Salute 23 Aprile 2020 19:41

Covid-19, il primario di Cardiologia del Sacco: «Non si muore di polmonite, ma di trombosi»

Il professor Maurizio Viecca: «Il mio protocollo a base di antiaggreganti funziona. Il ministro Speranza invii gli ispettori per validare la cura ed eviti che la burocrazia ci penalizzi»

di Federica Bosco
Covid-19, il primario di Cardiologia del Sacco: «Non si muore di polmonite, ma di trombosi»

Non la polmonite, ma una trombosi alla base di tanti decessi per Coronavirus. L’ultima scoperta porta la firma del professor Maurizio Viecca, primario di Cardiologia dell’ospedale Sacco di Milano che, dopo aver affrontato il virus e studiato l’evoluzione della malattia nella fase più acuta, ha messo a punto una terapia a base di antiaggreganti e antinfiammatori già ribattezzato  “protocollo Viecca”, che da oggi è sulle principali pubblicazioni scientifiche internazionali.

«Più di un mese fa – racconta a Sanità Informazione – osservai che questi pazienti passavano dalla fase del casco CPAP alla fase dell’intubazione nel giro di un’ora e mezza, e questo è impossibile solo con una polmonite perché non c’è nessun virus al mondo che può dare una polmonite che di colpo non risponde più al casco e neanche all’intubazione. Doveva esserci qualche altro meccanismo. Al che iniziai a guardare le cartelle cliniche di questi pazienti e scoprii che in alcuni casi c’era un esame del sangue che si chiama D-dimero che era particolarmente elevato. Quando si trova questo esame del sangue alterato nell’individuo, vuol dire che c’è una trombosi in atto. Allora parlai con l’anatomopatologa del Sacco, la dottoressa Nebuloni, la quale mi disse che aveva fatto trenta autopsie e in tutte aveva trovato l’embolia dei piccoli capillari polmonari».

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«La gente – continua Viecca – normalmente non sa che quando si ha l’embolia di questi vasi piccoli, l’anticoagulante da solo non fa nulla. Noi cardiologi lo scoprimmo già 20 anni fa quando facevamo le prime angioplastiche durante l’infarto. Dove le coronarie alla fine erano aperte il trombo era sparito, ma il sangue non passava perché evidentemente questo trombo rompendosi in tanti pezzettini piccoli andava a chiudere tutti i capillari della coronaria. Quindi ho preso lo stesso protocollo, adattandolo alla situazione attuale, e ho stabilito alcuni parametri: quando iniziare la terapia e gli obiettivi da raggiungere. E poi abbiamo redatto più velocemente possibile un protocollo, approvato dal nostro comitato etico, cosiddetto compassionevole, perché lo Stato non paga il farmaco, ma di solito lo dà una casa farmaceutica. Io non volevo legarmi a nessuna casa farmaceutica, e allora ho deciso di pagarlo con la mia fondazione. Ho fatto applicare questo protocollo alla Pneumologia su cinque pazienti, alcuni giovani e altri anziani, e tutti hanno avuto risultati sorprendenti. È la prima volta che si trova qualcosa di nuovo e di efficace».

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Il protocollo prevede la somministrazione di un antiaggregante «che è cento volte più potente dell’aspirina che si dà ai cardiopatici, l’antiaggregante per definizione». Ma via via che il farmaco finisce, «lo integriamo con aspirina e altri farmaci in modo da mantenere questa fluidità del sangue ed evitare che le piastrine si uniscano tra loro dando vita al cosiddetto trombo bianco, che è quello che chiude i capillari».

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Non esita a parlare di vittoria nella battaglia contro il Coronavirus, il professor Viecca: «Il protocollo non evita la polmonite, ma almeno non si muore. Sono due i motivi alla base di tutti questi decessi: in primo luogo non abbiamo capito subito questo meccanismo, e in seconda battuta perché non c’erano abbastanza posti in terapia intensiva».

La burocrazia rischia però di rallentare la possibilità di applicare la cura ai pazienti italiani. Un ritardo inaccettabile per il professor Viecca, che invita il ministro della Salute Speranza ad applicare una procedura d’urgenza: «In una situazione di emergenza, ci vogliono soluzioni di emergenza visto che muoiono ancora centinaia di persone ogni giorno. Se io fossi il Ministro, manderei degli ispettori per visionare cartelle, esami e tutto ciò che è necessario, perché qui non si tratta di una impressione ma ci sono esami che dimostrano la bontà del protocollo. E a quel punto, se gli ispettori rilevano che è vero quello che sosteniamo, dovrebbero darci delle autostrade per far in modo di applicarlo subito ovunque. Invece vedrà che verrà applicato prima in Albania e a Dubai che in Italia anche se l’abbiamo scoperto noi. Il che è una pazzia».

 

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