Contributi e Opinioni 27 Aprile 2020 10:15

Staminali da cordone ombelicale e Covid-19

di Pierangela Totta, Responsabile scientifica Futura Stem Cells

di Pierangela Totta, Responsabile scientifica Futura Stem Cells

Anche le cellule staminali arrivano in soccorso per combattere l’emergenza sanitaria portata dall’infezione da Coronavirus. La diffusione del virus SARS-Cov2 ha assunto la collocazione di Pandemia e come tale è considerata dato l’elevato potere di diffusione del virus e la ripercussione sulla salute umana.

L’elevato numero di decessi e di persone che hanno necessità di ventilazione forzata e ricoveri in terapia intensiva ha portato gli scienziati di ogni specializzazione ad affacciarsi allo studio di questo virus, delle sue caratteristiche biologiche e alla strategia migliore per combatterlo.

Le terapie applicate sulle persone che, infettate dal virus, hanno sviluppato sintomi differenti, dai meno ai più gravi, comprendono terapie antivirali, idrossiclorochina, anticorpi neutralizzanti, riproposizione di farmaci utilizzati per altri virus e infusione di siero di pazienti in convalescenza da coronavirus. Dallo studio microscopico di questo virus e da quello del suo meccanismo di azione, si è visto come il virus abbia una predilezione per quelle cellule che hanno sulla loro superficie una molecola detta recettore ACE2. Gli alveoli polmonari, sono ricchi di questa molecola ed è per questo che il virus li attacca in via preferenziale. Per tale ragione sono in via sperimentale farmaci che vadano a bloccare questa molecola.

Ma quando il virus riesce ad infettare le cellule, genera una tempesta di molecole infiammatorie che porta ai sintomi peggiori associati alla COVID-19. Quelli, cioè, che portano i pazienti in terapia intensiva. Per questo molti studiosi hanno pensato che per sconfiggere questo virus si debba agire proprio bloccando la formazione di questa cascata di molecole infiammatorie.

Poiché le terapie attuate non sempre danno frutti in pazienti in terapia intensiva, gli studiosi hanno pensato a chi potesse dare il maggiore effetto antiinfiammatorio.

La scelta è andata sulla potenziale azione del trapianto di cellule staminali mesenchimali, cellule che già sono protagoniste di numerosi studi clinici per il loro evidente effetto immunomodulatorio nel diminuire l’infiammazione.

In Cina, così, sono stati attivati diversi studi clinici che hanno coinvolto pazienti con COVID-19 a cui sono state trapiantate cellule staminali mesenchimali. I risultati preliminari hanno dimostrato che il trattamento con cellule staminali mesenchimali era sicuro ed efficace, dati i miglioramenti assunti dai pazienti.

Ma perché queste cellule agirebbero con efficacia? Qual è il loro ruolo?

Perché hanno un potere immunomodulatorio, possono prevenire ed attenuare la tempesta di molecole infiammatorie generate dal virus e possono anche migliorare i danni creati dal virus sull’ambiente circostante. Stimolano, infatti, la riparazione endogena dei tessuti. Il trapianto avviene in maniera semplice. Possono essere, infatti, trapiantate iniettandole. Le cellule staminali mesenchimali, inoltre, dopo singola infusione si accumulano al polmone, l’organo attualmente più colpito, proteggendo gli alveoli, prevenendo la fibrosi polmonare e migliorandone la funzionalità.

LEGGI ANCHE: CORONAVIRUS, SCACCABAROZZI: «VACCINI GIÀ IN PRODUZIONE, CI ASSUMIAMO IL RISCHIO»

Ma quali fonte di cellule staminali sarebbe la migliore da utilizzare in questo trattamento?

Le cellule staminali mesenchimali derivanti dal tessuto del cordone ombelicale.

Le cellule staminali mesenchimali derivanti da midollo osseo infatti, non sarebbero una fonte opportuna perché nel midollo osseo non c’è un numero elevato di cellule staminali mesenchimali e perché la metodologia di prelievo renderebbe il tutto più difficoltoso. Il prelievo difficoltoso, porterebbe anche il tessuto adiposo a non essere una buona di cellule staminali mesenchimali.

La gelatina di Wharton, il tessuto interno al cordone ombelicale dal quale si estraggono le cellule staminali mesenchimali, risulta per questa motivazione una buona fonte. Ma non solo:

  1. Il cordone ombelicale è una fonte elevata di cellule staminali mesenchimali
  2. Le cellule staminali mesenchimali derivanti dal tessuto del cordone ombelicale si moltiplicano molto più velocemente di quelle di altre fonti. Poiché il coronavirus provoca una condizione patologica sistemica, c’è bisogno di milioni di cellule per dare un’efficacia clinica. Per questo avere una fonte che dà un maggiore numero di cellule, come il cordone ombelicale, la fa preferire alle altre.
  3. Il tessuto del cordone ombelicale e le cellule in esso contenute vengono prelevati in maniera non invasiva.
  4. Le cellule staminali mesenchimali hanno delle caratteristiche immunologiche che gli permettono di esser trapiantate anche da un paziente diverso dal donatore e non generare rigetto.

In Israele e negli Stati Uniti sono partiti studi clinici per uso compassionevole che promettono di dare risultati di efficacia in maniera molto rapida perché capire se un paziente affetto da COVID19 trovi beneficio dall’infusione di cellule staminali mesenchimali cordonali è un risultato che può voler dire 1 settimana dall’infusione e non anni di studio.

Il Dr. Camillo Ricordi, massimo esperto nella terapia cellulare contro il diabete, professore all’Università di Miami ed oggi capo progetto dello studio clinico approvato dall’FDA americana in cui 24 pazienti sono stati reclutati per lo studio con cellule staminali mesenchimali derivanti da cordone ombelicale, in un’intervista descrive questo studio clinico.

Lo studio, effettuato come cura compassionevole in quei pazienti non responsivi ad altre terapie, porterà questi 24 pazienti a ricevere più dosi di cellule staminali mesenchimali del cordone ombelicale amplificate in laboratorio. Poiché le cellule anche se infuse nel circolo venoso in maniera spontanea andranno nel polmone, nel giro di pochi giorni o una settimana si capirà se questo tipo di terapia ha dato dei risultati.

LEGGI ANCHE: CORONAVIRUS E GRAVIDANZA, I NEONATI POSSONO ESSERE CONTAGIATI DA UNA MADRE INFETTA?

Qualora questa terapia desse i suoi frutti “potrebbe essere una terapia di facile utilizzo nei casi più gravi in attesa di un vaccino” dice il Dr. Ricordi “ma anche un deposito di cellule capaci di trattare altre possibili pandemie o epidemie dove i polmoni potrebbero essere un target per un attacco di infezione virale”.

Gli studi in atto sulle cellule staminali mesenchimali del cordone ombelicale ci danno conferma come sia sottovalutata questa fonte di cellule ancora poco conosciuta e come si debba ripensare ad una legge che permetta, anche in Italia, di prendere in considerazione la conservabilità e l’utilizzo di queste cellule ad oggi non prelevabili e conservabili.

Nel frattempo, guardiamo con ottimismo a questi studi clinici sul trapianto di cellule staminali del cordone ombelicale e il COVID-19 in attesa che gli studi ci diano maggiori approfondimenti.

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SANITÀ INFORMAZIONE PER RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO

 

Articoli correlati
Donne “cenerentole” della ricerca in Europa, anche se metà dei laureati e dottorati è “rosa”
Le donne rappresentano circa la metà dei laureati e dei dottorati in Europa, ma abbandonano progressivamente la carriera accademica, arrivando a costituire appena il 33% della forza lavoro nel mondo della ricerca, e solo il 26% dei professori ordinari, direttori di dipartimento o di centri di ricerca. È il quadro tratteggiato in un articolo sulla rivista The Lancet Regional Health
Tumori: Rai e AIRC insieme per trasformare la ricerca in cura
"La ricerca cura". E' questo lo slogan della grande maratona di Rai e Fondazione Airc che, come ogni anno, uniscono le forze per trasformare la ricerca sul cancro in cura
Sclerosi multipla, la terapia con cellule staminali può rallentare la progressione della malattia recidivante
Un gruppo di ricercatori svedesi ha valutata la sicurezza e l’efficacia della terapia con cellule staminali quando utilizzata come trattamento di routine piuttosto che in condizioni di sperimentazione clinica. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Neurology Neurosurgery & Psychiatry
Pnrr: con PRP@CERIC nuova infrastruttura di ricerca per studiare agenti patogeni
Un'infrastruttura di ricerca altamente specializzata, unica in Europa, che integra strumentazioni e competenze in biologia, biochimica, fisica, bio-elettronica, bio-informatica e scienza dei dati per studiare agenti patogeni di origine umana, animale e vegetale e intervenire rapidamente per contrastare la diffusione di possibili nuovi focolai di malattie. Questo è l'obiettivo del progetto PRP@CERIC, finanziato con 41 milioni di euro dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
Covid, alcune persone potrebbero aver perso l’olfatto per sempre? L’ipotesi allarmante in uno studio
La perdita dell'olfatto a causa di Covid-19 potrebbe durare a lungo o addirittura per sempre. Uno studio rivela che una persona su 20 non l'ha recuperato dopo 18 mesi
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Advocacy e Associazioni

Giornata Mondiale dell’Obesità, Benini (FAND): “Attenzione alla Diabesità”

Per la Giornata Mondiale dell'Obesità 2024 sono molte le iniziative promosse, in Italia, in Europa e nel Mondo dalle organizzazioni contro l'obesità, gli operatori sanitari e le persone ...
Advocacy e Associazioni

Disturbi spettro autistico. Associazioni e Società Scientifiche scrivono al Ministro Schillaci

Nella lettera si sottolinea come sia "indispensabile affrontare le criticità più volte evidenziate da operatori e famiglie nell’ambito di tutti i disturbi del neurosviluppo, quale ...
Advocacy e Associazioni

Giornata Mondiale dell’Obesità: un’epidemia con 800 milioni di malati

Presentate le iniziative italiane della World Obesity Day che ricorre il 4 marzo. Nel nostro Paese le persone con obesità sono l’11,4 per cento della popolazione e oltre 21 milioni di ita...
di I.F.