Sanità 28 Maggio 2019 09:00

In Europa c’è un ospedale transfrontaliero, condiviso da Francia e Spagna

In Spagna c’è un ospedale che è anche un po’ francese. È l’unica struttura ospedaliera transfrontaliera d’Europa, a due ore di auto da Barcellona e due e mezza da Tolosa, in cui coesistono due sistemi sanitari e convivono medici e pazienti di due Paesi diversi. Le difficoltà non mancano, ma su una cosa si dicono […]

In Europa c’è un ospedale transfrontaliero, condiviso da Francia e Spagna

In Spagna c’è un ospedale che è anche un po’ francese. È l’unica struttura ospedaliera transfrontaliera d’Europa, a due ore di auto da Barcellona e due e mezza da Tolosa, in cui coesistono due sistemi sanitari e convivono medici e pazienti di due Paesi diversi. Le difficoltà non mancano, ma su una cosa si dicono tutti d’accordo: questo progetto da 31 milioni di euro, sovvenzionato per il 60% dall’Unione Europea e finanziato ogni anno dalla Catalogna e dalla Francia rispettivamente per il 60% ed il 40%, è una «opportunità straordinaria» e un «laboratorio» per altre esperienze di cooperazione transfrontaliera in Europa.

A 1200 metri d’altitudine, l’ospedale ha cambiato la vita dei 32mila abitanti della regione montuosa della Cerdagna. Prima della sua apertura, nel 2014, i pazienti francesi per i quali le cure del medico di famiglia non erano sufficienti dovevano arrivare fino a Perpignano, a due ore di strada, per incontrare una struttura ospedaliera. Un tragitto particolarmente difficoltoso nella stagione invernale, quando la neve cade copiosa nella regione.

E proprio per questo sono frequenti i tipici incidenti di montagna, soprattutto fratture sugli sci. Non è allora un caso che oggi l’ospedale di Cerdagna sia un centro specializzato in medicina dello sport di montagna riconosciuto a livello internazionale.

L’ospedale conta 32 camere, un reparto d’urgenza e uno di maternità in cui lo scorso anno sono nati 151 bambini, una risonanza magnetica, un laboratorio d’analisi e quattro blocchi operatori. Il 40% del personale è francese e il 60% è spagnolo. «Abbiamo gli stessi bisogni e le stesse risorse – spiega a France 3 Edouard Carreras, primario del reparto pediatrico d’urgenza e rianimazione -. Il problema a volte è coordinare il tutto, ma è una bella cooperazione».

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