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infanzia 23 Marzo 2023

Il tuo bambino ha un disturbo (o ritardo) del linguaggio? Ecco come scoprirlo

A quali segnali dare importanza e come muoversi? Alcuni consigli dello specialista

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Il timore che qualcosa non vada nel linguaggio verbale del proprio figlio prima dei tre anni costituisce una delle ragioni più frequenti di consultazione del pediatra di famiglia da parte di un genitore. E, se non emergono dubbi evidenti sull’esistenza di particolari patologie, il consiglio che potrebbe scaturirne, considerando l’evenienza che il fenomeno possa rivelarsi una fase solo momentanea, è quello dell’ “aspetta e vedi”, confidando nell’evoluzione spontanea delle competenze linguistiche. Ma è il comportamento corretto o, quanto meno, lo è sempre?

Disturbo o ritardo del linguaggio nei bambini. Alcuni dati

La prevalenza del ritardo di sviluppo del linguaggio verbale nella fascia tra i 2 e i 5 anni è compresa tra il 5 e il 12% ma il 20-70% di questi bambini potrebbe maturare un disturbo del linguaggio, con il rischio di avere problemi di lettura e scrittura con frequenza 4-5 volte superiore a quella dei bambini con sviluppo normale delle capacità linguistiche. In aggiunta, moltissimi bambini manifestano disturbi della fluenza (balbettano) all’età di 30-36 mesi. Almeno l’80-85% di essi ha un recupero spontaneo ma fra i restanti ce ne possono essere alcuni, se non identificati e presi in carico precocemente, che sono destinati a diventare balbuzienti. L’identificazione precoce di un disturbo del linguaggio o della fluenza verbali consentirebbe di:

  • prevenire (o mitigare) le cicatrici nelle future performances comunicative e linguistiche o negli apprendimenti curriculari con interventi che sfruttino l’epoca della massima plasticità neurale del bambino;
  • individuare anche altri disturbi del neuro-sviluppo o relazionali presenti complessivamente in circa il 20-22% dei bambini che tardano a parlare;
  • ridurre il peso delle conseguenze psicologiche, sociali e lavorative collegabili a qualsiasi disturbo della comunicazione.

L’identikit del bambino con ritardo o disturbo del linguaggio

L’identikit schematico del bambino con ritardo/disturbo (specifico) del linguaggio indica un bambino che «comincia a parlare tardi – spiega il professor Danilo Patrocinio (specialista in Audio-Foniatria e ORL) –, ha una lenta evoluzione delle competenze grammaticali, è a rischio di disturbi della lettura e può riportarne conseguenze sociali, emotive e persino economiche in futuro. Il bambino che tarda a parlare può essere un bambino che manifesta comportamenti sociali diversi da quelli dei suoi coetanei senza problemi linguistici; può essere più attivo, più irrequieto, meno attento per la frustrazione legata alla scarsa intelligibilità delle sue produzioni che può minacciare la spinta volitiva a comunicare e a intessere conversazioni».

Ritardo del linguaggio, come comportarsi?

Nei casi di bambini che manifestano ritardo di linguaggio, è appropriato intervenire il più precocemente possibile almeno per due ragioni:

  • l’identificazione tempestiva, tra i 18 e i 36 mesi, dei bambini che tardano a parlare o che parlano male, consente di identificare o predire non solo un ritardo linguistico espressivo (61%) e recettivo espressivo (17%), ma anche deficit delle capacità cognitive non verbali (6%), competenze cognitive borderline (2%), autismo (4%), problemi di letto-scrittura;
  • l’avvio a una presa in carico più precoce possibile assicura i migliori risultati ai fini della riduzione del ritardo. A tal proposito la Consensus conference sul disturbo primario del linguaggio, a cura di Clasta e Fli (2019), sostiene che «l’età a partire dai 4 anni è considerata, anche sulla base della pratica condivisa, da molti autori come la più adeguata per la diagnosi e il trattamento dei disturbi primari del linguaggio, e corrisponde al criterio di inclusione della maggior parte degli studi di efficacia; alcune ricerche indicano che gli interventi più precoci sono associati alla fase di maggior recupero del ritardo linguistico».

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In assenza di programmi di screening negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia, «l’atteggiamento più appropriato nei confronti di un bambino con ritardo di linguaggio – spiega ancora il professore – è quello dell’invio ai professionisti competenti (foniatra, neuropsichiatra infantile, neuro-psicologo, logopedista) che procederanno alla valutazione del rischio utilizzando strumenti che traducano un sospetto in numeri». Lo strumento di screening utilizzabile (in famiglia e nelle scuole ma anche nella pratica clinica di prima consultazione) è il questionario denominato “Primo vocabolario del bambino – PVB, Forma breve” di cui esistono due versioni: “Gesti e parole” (8-17 mesi) e “Parole e frasi” (18-36 mesi). Si tratta di un questionario che permette di identificare precocemente i bambini che sono a rischio per un corretto sviluppo comunicativo e linguistico sulla base delle loro abilità gestuali, lessicali e grammaticali. L’uso del questionario permette la selezione dei bambini che saranno avviati a uno step successivo in cui si dovrà procedere a una valutazione accurata delle funzioni cognitive, uditive, linguistiche espressive e ricettive (nelle aree di fonologia, lessico, morfosintassi), delle competenze socio-conversazionali, degli stili comunicativi familiari, facendo ricorso agli strumenti più adeguati in relazione agli obiettivi da raggiungere e all’età cronologica.

I comportamenti che successivamente all’assessment delle competenze potranno scaturirne sono diversi:

  • nessun intervento ma monitoraggio;
  • presa in carico indiretta con il coinvolgimento attivo della famiglia nei casi più lievi e/o prima dei 3 anni (ad esempio secondo il protocollo INTERACT2 di Bonifacio e Stefani, 2010);
  • presa in carico diretta in setting individuali o di gruppo (dopo i 36 mesi, nelle situazioni di ritardo conclamato sul versante espressivo ed espressivo-ricettivo).

I fattori di rischio/allarme

A quali segnali bisogna fare attenzione? Ecco i principali.

  • Assenza del babbling (balbettio) o sua comparsa tardiva (oltre i 10 mesi);
  • Babbling presente ma ridotto;
  • Babbling presente senza il rispetto dei parametri intonativi lingua-specifici;
  • Vocabolario espressivo inferiore al 10° percentile a partire da 24 mesi;
  • Assenza di linguaggio combinatorio a partire dai 30 mesi;
  • Inventario fonetico ristretto a 36 mesi (6-9 consonanti);
  • Diversità limitata di tipi sillabici (7,5 tipi tra i 24 e i 40 mesi);
  • Elevato numero di errori fonologici;
  • Accentuata variabilità nell’articolazione;
  • Progresso limitato nel tempo;
  • Dopo i 36-40 mesi ritardo nelle competenze grammaticali (più significativo rispetto al ritardo nel lessico);
  • Enunciati verbali scarsamente intellegibili per l’ascoltatore estraneo;
  • Risposta assente o ridotta a suoni, rumori o al proprio nome;
  • Scarsa attenzione alle voci (la voce materna in particolare);
  • Scarsa attenzione ai volti, alle espressioni facciali;
  • Assenza del sorriso comunicativo;
  • Limitato repertorio gestuale (deittico e/o referenziale – gesto dell’indicazione assente dopo i 16 mesi);
  • Ridotta o assente iniziativa nell’innescare l’interazione comunicativa (attraverso gesti, vocalizzi, parole);
  • Difficoltà nel riconoscere le differenze prosodiche negli enunciati dell’adulto;
  • Difficoltà di comprensione verbale (frasi semplici dopo l’anno; parole riferite a oggetti comuni fra i 15 e i 18 mesi; di ordini non legati al contesto dopo i due anni);
  • Familiarità per disturbi del linguaggio e dell’apprendimento;
  • Ritardo nello sviluppo psicomotorio: mancanza di schemi di azione con gli oggetti a 12-18 mesi (usare le posate);
  • Assenza di gioco simbolico a 24 mesi;
  • Limitate capacità attentive (minore disponibilità alla condivisione, ad esempio quando il bambino non osserva l’oggetto che viene mostrato);
  • Memoria limitata (richiede più esposizioni perché l’input sonoro venga immagazzinato);
  • Bambini difficili da coinvolgere con minori capacità di adattamento e di autoregolazione;
  • Abilità cognitive o sensoriali inadeguate (nel caso di ambiente sfavorevole);
  • Pregressa patologia dell’udito-otite ricorrente;
  • Status socio economico e culturale familiare basso o medio basso (interazioni comunicativo-verbali meno numerose e brevi con l’adulto che propone di meno e risponde di meno alle iniziative del bambino; ridotto uso dei gesti; povertà lessicale; prevalenza di enunciati direttivi; povertà affettiva);
  • Difficoltà a masticare – scialorrea.

Disturbo (o ritardo) del linguaggio, come saperne di più

Cosa fare se il bambino ha difficoltà nel parlare, mostrando ritardi e disturbi nel linguaggio? Una risposta è in un e-book, dal titolo “Linguaggio verbale. Affrontare i disturbi in età evolutiva”, messo a punto da Consulcesi Club, in partnership con il Provider Sanità In-Formazione. Da sempre al fianco dei medici per offrire una formazione ECM all’avanguardia, Consulcesi ha voluto realizzare un corso rivolto tanto ai professionisti della Sanità quanto a chiunque voglia approfondire la tematica, mettendo in pratica in prima persona i rimedi proposti. Una lettura utile per inquadrare l’importanza del fenomeno e comprendere quanto sia cruciale, nell’ambito della tutela della salute dei bambini, la conoscenza delle varie fasi che accompagnano lo sviluppo del linguaggio verbale nei piccoli. Grazie al lavoro del professor Danilo Patrocinio si approfondiscono tutti gli aspetti di una tappa fondamentale nella crescita dei bambini: il riconoscimento e la comprensione dei suoni e delle parole, l’incidenza della biologia, del contesto familiare e degli stimoli ambientali nello sviluppo comunicativo e linguistico, l’importanza di intercettare per tempo possibili ritardi e disturbi e, infine, il giusto atteggiamento da tenere nel momento in cui si manifestino fattori di rischio.

 

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