Razionalizzazione delle spese e nuove assunzioni. Parte da questi due capisaldi la ricetta del governatore abruzzese Marco Marsilio per rilanciare la sanità abruzzese. A quasi un anno dalla sua elezione, avvenuta nel febbraio 2019, Marsilio ha fatto il punto sullo stato di salute della sanità abruzzese con Sanità Informazione. Una parte importante del rilancio potrà arrivare grazie alle misure contenute nel Patto della Salute approvato a dicembre: dalla revisione della logica dei Punti nascita, che penalizza regioni montuose come l’Abruzzo, alla possibilità di aumentare servizi e non chiudere reparti grazie all’ausilio degli specializzandi e dei medici in pensione. In primis, però, Marsilio ha voluto smentire le accuse avanzate dall’opposizione in Regione di tagli alla sanità: «È una falsa notizia, si tratta solo dei debiti accumulati nelle gestioni precedenti» assicura. Dopo anni di riduzione del personale, il rilancio passo anche per un nuovo piano di assunzione di personale sanitario: «Molti dei nostri reparti non producevano o producevano meno provocando anche lunghe liste di attesa per assenza di personale specializzato sia medico che paramedico e tecnico» spiega. Poi una riorganizzazione delle spese con il rilancio dell’Aric, l’Agenzia regionale per l’informatica e la committente, che ha già prodotto un risparmio dei costi nell’acquisto dei medicinali: «Prima si pagavano, come dimostrano tutte le statistiche, il 10-15% in più della media nazionale». Infine, un pensiero agli operatori sanitari che ogni giorno subiscono aggressioni: si tratta di un fenomeno gravissimo che segna un imbarbarimento della nostra civiltà complessiva».
Presidente, le opposizioni in Regione parlano di tagli alla sanità. È così?
«Quella dei tagli è una falsa notizia. Mi spiace che quelli che per anni hanno fatto opposizione al governo di centrosinistra uscente continuino a dare questa falsa notizia. Noi abbiamo semplicemente dovuto registrare, nostro malgrado, che le Asl abruzzesi hanno accumulato, nella gestione precedente, tra i 70 e gli 80 milioni di debiti. Non taglieremo nulla se non i debiti. Avremo dal Patto per la Salute esattamente i fondi che sono destinati all’Abruzzo, non ne spenderemo di più a differenza di chi faceva debiti portando la regione dritta al commissariamento».
Quali saranno le prossime mosse per risanare e modernizzare la sanità abruzzese?
«Abbiamo già cominciato a fare cose importanti a partire dal nuovo piano di fabbisogni di assunzioni del personale. In alcuni casi abbiamo già cominciato ad assumere perché molti dei nostri reparti non producevano o producevano meno provocando anche lunghe liste di attesa per assenza di personale specializzato sia medico che paramedico e tecnico. Abbiamo lavorato molto sulla centrale acquisti, abbiamo riattivato una azienda che si chiama Aric, l’Agenzia regionale per l’informatica e la committente, che è la centrale della committenza che ha fatto gare per oltre 300 milioni, in gran parte sulla sanità, mi riferisco nello specifico ai farmaci. Anche qui non stiamo tagliando il numero delle medicine, stiamo pagando di meno le stesse medicine che servono agli abruzzesi. Prima si pagavano, come dimostrano tutte le statistiche, il 10-15% in più della media nazionale. Questo è l‘Abruzzo che abbiamo trovato e noi stiamo agendo su una razionalizzazione dei costi, sulle buone pratiche che evitano di buttare i soldi dalla finestra e di ritrovarci con ospedali fantasma, con reparti chiusi e con spese impazzite».
Parliamo delle aggressioni al personale sanitario. Cosa si sente di dire agli operatori che a volte hanno paura di andare a lavorare per i rischi che si corrono?
«Si tratta di un fenomeno gravissimo che segna un imbarbarimento della nostra civiltà complessiva. Il personale sanitario da che mondo è mondo interviene per salvare vite umane, gode e deve godere della stima, del rispetto e dell’attenzione da parte di tutti a cominciare da quelli che sono bisognosi di cure. L’aggressione di questo personale è assolutamente ingiustificabile ed è giusto che ci sia allarme sociale su questo tema».
Le regioni cosa possono fare per proteggere i lavoratori?
«In linea generale rendere più efficienti i presìdi sanitari perché a volte queste aggressioni nascono anche dall’esasperazione di soggetti che vedono i loro cari in difficoltà e non riescono a farli curare, a loro modo di vedere, in modo tempestivo perché le strutture sono quello che sono e quindi non hanno questa capacità di azione. Rispetto ad elementi decisamente criminali credo che un presidio delle forze dell’ordine all’interno degli ospedali possa e debba essere rafforzato».
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