Lavoro 17 Ottobre 2022 12:57

Terapie digitali: gli algoritmi come farmaci sono una realtà, ma l’Italia è in ritardo

Dallo sviluppo alla pratica clinica, la rivoluzione digitale cambierà la vita a pazienti e medici e ridurrà i costi del sistema sanitario nazionale. Santoro (Istituto Mario Negri): «Per raggiungere l’obiettivo serve formazione dei medici e leggi più chiare»

Terapie digitali: gli algoritmi come farmaci sono una realtà, ma l’Italia è in ritardo

Algoritmi al posto di farmaci, il futuro della medicina sarà nella terapia digitale, ma se in Europa e nel resto del mondo, in particolare negli Stati Uniti, è già realtà, in Italia sembra essere ancora una teoria astratta. Di questo si è parlato nel convegno “Terapie digitali dallo sviluppo alla pratica clinica” tenuto dall’osservatorio terapie avanzate lo scorso 14 ottobre. Un appuntamento che ha visto la partecipazione dei massimi esperti della materia per comprendere la portata di una rivoluzione che nei prossimi anni interesserà sempre più ricerca e clinica – si stima infatti una crescita di investimenti pari a 9 miliardi di dollari entro il 2028 – nonostante le difficoltà di leggi regolatorie e formazione.

Programmi software in grado di curare le patologie

 

«Le terapie digitali sono interventi terapeutici guidati da programmi software di alta qualità – ci introduce nell’argomento Eugenio Santoro, direttore del laboratorio di Informatica Medica del Dipartimento di Salute Pubblica dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano –. Si tratta di applicazioni in grado di migliorare la vita dei pazienti e curarne le patologie. In pratica il principio attivo del farmaco viene sostituito da un algoritmo. Quindi quando gli strumenti digitali non sono solo più a supporto della terapia, ma ne diventano la cura, si parla di terapie digitali. Da non confondere con i digital supports appunto, diffusi anche in Italia che hanno lo scopo di monitorare l’aderenza del paziente alla terapia».

Il ruolo del paziente

Mentre nella farmacologia classica il principio attivo è rappresentato da una molecola chimica o biologica, nel campo delle terapie digitali è l’algoritmo ad essere responsabile dell’effetto clinico, positivo o negativo. «Per raggiungere l’obiettivo è indispensabile una fitta interazione con il paziente – spiega Santoro – al quale viene offerto il servizio come fosse un gioco: avrà così un promemoria che gli ricorda di assumere la terapia digitale e quelle complementari, avrà la possibilità di guadagnare una ricompensa e di rimanere collegato con il proprio medico e con altri pazienti che hanno ricevuto la stessa indicazione terapeutica».

I vantaggi delle terapie digitali

La lista delle terapie digitali in campo medico è lunga, là dove sono utilizzate, vengono impiegate infatti per la cura della salute mentale (34,6%), per malattie croniche (19,1%), per le dipendenze 12,5%) e a seguire sonno (8,8%), alimentazione ed esercizio fisico (8,1%) e malattie cardiovascolari nel 7,4% dei casi. Le terapie digitali permettono di agire su stili di vita scorretti (es riduzione di sale, di alcol, incremento di esercizio fisico, controllo del peso, gestione dello stress o di aumentare l’attenzione come avviene per i bambini DHD). «Oltre ad avere effetti curativi consentono ai medici di raccogliere dati da remoto in tempo reale, seguire i progressi del paziente e l’adesione al trattamento in modo più accurato rispetto ai farmaci, consentono una riduzione dei costi sanitari e sociali – evidenzia Santoro –, ma se da un punto di vista scientifico continuano ad arrivare conferme sulla loro efficacia, dal punto di vista regolatorio la situazione è più complicata».

Il modello tedesco: i DIGA

La prima terapia digitale risale al 2009 ed è stata sperimentata in Germania nel campo del trattamento della depressione. Si tratta di Deprexis, una piattaforma che offre un intervento cognitivo-comportamentale oggi usata in ambito ospedaliero anche in Svizzera dove è rimborsata dalle assicurazioni. La Food and Drug Administration (FDA) ha poi approvato:

  • ReSET una app per curare chi soffre di dipendenze e abuso di droghe,
  • Blue Star Diabetes la app che cura i diabetici con esercizi fisici e alimentazione corretta,
  • Omada Health, un programma on line per aiutare a perdere peso, diminuendo il rischio cardiaco,
  • Endeavor, primo videogioco a scopo terapeutico per bambini affetti da deficit di attenzione e iperattività.

Oggi molti paesi al mondo si stanno attrezzando per regolamentare l’immissione sul mercato, l’approvazione e il rimborso delle terapie digitali. Il modello di riferimento è il German Digital Healthcare Act, una legge approvata nel 2019 con l’obiettivo di aumentare nel sistema sanitario tedesco l’adozione di strumenti di digital health di alta qualità per qualunque malattia. I DIGA, le cosiddette app della salute possono essere prescritti e hanno diritto al rimborso completo.

«Occorre tuttavia osservare che i DIGA non sono stati molto usati – aggiunge Mauro Grigioni, direttore del centro nazionale di tecnologie innovative dell’Istituto Superiore di Sanità – perché esistono delle perplessità su rapporto: costi (troppo alti) ed efficacia, spesso molto diversi tra prodotti per definire delle policy per il rimborso. Allo stesso modo non è facile definire il valore del prodotto, così come il costo del tempo necessario al medico per monitorare il paziente e analizzare i suoi dati». Differente è la situazione di altri paesi come il Regno Unito, dove il National Institute for Health and Care Excellence (NICE) ha sviluppato una normativa basata sul livello di prova di efficacia per ottenere il rimborso. In caso di costi molto elevati, poi, devono essere giustificati da un corrispondente aumento degli anni di vita dei pazienti e della loro qualità.

La situazione in Italia: poca ricerca scientifica e formazione assente

La terapia digitale in Italia è in ritardo: le Digital Therapeutics non sono utilizzate e tanto meno rimborsate perché sono di fatto regolamentate come dispositivi medici. «Manca la consapevolezza del valore terapeutico, nonostante ci sia l’evidenza scientifica ampiamente documentata sulle riviste internazionali – conclude Santoro – e poi manca la formazione del medici. Costruire un percorso formativo per l’utilizzo di queste tecnologie porterà non solo grandi soluzioni a livello terapeutico, ma anche alla riduzione dei costi di ospedalizzazione grazie ad un controllo a distanza del paziente».

 

 

 

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