Salute 25 Luglio 2022 09:52

E se anche in Italia la POP diventasse un farmaco da banco?

La POP è una pillola anticoncezionale esclusivamente progestinica già liberalizzata in Nuova Zelanda e nel Regno Unito. In un’intervista a Sanità Informazione, la professoressa Rossella Nappi (ISGE) analizza i rischi e i benefici della liberalizzazione: «È adatta al 98% delle donne, anche over 35, obese, fumatrici o in allattamento»

E se anche in Italia la POP diventasse un farmaco da banco?

Quasi la metà di tutte le gravidanze sono indesiderate: tra il 2015 e il 2019 sono stati 121 milioni i concepimenti non pianificati, a livello globale, ogni anno. È questo il dato allarmante emerso dall’ultimo rapporto dell’agenzia delle Nazioni Unite per la salute sessuale e riproduttiva (Unfpa), cifra che mette in discussione decenni di lotta per l’emancipazione delle donne e, soprattutto, per la conquista del diritto all’autodeterminazione.

Ancora oggi la metà delle donne non ha la possibilità di decidere sul proprio corpo e tra i fattori chiave che gli impediscono di farlo ci sono le difficoltà di accesso a servizi e informazioni sulla salute sessuale e riproduttiva ed ai sistemi contraccettivi. Per rendersene conto basta uscire dal proprio portone di casa: anche in Italia i servizi sanitari dedicati alla sfera riproduttiva sono spesso inadeguati e l’accesso ai contraccettivi è tutt’altro che libero.

Dove la POP è un farmaco da banco

Eppure, liberalizzare l’utilizzo di metodi contraccettivi farmacologici, come la POP (Progestogen-Only Pill), una pillola anticoncezionale priva di importanti controindicazioni, non sarebbe affatto una novità. In nuova Zelanda è realtà già dal 2017 e, più di recente, anche il Regno Unito ha seguito la stessa scia. E se anche in Italia la POP diventasse un farmaco da banco? Affinché ogni donna possa personalmente rispondere a questa domanda ne abbiamo analizzato rischi e benefici con la professoressa Rossella Nappi, docente dell’Università di Pavia e membro del direttivo della Società Internazionale di Endocrinologia Ginecologica (ISGE).

Che cos’è la POP

La prima cosa che tutti dovrebbero conoscere per poter prendere una posizione favorevole o contraria alla liberalizzazione della POP è il suo contenuto. «La POP, come si evince dal significato racchiuso nel suo stesso acronimo, Progestogen Only Pill, è una pillola esclusivamente progestinica – spiega la professoressa Nappi -. Tutte le altre, invece, sono a contenuto estro-progestinico. Stando alle evidenze scientifiche raccolte negli ultimi 30 anni, la POP risulta essere il contraccettivo più sicuro in assoluto, perché priva di estrogeni. È proprio quest’ultima tipologia di ormoni, infatti, ad essere comunemente associati a rischi cardiovascolari, cerebrovascolari e trombotici».

Chi può prendere la pillola e chi no

Le pillole estro-progestiniche non dovrebbero essere prescritte alle donne che appartengono ad una o più di queste tre categorie: fumatrici ed obese e over 35 con fattori di rischio. E stando alle più recenti stime dell’OMS, il 39% delle donne presenterebbe almeno uno di questi tre fattori. Percentuale che nel caso della POP scenderebbe di 37 punti percentuali: «La pillola progestinica – continua la prof Nappi membro del direttivo ISGE – è controindicata solo per due donne ogni 100, ovvero per coloro che hanno avuto tumori ormone-dipendenti o che soffrono di patologie molto rare. A dimostrare ulteriormente la non tossicità della POP è la possibilità di poterla assumere anche in allattamento, senza alcuna conseguenza né per il latte materno, né per il lattante».

I limiti della POP

Tuttavia, pur non mettendo a rischio la salute della donna, la POP ha qualche limite che è opportuno conoscere, affinché un’eventuale assunzione possa avvenire in piena consapevolezza. «Il primo scaturisce dalla motivazione che, di solito, spinge le donne in Italia ad assumere un anticoncezionale, ovvero la ricerca di una regolarità e puntualità estreme della mestruazione – commenta la professoressa Nappi -. L’assunzione di una pillola progestinica non garantisce affatto il pieno controllo del ciclo mestruale, anzi possono verificarsi delle perdite ematiche, cosiddette spotting, che pur non essendo sintomi di alcuna problematica di salute, possono risultare fastidiose. Lo spotting è, di solito, una conseguenza di un’assunzione poco precisa: è consigliato prendere la POP con una finestra oraria di variabilità non superiore alle tre ore. Più l’assunzione sarà precisa, più lo spotting si minimizzerà».

I benefici extracontraccettivi della POP

Da non trascurare nemmeno gli effetti benefici extracontraccettivi: «Riduce il flusso ematico, lo rende meno doloroso e aiuta a lenire la sintomatologia di alcune patologie come l’endometriosi», aggiunge la docente.

Ma non è tutto: oltre alla donna, anche il Sistema Sanitario Nazionale potrebbe giovare della liberalizzazione della POP. «In un periodo storico come quello che stiamo vivendo, in cui la pandemia da Covid-19 ha ulteriormente allungato le liste di attesa, liberalizzare la POP contribuirebbe a snellirle. Le donne che desiderano o necessitano di un contraccettivo, infatti, potrebbero recarsi in farmacia e cominciare immediatamente l’assunzione dell’anticoncezionale e, solo successivamente, a seconda dei tempi di attesa previsti dal SSN, sottoporsi ad una visita ginecologica per decidere, su consiglio dello specialista, se continuarne o modificarne l’assunzione. Ovviamente, laddove si dovesse rendere disponibile la POP tra i farmaci da banco, sarebbe cruciale il ruolo della farmacia e del farmacista: nella prima potrebbe essere creato un corner dedicato alla salute della donna, magari contrassegnato da un bollino rosa, mentre il farmacista dovrebbe rendersi disponibile ad un counseling in materia di riproduzione».

Un’obiezione legittima

E se, una volta liberalizzata, la POP dovesse essere richiesta anche da ragazzine di 13 o 14 anni che, pur essendo biologicamente delle donne, non sono ancora in grado di gestire in maniera autonoma ed adeguata un contraccettivo? «Non esiste un’età al di sotto della quale è vietato assumere la piccola anticoncezionale, poiché non c’è letteratura scientifica che ne indichi il rischio. Nonostante ciò, è consigliabile iniziarne l’assunzione dopo che siano trascorsi almeno due anni dalla prima mestruazione. Tuttavia, se una ragazzina di 14 anni avesse già dei rapporti sessuali sarebbe sicuramente meno rischioso farle assumere una POP, che esporla all’eventualità di una gravidanza indesiderata», conclude la professoressa Nappi. Un’ipotesi non del tutto remota se si considera che, secondo l’ultima indagine dell’osservatorio nazionale Infanzia e Adolescenza della Federazione italiana di sessuologia scientifica (Fiss) il 7% dei giovani tra gli 11 e i 14 anni ha già avuto il primo rapporto sessuale.

 

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