Salute 13 Novembre 2023 11:52

Tumori: 60% delle strutture poco connesse al territorio. Cipomo: “Più sinergia per presa in carico del paziente”

Iperspecializzate, multidisciplinari ma ancora poco “connesse” con il territorio. È l’identikit delle strutture di oncologia medica italiane. Pur inserite all’interno di un dipartimento oncologico (67%), le strutture soffrono negli aspetti organizzativi interni e nella gestione del percorso del paziente dall’ospedale al territorio. Meno della metà (circa 40%) ha una connessione strutturata con i dipartimenti di prevenzione primaria e secondaria e con centri screening; una cartella informatizzata manca nel 66% delle strutture, ed è condivisa con il territorio solo nell’8% dei casi. Sono questi alcuni dati preliminari di un’indagine che il Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo) ha presentato al congresso dell’Aiom

di V.A.
Tumori: 60% delle strutture poco connesse al territorio. Cipomo: “Più sinergia per presa in carico del paziente”

Iperspecializzate, multidisciplinari ma ancora poco “connesse” con il territorio. È l’identikit delle strutture di oncologia medica italiane. Pur inserite all’interno di un dipartimento oncologico (67%), le strutture soffrono negli aspetti organizzativi interni e nella gestione del percorso del paziente dall’ospedale al territorio. Meno della metà (circa 40%) ha una connessione strutturata con i dipartimenti di prevenzione primaria e secondaria e con centri screening; una cartella informatizzata manca nel 66% delle strutture, ed è condivisa con il territorio solo nell’8% dei casi. Sono questi alcuni dati preliminari di un’indagine che il Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo) sta svolgendo su un campione di circa 100 medici primari tra i suoi iscritti. I risultati sono stati presentati nel primo incontro ufficiale tra Cipomo e AIOM, in occasione del congresso nazionale AIOM che si è concluso ieri a Roma.

Fioretto (Cipomo): “Urge nuova governance per la presa in carico globale dei pazienti”

Sui 92 nuovi farmaci in attesa della valutazione EMA per l’approvazione nel 2023, oltre il 25% sono farmaci oncologici e la percentuale di studi clinici in corso nel mondo per l’oncologia è attorno al 30% del totale, incluse tutte le altre discipline. Tutto questo ha portato il Cipomo a mettere in campo una serie di proposte per una nuova organizzazione delle strutture che, a vario titolo, possano migliorarne le performance, garantire le attività di prevenzione primaria e secondaria e gli screening, e portare a una evoluzione del ruolo del primario oncologo. “I nostri dati indicano la necessità di una nuova governance in grado assicurare la presa in carico globale dei pazienti alla luce della velocità delle novità che arrivano dalla ricerca”, dichiara Luisa Fioretto, presidente del Cipomo e direttore del Dipartimento Oncologico e SOC Oncologia Medica, Azienda USL Toscana Centro.

Necessaria metamorfosi del ruolo del primario oncologo medico ospedaliero

“A guidare il cambiamento – continua Fioretto – è l’evoluzione della figura del primario oncologo medico ospedaliero, il cui lavoro è oggi certamente più complesso a livello gestionale. Anche se apparentemente questo è un tema solo ‘tecnico’, in realtà si sviluppa soprattutto all’esterno, sui servizi al paziente, sulla qualità delle cure e dei servizi a lui dedicati. Argomenti che coinvolgono naturalmente tutta l’oncologia italiana”. Per guidare il dirigente medico in questa metamorfosi necessaria, Cipomo ha definito ed espresso in un “Manifesto per il profilo del Primario Oncologo Medico Ospedaliero oggi” la direzione verso la quale questa figura professionale dovrà puntare, in base ai crescenti bisogni dei pazienti, che presentano sempre più spesso comorbidità e che necessitano di ricevere cure e assistenza multidimensionali.

La risposta al paziente sta cambiando e deve tenere conto del ritmo dell’innovazione

“Multidisciplinarietà ed iper-specializzazione – spiega Gianpiero Fasola, direttore del dipartimento di Area Oncologica e direttore SOC di Oncologia all’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale – derivano dal fatto che la risposta al paziente sta cambiando e deve tenere il ritmo dell’innovazione nei trattamenti. Con ricadute sul sistema sanitario di cui ancora non vi è piena consapevolezza da parte delle Istituzioni. Il nostro compito è quindi di promuovere una interlocuzione più strutturata con esse e la ‘ricerca organizzativa’, cioè generare evidenze in letteratura su possibili soluzioni organizzative ai problemi della disciplina, assicurare agli oncologi la possibilità di acquisire e mantenere le competenze scientifiche, clinico professionali e di governo clinico oggi indispensabili, e, infine, produrre documenti di indirizzo, di competenze e formazione specialistica”.

Operare in rete per rafforzare l’assistenza territoriale

Altri punti del Manifesto e dell’incontro Aiom-Cipomo riguardano la necessità di operare in rete dentro e fuori l’ospedale, razionalizzando gli accessi ospedalieri e rafforzando l’assistenza territoriale. “Ospedale-Territorio sono due parole chiave che racchiudono un solo concetto: supporto al paziente durante la cura che, grazie all’avanzamento della ricerca, sempre più può essere seguita a casa”, aggiunge Paolo Tralongo, direttore del dipartimento di oncologia dell’Azienda sanitaria provinciale di Siracusa. “Un successo che però fa emergere necessità di tipo clinico e psicosociale che, a loro volta, si traducono in interventi di tipo organizzativo. In definitiva – continua – un tale contesto richiede interventi di riorganizzazione dei profili assistenziali in grado di adattarsi alla attuale storia naturale di malattia e conseguentemente di dare riscontro alle necessità assistenziali e individuali dei pazienti. Il tutto per migliore la qualità dell’assistenza oncologica”.

La riorganizzazione deve tenere conto delle esigenze di sostenibilità

Il manifesto e l’incontro Aiom-Cipomo si concludono sottolineando l’importanza della sostenibilità, sia per quanto riguarda la gestione del personale che dei costi delle nuove cure, in un contesto di carenza di operatori sanitari e di crisi economica della sanità italiana. “La figura evoluta del primario medico ospedaliero prevede da un lato la costituzione di ambulatori e gruppi multidisciplinari di patologia e l’implementazione della ricerca clinica, dall’altro l’accesso precoce ai farmaci innovativi, ponendo attenzione all’appropriatezza e alla sostenibilità dei percorsi”, dice Fioretto. “E’ una sfida importante e complessa, ma siamo convinti che i nostri medici primari non si tireranno indietro”, conclude.

 

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