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Prevenzione 11 Novembre 2019

Prevenire il diabete si può: con lo sport e una sana alimentazione. La parola al professor Guastamacchia (AME)

Il 14 novembre viene celebrata in tutto il mondo la Giornata del Diabete, istituita nel 1991 dalla Federazione internazionale del diabete (IDF) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. L’obiettivo dell’annuale appuntamento è sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sul diabete, una malattia grave e diffusa che può essere prevenuta e curata con un corretto stile di vita […]

Il 14 novembre viene celebrata in tutto il mondo la Giornata del Diabete, istituita nel 1991 dalla Federazione internazionale del diabete (IDF) e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’obiettivo dell’annuale appuntamento è sensibilizzare e informare l’opinione pubblica sul diabete, una malattia grave e diffusa che può essere prevenuta e curata con un corretto stile di vita (nel caso del diabete di tipo 2) o sotto controllo dello specialista con una terapia farmacologica.

A margine del Congresso Ame (Associazione Medici Endocrinologi) di quest’anno, il presidente Edoardo Guastamacchia, ha lanciato la sfida dell’innovazione e della tecnologia per combattere la piaga sociale del diabete, in preoccupante crescita in tutto il mondo. L’Holter glicemico, i microinfusori e la telemedicina sono strumenti di estrema utilità per favorire un rapporto medico-paziente più stretto possibile e una miglioramento della qualità della loto qualità di vita.

Professore, il 14 novembre si celebrerà la giornata mondiale per il diabete, una vera piaga sociale. Quali sono le azioni da compiere per ridurre il rischio e sensibilizzare la popolazione?

«Il diabete ha un ruolo prevalente per la sua importanza e rilevanza sociale e per il peso economico che esso determina a livello del SSN. Dobbiamo cercare in tutte le maniere di ridurre non solo il numero dei pazienti diabetici ma migliorare il più possibile la loro qualità di vita. Per fare questo bisogna intervenire in maniera precoce; prevenire l’obesità, che purtroppo aumenta anche nel nostro paese, non al livello degli USA o di altri paesi anglosassoni ma è in costante aumento anche tra i giovani – con un ritorno alla nostra dieta mediterranea e una costante attività fisica che deve rappresentare una vera e propria terapia. Noi medici dovremmo prescrivere sul ricettario l’attività fisica che i nostri pazienti, compatibilmente con la loro situazione clinica, devono fare, come fanno oramai i colleghi d’oltreoceano. Inoltre, bisogna intervenire già dall’età scolare con un’informazione il più possibile onesta dal punto di vista intellettuale: i messaggi pubblicitari, ad esempio, non spingono verso un’alimentazione varia e sana».

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