste risorse, pur molto ingenti, andranno direzionate. Se noi le direzioneremo su obbiettivi a breve termini non staremo facendo quello che dovremmo fare. Per esempio: come remotizzare l’assistenza, come andare a creare accesso per le terapie digitali, piuttosto che concentrarci semplicemente su uno svecchiamento tecnologico dei sistemi. Importante ma abilitatore di una strategia. La sfida della leadership, in questo momento, è ripensare a una medicina che sia basata sulla digitalizzazione, sul potenziamento dei medici tramite il digitale, sui servizi ai pazienti e quindi quale roadmap ci porterà lì grazie al PNRR».

Come ne esce l’Italia dal confronto con gli stakeholder internazionali?

«L’Italia ha accumulato un gap dal punto di vista del movimento dell’innovazione digitale nella sanità rispetto ad altri paesi che sono più avanti di noi, come Francia, Germania e UK. Questo gap però, si è iniziato a colmare perché negli scorsi anni con un contributo che Frontiers e noi come Healtware abbiamo dato. Perché si è capito che le startup sono una grande risorsa per guidare questa innovazione. Mentre in alcune aree non abbiamo la dimensione del “sistema Paese” adatta per poter fare quel tipo di ricerca, come lo sviluppo di un farmaco mainstream che ha un valore ormai tra il miliardo e il miliardo e mezzo di euro e quindi è improbabile che nell’ambito del sistema italiano possa essere fatto dall’inizio alla fine. Ma interventi digitali, medicine digitali, terapie e interventi avanzati, intelligenza artificiale sì, e lo dovremmo fare. C’è una grande opportunità da cogliere per il nostro Paese».

 

 

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