Contributi e Opinioni 22 Aprile 2022 09:54

Violenza domestica, la pandemia “ombra” e il messaggio della “bisbetica domata”

La violenza domestica è uno dei maggiori problemi di salute pubblica in tutto il mondo, pagata a caro prezzo dalle donne

di Emilio Piccione Professore Emerito di Ginecologia e Ostetricia Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Gli anglosassoni la chiamano “the shadow pandemic”, “la pandemia ombra”. Perché quello della cosiddetta violenza domestica la violenza che avviene dentro le mura di casa e che è diretta contro le donne del nucleo familiare, è un fenomeno che tende a nascondersi, strisciando silenziosamente e in maniera invisibile nel tessuto della nostra società. Dove le donne, spesso, non hanno il coraggio di denunciare perché convinte che l’aggressore, con la violenza psicologica che ha prodotto, alla fine abbia ragione. Donne, queste, con un complesso di inferiorità soprattutto per le molestie, i soprusi e gli abusi sessuali che subiscono dentro le mura di casa e che è difficile debellare perché oramai radicati nel tempo. Senza, poi, considerare quelli che sono gli aspetti economici che portano le vittime di questo tipo di violenza a restare ferme nelle loro condizioni e nelle irrealizzabili aspirazioni di libertà.

Alcuni dati per rendersi conto dell’entità di questo fenomeno

Nel mondo, una donna ogni tre è vittima di violenza domestica, fisica, verbale e/o psicologica da parte del proprio partner. Nell’Unione Europea, ogni settimana circa 50 donne perdono la vita a causa di questo tipo di violenza femminile.

In Italia, i dati più aggiornati e dettagliati sulla violenza di genere, resi disponibili nel 2021 dall’indagine sulla “Sicurezza delle Donne” (ISTAT/ Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio), indicano che le misure restrittive alla mobilità, adottate per il contenimento della pandemia da COVID-19, hanno portato ad un aumento delle segnalazioni di violenza  sulle donne in cui la vittima si sentiva in pericolo di vita  per sé o per i propri cari; e, al contrario, che la riduzione delle restrizioni è stata seguita da una minor numero delle richieste di aiuto in cui la vittima percepiva  pericolo imminente.

Le misure restrittive contro la pandemia hanno anche sottolineato la differenza della violenza contro gli uomini e le donne nel nostro paese: le donne sono uccise sempre più tra le mura domestiche, da partner o parenti; nel 59,8% dei casi l’autore delle violenza è il partner convivente, nel 23% un ex partner, nel 9,5% un altro familiare o parente; le violenze subite al di fuori dell’ambito familiare e di coppia costituiscono solamente il restante 7,7%. Gli uomini sono, invece, uccisi in prevalenza da persone che non sono conoscenti o appartenenti alla criminalità organizzata. Durante i mesi di lockdown i femminicidi hanno rappresentato il 75,9% del totale degli omicidi (fonte Telefono Rosa).

Un quadro drammatico, dunque, quello della violenza domestica che affligge, soprattutto, il mondo femminile dove la casa può non essere un luogo sicuro, potendosi trasformare in una trappola da cui è difficile uscire e chiedere aiuto.

Purtroppo, nei confronti di questo tipo di violenza contro le donne non è facile intervenire e mettere in atto efficaci misure preventive. Non solo le vittime spesso non denunciano la loro condizione, ma se individuate, possono anche difendere l’aggressore ritenendo con piena convinzione che la violenza sia un chiaro e forte atto di amore. Così come possono perfino negarla qualora siano colte in flagranza.

Cosa si può fare, oggigiorno, per aiutare le donne ad uscire da questa, a dir poco umiliante, condizione?

Fondamentali, senza dubbio, sono le campagne di comunicazione, divulgazione e informazione che mirano, da un lato, a rendere le donne consapevoli di questa loro condizione stimolando l’attenzione su questa sempre più insidiosa piaga sociale. Dall’altro, a diffondere tutti i principali riferimenti cui rivolgersi per denunciare la condizione in cui le vittime di violenza domestica si trovano e sono costrette a vivere. Tuttavia, non si può non prendere atto che un ruolo importante nella lotta e nella ripresa dalla cosiddetta pandemia “ombra” debba essere giocato dalle donne stesse, cioè dalla loro collaborazione e dal grido coraggioso di volere abbattere questo triste e squallido fenomeno che vive nascosto tra le mura delle loro case. “Formando e ricostruendo la cultura del rispetto della donna e dell’amore che si è perduta” – ha dichiarato recentemente Luca Zaia, Governatore del Veneto -. Regione questa che ha deciso di attuare i più importanti investimenti per il contrasto alla violenza sulle donne. Anche se si ha la consapevolezza che il raggiungimento di questo obiettivo non sia del tutto facile, per i condizionamenti che possono essere posti dall’influenza di una tradizione socioculturale che tende a legittimare la violenza dell’uomo sulla donna.

Ne “La bisbetica domata,” Shakespeare rappresenta la protagonista  Caterina, dapprima donna ribelle e intrattabile, costretta dal marito a subire una serie di privazioni ed umiliazioni che piegano il suo carattere ostinato, e poi quale moglie diventata più obbediente. La stessa Caterina, tuttavia, non è una donna rassegnata, è una donna che difende sé stessa, una donna che vuole avere la libertà di scelta solo perché è donna. Che combatte la sua sottomissione. E che quando decide di accondiscendere alle convenzioni sociali, lo fa ergendosi a simbolo sacro della condizione di donna e moglie.

“Adesso mi rendo conto quanto così fragile sia la nostra fragilità di donna, che se a volte sembriamo valere molto, in realtà valiamo niente. Piegate, dunque, la vostra fierezza che non vi porterà a luogo alcuno, e posate le mani sotto i piedi del vostro sposo. A questo la mia mano è pronta, ed a fare tutto ciò che lui mi chiederà”. Sono queste le parole che la protagonista dell’opera pronuncia nel corso del suo ben conosciuto monologo.

Il “Bardo”, in tutta la sua opera teatrale, che è geniale perché si presta a molte interpretazioni e verità, è stato sempre dalla parte della figura femminile nella società. Facendone, perfino, intravedere l’insidia di quell’aspetto ancora molto presente nelle dinamiche uomo-donna, e che fanno anche riflettere sul ruolo maschile che deve assumere la donna nel contesto della stessa società.

Ecco perché “La bisbetica domata resta nell’opera teatrale del più eminente drammaturgo della cultura occidentale, quella maggiormente rappresentata e interpretata.  Soprattutto perché è più che attuale, in un’epoca di femminicidi e di violenza contro le donne, quale è quella che stiamo oggigiorno attraversando.

 

 

Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato

Articoli correlati
Gb: 1 donna su 2 non va a lavoro per colpa del ciclo mestruale, ma non lo dice. La ginecologa Picconeri: “Ancora troppi pregiudizi”
Nel Regno Unito 4 donne su 5 fanno un gran fatica a lavorare quando hanno il ciclo mestruale e solo poco più della metà ha affermato di non essere stata abbastanza bene per andare al lavoro. Questi sono i risultati di una ricerca britannica, che non stupiscono la ginecologa Giuseppina Picconeri: "La vita fisiologica di una donna in età fertile è spesso fonte di grandi pregiudizi"
Donne “cenerentole” della ricerca in Europa, anche se metà dei laureati e dottorati è “rosa”
Le donne rappresentano circa la metà dei laureati e dei dottorati in Europa, ma abbandonano progressivamente la carriera accademica, arrivando a costituire appena il 33% della forza lavoro nel mondo della ricerca, e solo il 26% dei professori ordinari, direttori di dipartimento o di centri di ricerca. È il quadro tratteggiato in un articolo sulla rivista The Lancet Regional Health
L’esposizione ai PFAS aumenta il rischio cancro nelle donne
Le donne esposte a diverse sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) hanno un rischio maggiore di sviluppare vari tipi di cancro, tra i quali quello alle ovaie, all'utero, alla pelle e al seno. A lanciare l'allarme è un nuovo studio finanziato dal governo degli Stati Uniti, pubblicato sul Journal of Exposure Science and Environmental Epidemiology
Menopausa, non solo vampate: la battaglia è contro lo stigma sociale e le patologie correlate
La neopresidente della IMS (International Menopause Society), prof. Rossella Nappi: «Oggi questa fase coincide sempre più con il momento di maggior realizzazione professionale delle donne: viviamolo al meglio»
Il lavoro nobilita, ma deprime, in particolare le donne. Lo Smart working è la soluzione?
La conferma arriva da due studi: uno inglese realizzato prima della pandemia e l’altro italiano fatto durante e dopo il Covid. In entrambi risulta che la qualità del lavoro e le condizioni incidono sulla salute mentale in particolare nelle donne. Ecco perché dallo smart working non si deve più tornare indietro
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Salute

Automedicazione: dall’Enterogermina al Daflon, ecco i prodotti più venduti in farmacia

I dati Pharma Data Factory (PDF): nell’ultimo anno mobile (agosto 2023-settembre 2024) il mercato dei farmaci per l’autocura è stabile (-1%), anche se con prezzi in lieve aumento (+...
Prevenzione

Medici di medicina generale, igienisti e pediatri assieme contro il virus respiratorio sincinziale

Il Board del Calendario per la Vita accoglie con soddisfazione la possibilità di offrire a carico del Ssn, come annunciato dalla Capo Dipartimento Prevenzione del Ministero, l'anticorpo monoclo...
Pandemie

Covid, ad un anno dal ricovero il cervello appare invecchiato di 20 anni

Studiati 351 pazienti ricoverati un anno prima per Covid. I ricercatori: "Abbiamo scoperto che sia quelli con complicanze neurologiche acute, che quelli senza, avevano una cognizione peggiore di quant...