Salute 24 Febbraio 2020 15:00

Come affrontare la paura del Coronavirus? Ecco il vademecum per gli psicologi. L’esperto: «Servono responsabilità e rigore»

Dagli incontri su Skype per i pazienti nelle aree isolate alle indicazioni da dare a chi è particolarmente spaventato, le domande a cui gli psicologi in queste ore cercano risposte. Toscano (Responsabile sportelli di quartiere e progetti di comunità a Milano): «Il nostro compito è di tranquillizzare i pazienti, anche se non sempre è facile»

di Federica Bosco
Come affrontare la paura del Coronavirus? Ecco il vademecum per gli psicologi. L’esperto: «Servono responsabilità e rigore»

Metropolitane deserte, scuole chiuse, strade poco trafficate e cittadini disorientati e impauriti di fronte ad un nemico invisibile e sconosciuto. Per far fronte ad una paura collettiva, il supporto degli psicologi è fondamentale. Armando Toscano, responsabile degli sportelli di quartiere e di progetti di comunità a Milano per l’Ordine degli psicologi della Lombardia, in queste ore – con gli uffici chiusi e gli incontri programmati sospesi – ha dovuto far fronte a molteplici chiamate di cittadini preoccupati e soprattutto impreparati dinnanzi ad un virus di cui si conosce troppo poco e intorno al quale sono state fatte parecchie congetture e diffuse molte fake news.

«La paura genera paura: la scelta di chiudere sportelli e limitare incontri collettivi è stata fatta non tanto per questioni sanitarie, ma per una preoccupazione collettiva che è comprensibile – spiega Toscano –. Ci sentiamo chiamati in causa in prima persona in questa situazione di emergenza perché la psicologia è un canale per elaborare in modo naturale informazioni parziali che si apprendono in differita e che generano fantasie nella mente umana. In un momento di forte ansia sociale dobbiamo svolgere il nostro ruolo con responsabilità e rigore. Il nostro compito è di tranquillizzare i pazienti, anche se non sempre è facile perché la paura riguarda anche noi».

Per far fronte a stati d’animo che sono prevedibili dinnanzi a restrizioni e incertezze che poi generano scene come assalti al supermercato e a farmacie a caccia di mascherine e disinfettanti, l’Ordine degli Psicologi del Veneto ha elaborato un vademecum che riportiamo integralmente e che tutti i professionisti sono invitati a seguire.

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  1. Posso continuare a ricevere nel mio studio privato? Con che precauzioni?

Attualmente, non sono previste a livello di Ordinanze (tranne nei pochi Comuni del lodigiano e del padovano in cui sono in atto restrizioni specifiche) sospensioni delle normali attività professionali private, quali le attività libero-professionali di studio. Attività aperte al pubblico (seminari, convegni, incontri di sensibilizzazione in sede pubblica, etc.) sono invece soggette a limitazioni: quelle attività devono essere rinviate.

Per quanto riguarda attività di consulenza in studio, non sono necessarie precauzioni straordinarie se professionista e paziente sono asintomatici, e non vi sono fattori epidemiologici di rischio (rientro da aree estere con casi positivi, residenza in Comuni con casi positivi, frequenza di soggetti ammalati, etc.). Se vi sono sintomi o fattori di rischio epidemiologico, gli appuntamenti devono ovviamente essere rinviati. In ogni caso, vanno applicate le normali precauzioni igieniche generali raccomandate dall’Istituto Superiore di Sanità e, se possibile, è consigliabile tenere una distanza di almeno 1-2 metri durante i colloqui.

  1. In studio, vedo soggetti in età evolutiva. Devo prendere qualche precauzione particolare?

Professionalmente, niente di diverso rispetto al punto precedente. I bambini sono però spesso meno attenti alle norme igieniche generali; pertanto va prestata particolare attenzione alla rigorosa igienizzazione di oggetti, giochi, tappetini e superfici con cui sono entrati in contatto.

  1. Faccio terapie/lavori di gruppo, devo interromperle?

Al momento attuale non vi sono vincoli specifici in tal senso laddove siano tutti asintomatici e senza rischi epidemiologici; il rispetto da parte di tutti i partecipanti delle norme igieniche generali diventa ovviamente particolarmente importante, e gli stessi devono essere avvisati degli aspetti di privacy (la positività di un componente può portare a dover indicare l’identità degli altri componenti del gruppo). Bisogna tener conto che la dinamica di gruppo potrebbe essere influenzata in questi giorni da eventuali timori legati all’incontro tra numerose persone. Può essere quindi utile riflettere, assieme ai partecipanti, sulla possibilità di posporre gli incontri di questi giorni, anche se non vi è indicazione stretta in tal senso.

  1. Se un paziente annulla l’incontro con scarso preavviso, posso chiedere di essere pagato lo stesso?

Si ricorda che, a dispetto di alcune prassi del passato, nonostante accordi e/o consensi pregressi ancorché firmati o siglati, da un punto di vista contrattuale non è possibile per uno psicologo/psicoterapeuta richiedere il pagamento di una prestazione non avvenuta; ed eventuali annullamenti, in questi giorni di allarme sociale, possono essere più frequenti del solito – è magari frustrante per il professionista, ma comprensibile.

  1. Se mi ammalo io, potrei essere chiamato a riferire i nomi dei miei pazienti in caso di indagine epidemiologica?

Questione chiaramente delicata; ma la tutela di Salute Pubblica e il diritto collettivo ad essa legato, per giunta in situazione di emergenza sanitaria, risultano prevalenti rispetto al diritto individuale alla riservatezza. In caso uno psicologo risultasse positivo al Coronavirus, e dovesse essere quindi coinvolto in procedure di indagine epidemiologica, dovrà fornire i nominativi delle persone con cui è venuto in contatto. Non è necessario – ed è ovviamente da evitare – lo specificare il motivo clinico; tutto ciò che è sottoposto a Segreto Professionale, in caso di testimonianza, vede lo psicologo chiamato a rivelare solo quanto strettamente necessario – semplicemente quindi, indicherà che ha avuto contatti ravvicinati per motivi di lavoro con una data persona nella tal data. I pazienti andrebbero comunque avvisati di questa eventuale (seppur remota) possibilità, chiarendo la situazione e rassicurandoli sul mantenimento rigoroso del segreto professionale rispetto ai contenuti (ed ovviamente avvisandoli tempestivamente anche in caso lo psicologo risultasse positivo in futuro, perché sarebbero stati a loro volta esposti). Lo stesso vale per le attività di gruppo e le formazioni (un partecipante positivo può portare a dover indicare i nomi degli altri partecipanti).

  1. Se mi ammalo io, ho diritto a qualche assistenza particolare? E per le scadenze professionali?

Se ci si ammala, si ha diritto alle normali forme di assistenza (INPS, ENPAP) previste per malattia (indennità malattia). Non sono previste invece, per via di vincoli normativi, forme di rinvio delle scadenze previdenziali ENPAP (il 2 marzo), né forme di assistenza “economica” per sopperire al lavoro libero-professionale eventualmente perso o rinviato in questi giorni (problema comune a tutti i professionisti ed attori economici privati, al momento).

  1. Ho un paziente che ha paura di muoversi, o risiede in un’area in cui la mobilità è stata interrotta. Possiamo usare Skype come modalità alternativa di lavoro?

Premettiamo che al momento non vi sono motivazioni specifiche per passare in modalità “telematica” in modo generalizzato, rischiando anzi di fare un “agito professionale” se lo si fa di default solo per l’ansia del professionista. Ci sono delle situazioni in cui comunque è una possibilità concreta da considerare (seguendo sempre le Raccomandazioni del CNOP del 2017). Chiaramente l’uso del mezzo va a modificare il setting, e può non essere adatto per tutte le attività o tutti i pazienti; analizzare la fondatezza della domanda (psicologica e reale) è quindi sempre buona prassi. La consulenza online, se esperti del suo uso, potrà essere molto preziosa proprio per i pazienti che possono trovarsi in situazioni di isolamento; nel qual caso la si può proporre come utile forma di supporto e/o continuità della relazione clinica (sempre rispettando le principali raccomandazioni metodologiche relative agli interventi online).

  1. Cosa dire ai miei pazienti particolarmente in ansia o spaventati? Ci sono fonti di riferimento da consigliare?

Fonti ufficiali sono i siti del Ministero della Salute, dell’Istituto Superiore di Sanità; i Numeri Verdi regionali (800.46.23.40 per il Veneto e 800.89.45.45 per la Lombardia) e del Ministero della Salute (1500), ed i medici curanti. Adattando la comunicazione alle esigenze e istanze di ognuno, si può – a puro titolo di esempio – indicare ai clienti che è normale essere in ansia (anche perché in questi giorni i media evidenziano molto il rischio), che è utile evitare “information overload”, che è opportuno stare attenti alle molte Fake News che circolano, che si possono mettere in atto utili comportamenti protettivi, e che devono fare riferimento solo a fonti informative accreditate. In caso di pazienti particolarmente ansiosi, ipocondriaci, rupofobici, claustrofobici, con aspetti di ritiro sociale, con tratti paranoidi il clinico dovrà ovviamente esercitare particolare attenzione a esplorare il significato della situazione per loro, e come questo impatti sulla relazione clinica. Idem per pazienti eventualmente in isolamento domiciliare con la famiglia, laddove le tematiche di consultazione fossero connesse a dinamiche famigliari disfunzionali.

  1. Lavoro come dipendente (di una cooperativa, una scuola, etc.). Cosa devo fare?

Bisogna seguire le indicazioni di prevenzione generale (sempre), e poi le indicazioni specifiche del proprio datore di lavoro. Va contatto se si ritiene di dover svolgere funzioni potenzialmente a rischio: dovranno essere sentiti RSPP e Medico Competente per quanto riguarda la tutela della salute dei dipendenti, e dovranno fornire indicazioni operative chiare e i DPI eventualmente necessari.

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