Long Covid 22 Luglio 2021 17:01

Brain fog da long Covid, quella confusione improvvisa nei pazienti

Una sensazione di confusione e “testa vuota”: è la brain fog che perseguita alcuni guariti affetti da sindrome long Covid. Con il prof. Padovani, direttore della clinica neurologica di Brescia, analizziamo casi precedenti e terapie

Brain fog da long Covid, quella confusione improvvisa nei pazienti

Quando dopo qualche settimana, per alcuni anche un mese, finalmente arriva la negatività al tampone da Covid-19 il paziente torna a vivere. La maggior parte recupera completamente nel giro di poco, mentre una percentuale che oscilla tra 5 e 10% affronta il long Covid. Una diffusa sensazione di stanchezza, affanno respiratorio, parosmia sono alcuni dei sintomi. A cui si unisce, in alcuni casi, quella che gli scienziati hanno ribattezzato “brain fog”, nebbia cerebrale.

Testa “vuota”, sensazione di confusione e smarrimento, difficoltà a concentrarsi. Così la descrivono i pazienti, ma per gli esperti non è un fenomeno nuovo. Sanità Informazione ne ha parlato con il prof. Alessandro Padovani, direttore della Clinica neurologica di Brescia e membro della Società italiana di Neurologia.

Cos’è la brain fog e quali malattie (oltre Covid) la causano

«Di brain fog si parla per infezioni virali, come Covid e influenza – ci spiega – ma è legata anche a patologie infiammatorie o di pertinenza psichiatrica. Il termine comprende varie sensazioni riferite dai pazienti e un’unica manifestazione è difficile da etichettare. La presentano molto frequentemente sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica e morbo di Parkinson. A volte è l’effetto collaterale di alcuni farmaci. È una diffusa sensazione di spaesamento molto complessa da arginare».

Dai primi dati accumulati in questi 18 mesi di pandemia, sembra che la brain fog si presenti nel 10-15% dei guariti da Covid, in percentuale simile tra curati a domicilio e ospedalizzati meno gravi. Per i pazienti che sono stati in terapia intensiva, invece, aumenta al 30-35%. Questo nonostante l’estrema diversità tra le caratteristiche dei singoli: i primi giovani e meno fragili, i secondi più anziani e con comorbidità. «Difficile comprendere come questo fenomeno sia sganciato dalla gravità di Covid, si ritiene che i meccanismi sottesi siano più di pertinenza psichiatrica o psicologica nelle persone giovani per via dell’ansia, negli anziani più legato a un processo organico» spiega Padovani.

Terapie, esistono?

Su cure e terapie si brancola ancora nel buio. Il professore ricorda una serie di approcci farmacologici fallimentari nel curare la brain fog nella sclerosi multipla ed altri, più convincenti, che univano alla riabilitazione anche l’azione di farmaci antidepressivi. «Abbiamo creato dei laboratori long Covid a cui ricorrono le persone con questo disturbo. Non ci sono percorsi terapeutici standard o linee guida. Nemmeno l’OMS ha riferimenti chiari, pur riconoscendo la patologia. Per le persone ospedalizzate sarebbe opportuno attivare percorsi di presa in carico fino alla riabilitazione, ma temo che questo non sia avvenuto. Nemmeno qui a Brescia nonostante i tentativi, e i pazienti sono stati abbandonati a sé stessi. A volte risorse e priorità non pongono le condizioni per rispondere a qualsiasi istanza», prosegue l’esperto.

Quel che finora sappiamo del disturbo da long Covid è che le sue manifestazioni sembrano temporanee, alcune più di altre. «Anche la brain fog è temporanea, ma non così facile da risolvere» concorda Padovani. La strada che alcuni stanno percorrendo sull’origine del disturbo è quella di una possibile reazione immunitaria del corpo che mantiene attivo il processo. «Ci sono casi di encefalomieliti post-influenzali, molto difficili da identificare e ancora di più da trattare». La letteratura scientifica, tuttavia, non propone molti elementi a favore, ricorda il professore.

«Ciò che è importante – conclude – e parlo soprattutto ai miei colleghi, è ascoltare queste persone. Non dobbiamo banalizzare le loro sofferenze e le loro ansie, ma cercare di comprenderle e dedicare l’attenzione che meritano. Non stiamo dando risposte adeguate, perché ancora non ci sono, dobbiamo quindi ascoltare».

 

Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato

Articoli correlati
Long Covid: rischio sovrastimato? Comunità scientifica divisa
Tracy Beth Høeg dell’Università della California, San Francisco, e il suo team di ricerca hanno affermato che c'è una buona probabilità che il Long Covid sia stato sovrastimato. Le conclusioni del loro lavoro hanno sollevato un polverone di polemiche all'interno della comunità scientifica
Long Covid: più vicini a un test del sangue per la diagnosi
I pazienti con Long Covid presentano chiare differenze nella funzione immunitaria e ormonale rispetto alle persone senza sindrome post-infezione. Questo significa che nel plasma potrebbero esserci molecole specifiche in grado di aiutarci a identificare coloro che hanno il Long Covid da chi no
Long Covid: il rischio aumenta quanto più a lungo dura l’infezione
Anche la durata dell'infezione è un importante fattore predittivo del Long Covid, responsabile della persistenza dei sintomi anche dopo settimane e mesi dalla fine della malattia. A dimostrarlo è uno studio italiano
di V.A.
Long Covid: scoperto meccanismo autoimmune dietro complicanze cardiache
Nella metà dei casi, i pazienti ricoverati per Covid-19 con conseguente danno cardiaco soffrono di complicanze al cuore per diversi mesi dopo le dimissioni. Un gruppo di ricercatori Humanitas ha studiato il meccanismo all’origine del fenomeno: una reazione autoimmune che potrebbe spiegare la varietà delle manifestazioni - anche non cardiache – del Long Covid. I risultati pubblicati su Circulation.
Long Covid, per chi è vaccinato non è peggio di un’influenza
C'è un nuovo buon motivo per vaccinarsi contro Covid-19. Tra coloro che si sono sottoposti alle iniezioni, infatti, le possibili sequele dell'infezione sarebbero quasi identiche a quelle di una comune influenza. O almeno è questo quanto emerso da uno studio condotto a Queensland (Australia), che ha vaccinato il 90 per cento della popolazione
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Advocacy e Associazioni

Mieloma multiplo. Aspettativa di vita in aumento e cure sul territorio, il paradigma di un modello da applicare per la prossimità delle cure

Il mieloma multiplo rappresenta, tra le patologie onco-ematologiche, un caso studio per l’arrivo delle future terapie innovative, dato anche che i centri ospedalieri di riferimento iniziano a no...
Salute

Parkinson, la neurologa Brotini: “Grazie alla ricerca, siamo di fronte a una nuova alba”

“Molte molecole sono in fase di studio e vorrei che tutti i pazienti e i loro caregiver guardassero la malattia di Parkinson come fossero di fronte all’alba e non di fronte ad un tramonto&...
di V.A.
Politica

Il Nobel Giorgio Parisi guida l’appello di 14 scienziati: “Salviamo la Sanità pubblica”

Secondo i firmatari "la spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e l'autonomia differenziata rischia di ampliare ...