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Psicologia e Salute Mentale 11 Gennaio 2022

Paura di cambiare, perché uscire dalla comfort zone aiuta a crescere

La comfort zone ci protegge dai possibili pericoli del mondo esterno. La psicologa ci spiega come accogliere il cambiamento e uscire dal nido sicuro

Paura di cambiare, perché uscire dalla comfort zone aiuta a crescereZona di conforto, o comfort zone per gli amanti della terminologia anglosassone. Ma di cosa si tratta? «È una sorta di zona franca – spiega Stefania Tempesta, psicologa Odp Lazio al nostro giornale – un luogo sicuro. Delimitato da comportamenti, abitudini, schemi di pensiero, consuetudini che si ripetono nella nostra vita e ne scandiscono la regolarità. Definisce il nostro agire quotidiano in base a routine prestabilite che ci risparmiano impegno e fatica. Si può vivere nei modi e nei tempi che già si conoscono, che sono già collaudati e in base ai quali il nostro funzionamento è garantito».

La Comfort zone ci ripara da ansia, stress e pressione?

Affrontare situazioni nuove crea timori. Come sostiene il vecchio proverbio «Chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia non sa quel che trova». Ma la comfort zone è davvero così sicura? «È opportuno chiedersi se l’ambito confortevole a cui siamo tanto affezionati ci consente davvero di vivere al riparo da ansia, stress e pressione. Spesso si è portati a reiterare con ferrea disciplina abitudini che apparentemente mantengono ordine nella nostra vita – avverte la psicologa -. C’è chi ha la necessità di tirare i mobili a lucido ogni giorno; molti affrontano quotidiane ed estenuanti discussioni con i figli per indurli a tenere in ordine i loro spazi (si ottengono risultati?); si consumano i pasti in fretta e furia, magari in piedi, o al pc; si può uscire a prendere una boccata d’aria solo se si sono terminate le faccende in casa».

Comfort zone e senso di frustrazione: cambiare per diventare più forti

«Ci sono poi le convinzioni su noi stessi – aggiunge la dottoressa Tempesta – che delineano con rigore ciò che possiamo o non possiamo essere. Nutriamo la certezza che siamo gli unici in grado di eseguire alcuni compiti (inammissibile delegare). O che non siamo in grado di apprendere una nuova lingua oppure che non abbiamo tempo per leggere un libro o fare attività fisica. E ancora che non saremmo in grado di scrivere una poesia o dedicarci alla meditazione, che cantare o ballare è per noi davvero impossibile».

Regole, principi, direttive autoimposte definiscono così la comfort zone in cui tutto è già prestabilito. Superare la paura di cambiare, però, significa diventare più forti e sicuri di sé. «Purtroppo, entro i confini del nostro contesto abitudinario – prosegue la Tempesta – sebbene non ne siamo consapevoli, risuona spesso il senso di frustrazione. L’inclinazione ad appoggiarci a ciò che abbiamo imparato e che ci è noto ci induce ad abbracciare un falso senso di sicurezza – spiega –. Nasconde, però, la rinuncia ad andare incontro a nuove esperienze, l’opportunità di riadattare i rapporti con le persone che frequentiamo. La possibilità di definire i termini di un cambiamento che sarebbe invece fonte di innovazione profonda e benefica».

Perché il cambiamento fa così paura?

Spesso, resistiamo nella nostra zona di conforto pur avvertendola come un impedimento. Quali sono le motivazioni? La psicologa ne individua tre:

  • La paura: riconoscere il proprio disagio significa mettere in discussione sé stessi. Le decisioni prese, i progetti attuati o sognati, la propria immagine agli occhi degli altri, i rapporti interpersonali.
  • L’ignoto: apportare un cambiamento anche in un solo ambito esistenziale attiva il senso di incertezza nello stabilire nuovi obiettivi e correre il rischio di fallire. Sembra quindi più facile mantenere le cose come sono piuttosto che affrontare ciò che non si conosce.
  • Il senso di inefficacia: le abitudini radicate nascono spesso da pensieri su noi stessi. Reputiamo cioè di essere capaci di mettere in campo azioni e comportamenti ampiamente sperimentati, e di non essere invece in grado di aprirci a nuove conoscenze, acquisire abilità diverse, sondare campi inesplorati.

Come uscire dalla zona di conforto: i suggerimenti della psicologa

«Lo strumento che rappresenta la chiave del cambiamento è la consapevolezza – precisa la Tempesta -. Lasciar emergere le proprie emozioni rispetto a tutto ciò che caratterizza la nostra vita è necessario. Così come aprirci alla comprensione di ciò che vorremmo lasciarci alle spalle e affermare con chiarezza quali sono le nostre reali necessità e bisogni.
I consigli della psicologa per accogliere il cambiamento:

  • «Aprire gli occhi sulle proprie abitudini: le azioni e i comportamenti che si ripetono ogni giorno sono stati efficaci nel passato e hanno portato piccoli o grandi successi nella vita. È importante osservare se il momento presente richieda l’introduzione di nuove modalità, la sostituzione di vecchie abitudini per altre, migliori e forse più entusiasmanti. Potrebbe essere utile, lasciare che i figli si preparino da mangiare in autonomia ottenendo così del tempo libero per una passeggiata con un’amica. O decidere di cambiare allenamento e provare la lezione offerta dal nuovo centro fitness, o semplicemente cimentarsi nella preparazione di piatti diversi.
  • Ricordare cosa implica il cambiamento: qualsiasi cambiamento comporta un “salto nel buio”, ma ogni viaggio che si intraprenda è comunque il conseguimento di una meta. Ogni nuova esperienza porta con sé nuovi apprendimenti e il raggiungimento di risultati saranno un arricchimento per la persona, che si tratti di successi o fallimenti. Impegnarsi nel perseguire un obiettivo è fonte di gratificazione e un risultato non ottimale ci insegna comunque in che direzione spendere, o risparmiare, le nostre energie.
  • Sperimentare la fiducia in sé stessi: è importante ritrovare in sé stessi una guida, sviluppando fiducia nelle proprie sensazioni e intuizioni, nei propri desideri e aspirazioni. Se sentiamo che qualcosa per noi è scomodo o sbagliato abbiamo il diritto di riconoscerne il senso e affermare il nostro sentire. Usi e abitudini sono spesso il frutto di idee, pareri, giudizi di altre persone, che rappresentano fonti autorevoli o con cui abbiamo un legame affettivo. Ogni individuo può aspirare ad essere pienamente sé stesso, libero da influenze esterne. Coltivare la fiducia in sé stessi implica un impegno notevole e talvolta doloroso, ma è un viaggio necessario che consente il riconoscimento di noi stessi e delle persone con cui entriamo in relazione».

Piccoli passi per iniziare

Il cambiamento, secondo la dottoressa, è auspicabile. «Suggerisco di proporsi dei piccoli passi, fissare cioè mete intermedie che siano raggiungibili. Individuare obiettivi difficilmente realizzabili, almeno nell’immediato, non è utile e può indurre a tornare indietro. Non scoraggiarsi se i nostri tentativi non andranno subito a segno – conclude la psicologa -. Godersi il viaggio del cambiamento comporta divertimento e curiosità per ciò che non si conosce e che sembrerà sempre più interessante».

 

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