Salute 23 Dicembre 2020 08:25

Gli screening salvano la vita, ma a che punto siamo?

La pandemia ha rallentato l’attività di prevenzione. Quali rischi e cosa fare per tornare alla normalità? L’intervista al Dottor Pasquale Valente

di Vanessa Seffler

Pur facendo parte dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), dall’inizio della pandemia gli screening hanno subìto uno stop non essendo ritenuti una procedura d’urgenza. Così sin dai primi di marzo sono saltati molti appuntamenti che hanno determinato conseguenze sulle diagnosi e sulla sicurezza della popolazione. Dubbi e preoccupazioni che vogliamo rivolgere al Dottor Pasquale Valente, Medico del Lavoro, Dottore di Ricerca in Igiene Industriale e Ambientale, per capire come ripartire, se esiste un piano di rientro e a che punto siamo.

A seguito della pandemia, le attività di screening sono state rallentate, interrotte oppure sono continuate in tutta sicurezza?

«I programmi di screening oncologici sono percorsi di sanità pubblica molto articolati organizzativamente, che richiedono multidisciplinarietà, coordinamento dei processi e del personale e monitoraggio continuo degli indicatori di efficienza e qualità riguardo alle prestazioni di I livello (screening di popolazione), II livello (approfondimenti diagnostici) e III livello (trattamento chirurgico). È evidente, con queste premesse, che l’insorgenza improvvisa di una epidemia come quella del Covid-19, dovesse necessariamente produrre ampie perturbazioni su tali percorsi ed un impatto significativamente negativo sugli output dei tre programmi. In concomitanza con il lockdown c’è stato un periodo di fermo degli inviti e la ripresa successiva è stata lenta, dovendo da un lato garantire più stringenti standard di sicurezza ed il distanziamento fisico degli utenti e dall’altro riconquistare la fiducia della popolazione nella possibilità di accedere con tranquillità ai servizi».

Mammografie per i tumori al seno, screening oncologici del colon-retto e tanto altro. Cosa può determinare l’interruzione della prevenzione?

«L’incidenza della maggior parte dei tumori aumenta notevolmente con l’avanzare dell’età, così da costituire la prima causa di morte, sia nei maschi sia nelle femmine, nella fascia di età compresa tra 60 e i 79 anni. L’epidemia da Covid-19 ha prodotto un eccesso di mortalità soprattutto nella fascia di età 75 anni, ma gli effetti indiretti, soprattutto per mancate diagnosi e riduzione delle cure, potrebbero aver avuto un impatto anche sulla fascia di età 60-75 anni. I programmi di screening oncologici, rivolti a un quarto circa della popolazione, permettono di effettuare ogni anno in Italia più di 50mila diagnosi di lesioni tumorali precoci complessive (riguardanti il cancro del colon retto, il cancro della mammella e della cervice uterina), in questo modo permettendo interventi chirurgici meno invasivi e riducendo la mortalità. È ipotizzabile che nel 2020 il numero di tali diagnosi potrebbe rivelarsi pressoché dimezzato, rispetto all’anno precedente. Ciò significa che quei tumori non diagnosticati in fase precoce stanno progredendo».

Dunque, nel 2020 registriamo da un lato un calo di prevenzione efficace (basata sulle evidenze scientifiche), e dall’altro un dispiegamento straordinario di risorse per far fronte all’emergenza. Continuando a lungo su tale falsariga, potremmo maturare danni non solo verso la salute degli assistiti, ma anche indurre un’autentica involuzione culturale del Ssn».

L’emergenza da Covid-19 sta ridefinendo i programmi di screening. Come far ripartire la prevenzione oncologica dopo il Coronavirus?

«È importante, in primo luogo, rinsaldare la fiducia della popolazione nell’efficacia dei programmi di screening, con campagne mirate di comunicazione. La prevenzione e la diagnosi precoce costituiscono parti integranti del cancer care continuum. Idealmente, la riduzione del rischio cancerogeno, attraverso interventi di prevenzione primaria, volti a ridurre le esposizioni agli agenti cancerogeni, e la realizzazione di programmi di promozione della salute (sana alimentazione, cessazione dell’abitudine al fumo di tabacco, riduzione del consumo di alcol, incremento dell’attività fisica, mantenimento del peso forma) rappresentano gli strumenti migliori per ridurre l’incidenza e la mortalità tumorale. Tali programmi andrebbero pertanto integrati con gli screening oncologici, e disegnati sulla base delle esigenze specifiche di strati di popolazione a più alto rischio in modo sempre più personalizzato, nel corso del tempo vita. A tal fine bisognerebbe definire alcuni tasselli del continuum, tutt’ora carenti, quali la valutazione del rischio individuale, la personalizzazione dei percorsi di sorveglianza (sulla base della suscettibilità genetica individuale), la definizione di obiettivi personalizzati di prevenzione del rischio e/o delle recidive. Si tratta di un insieme di elementi che potrebbero sospingere in avanti la prevenzione oncologica, ancorandola ai PDTA, e coinvolgendo i MMG, i dipartimenti di prevenzione, i servizi di diagnostica per immagini, i laboratori di patologia clinica e di genetica e soprattutto le unità della rete oncologica, nel solco tracciato dal manifesto Cracking Cancer promosso dal Prof. Amunni».

Qual è la sfida per la preannunciata terza ondata?

«La speranza è che l’Italia possa mettersi alle spalle la prossima ondata con meno danni delle precedenti, non solo per quanto attiene alla salute della popolazione, ma anche per la qualità delle relazioni umane e sociali, e degli impegni politici e produttivi. La sfida è cogliere le potenzialità d’innovazione che la crisi attuale indubbiamente offre, senza sperperare il nostro patrimonio di civiltà e rinforzando semmai un tessuto solidaristico tra le generazioni e tra chi è più o meno provvisto di mezzi. C’è bisogno di forti investimenti sulla prevenzione delle malattie cronico-degenerative, avendo anche cura di puntare sullo sviluppo di partenariati pubblico-privato virtuosi, in tema di efficienza, efficacia ed ottimizzazione della spesa, sui temi più innovativi (penso in particolare allo sviluppo di percorsi di prevenzione diagnosi e cura sempre più personalizzati), che possono già fruire di un positivo trasferimento sul campo dei migliori risultati della scienza. L’occasione è da non sprecare, avendo ben chiari i valori fondamentali da preservare».

Vaccino anti-Covid e prevenzione. Le aspettative di tanti sono proiettate su questo strumento di prevenzione, ma il suo sviluppo non è scontato. Quando sarà disponibile sarà meglio farlo o no? Se sì, quando?

«I vaccini anti-Coviid più innovativi, quelli a mRNA sviluppati dalla Pfizer e da Moderna sono il frutto di tecnologie molto avanzate che lasciano intravedere un grande potenziale sull’evoluzione della medicina, in particolare nella cura dei tumori. Spetta agli enti regolatori autorizzarne la commercializzazione ed agli Stati stabilirne i programmi di utilizzo in sanità pubblica, definendo le modalità, le priorità e la tempistica. Tali decisioni si basano su procedure di valutazione dei costi e dei benefici e tengono conto del profilo di sicurezza, qualità ed efficacia del vaccino, quale emerge dai dati clinici prodotti nei trials randomizzati e controllati delle case farmaceutiche. A quanti vorranno aderire all’offerta vaccinale nei prossimi mesi è dovuta una completa informazione sia sull’efficacia sia sugli effetti avversi più comuni e meno comuni, ma talvolta più severi, che i trials clinici hanno fin qui evidenziato entro le 6 settimane post vaccinazione. È doveroso ricordare che ad oggi il profilo di sicurezza di questi vaccini sconta ancora una mancanza di dati specifici sulla salute riproduttiva e sullo sviluppo e dunque è lecita una particolare cautela nei confronti delle donne in gravidanza e della popolazione in età fertile».

Il sindacato Cisl Medici Lazio, dialogando con la Regione Lazio, ha raggiunto l’obiettivo di far sì che la vaccinazione ai medici e al personale sanitario potrà essere “libera e volontaria”. Sarà un problema per chi ha una malattia come il cancro o per chi dovrà scoprirlo, di farsi curare da un medico che non ha ancora deciso di vaccinarsi?

«I medici metteranno sempre al primo posto la salute e la sicurezza dei loro assistiti, come hanno fatto in questi ultimi mesi. Il sindacato, al quale mi onoro di appartenere, è ben consapevole che la libertà e la dignità degli individui ed il bene della comunità sono valori che devono essere tenuti insieme, in ogni circostanza. Tenderei a fidarmi di chi studia, approfondisce le conoscenze e rispetta il codice deontologico, operando in scienza e coscienza».

Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato

Articoli correlati
Fondazione AIRC: con Le Arance della Salute, una mobilitazione collettiva contro il cancro
L’anno di Fondazione AIRC inizia con una nuova campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi che invita ad agire concretamente per fare la differenza, per se stessi e per gli altri, attraverso l’adozione di sane abitudini e il sostegno alla ricerca
Tumori del sangue, creato algoritmo che potrebbe migliorare diagnosi e cure
I ricercatori di Genomics England, dell'Università di Trieste e del Great Ormond Street Hospital for Children dell’NHS Foundation Trust hanno sviluppato un nuovo algoritmo per rendere più accurata l'analisi del sequenziamento completo del genoma, effettuato con tecniche di Whole Genome Sequencing (WGS) in pazienti con tumori del sangue
di V.A.
Tumori: test genomici sottoutilizzati e gravi disparità regionali, 14 punti per ridefinire gli standard
Una ricerca condotta da Cipomo con il contributo di Cergas SDA Bocconi, ha rilevato gravi disparita regionali in Italia nell'accesso e nell'organizzazione dell'oncologia di precisione
di V.A.
Tumori: nuova vita alle statine e agli antifungini, studio rivela efficacia contro le cellule malate
"Affamare" i tumori e poi colpirli "riciclando" farmaci ben noti, a basso costo, utilizzati da anni per tutt’altri scopi, in grado di arrestare la crescita delle cellule tumorali, messe a "stecchetto" con brevi cicli di digiuno. Così i farmaci che, come le statine, impediscono la sintesi di colesterolo cruciale per soddisfare il bisogno di nutrienti delle cellule tumorali, combinati a brevi cicli di digiuno, potrebbero diventare una terapia “low cost” per combattere tumori difficili come quello al pancreas, il carcinoma del colon-retto e il melanoma. Lo dimostra una ricerca appena pubblicata sulla rivista Nature Communication da un team di ricercatori dell’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova
di V.A.
Tumori: 60% delle strutture poco connesse al territorio. Cipomo: “Più sinergia per presa in carico del paziente”
Iperspecializzate, multidisciplinari ma ancora poco "connesse" con il territorio. È l’identikit delle strutture di oncologia medica italiane. Pur inserite all’interno di un dipartimento oncologico (67%), le strutture soffrono negli aspetti organizzativi interni e nella gestione del percorso del paziente dall’ospedale al territorio. Meno della metà (circa 40%) ha una connessione strutturata con i dipartimenti di prevenzione primaria e secondaria e con centri screening; una cartella informatizzata manca nel 66% delle strutture, ed è condivisa con il territorio solo nell’8% dei casi. Sono questi alcuni dati preliminari di un'indagine che il Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo) ha presentato al congresso dell'Aiom
di V.A.
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Advocacy e Associazioni

Mieloma multiplo. Aspettativa di vita in aumento e cure sul territorio, il paradigma di un modello da applicare per la prossimità delle cure

Il mieloma multiplo rappresenta, tra le patologie onco-ematologiche, un caso studio per l’arrivo delle future terapie innovative, dato anche che i centri ospedalieri di riferimento iniziano a no...
Salute

Parkinson, la neurologa Brotini: “Grazie alla ricerca, siamo di fronte a una nuova alba”

“Molte molecole sono in fase di studio e vorrei che tutti i pazienti e i loro caregiver guardassero la malattia di Parkinson come fossero di fronte all’alba e non di fronte ad un tramonto&...
di V.A.
Politica

Il Nobel Giorgio Parisi guida l’appello di 14 scienziati: “Salviamo la Sanità pubblica”

Secondo i firmatari "la spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e l'autonomia differenziata rischia di ampliare ...