Salute 31 Dicembre 2021 12:56

«La Omicron è veloce, vale la pena limitare i danni. Potrebbe essere anche l’ultima»

«Le recenti misure sulla quarantena ed isolamento sembrano logiche rispetto ad un “ambiente Omicron”, ma scontano l’incertezza della coesistenza della Delta e la debolezza diagnostica. Si richiede di evitare inutili quarantene, ma si rischiano milioni di persone immobilizzate, questa volta dalla malattia»

di Guido Rasi, ex Direttore Esecutivo dell'EMA e Direttore Scientifico Consulcesi
«La Omicron è veloce, vale la pena limitare i danni. Potrebbe essere anche l’ultima»

Mentre si animava il dibattito sulla reale necessità di accelerare le terze dosi e di vaccinare i bambini nella fascia 5-11 anni, il paventato arrivo di una nuova variante si è concretizzato con la fulminea entrata in scena della variante Omicron, scoperta per la prima volta dall’efficiente sistema di tracciamento/sequenziamento sud africano.

Tutti gli indici quotidiani (numero di ricoverati, terapie intensive e decessi) si riferiscono ancora sostanzialmente all’impatto della variante Delta, mentre il numero totale dei nuovi infettati annunciato ogni giorno è chiaramente formato in larga parte da infezioni “Omicron”.

Perché è importante definire l’impatto specifico delle due varianti, ammesso che la Delta coesisterà ancora a lungo con la Omicron?

Il quadro clinico sembra delinearsi come meno severo con la Omicron, ci si aspetta una riduzione dei ricoveri fino al 40% a fronte però di una infettività aumentata del 300%. Sarà importante capire se vi siano sostanziali differenze per tipologia di paziente, fascia di età e soprattutto status vaccinale. I primi risultati mostrano una sostanziale differenza di protezione verso le forme severe, più elevata per chi è stato vaccinato di recente e soprattutto per chi ha ricevuto la terza dose. La velocità di diffusione del virus deve quindi essere contrastata per consentire la somministrazione delle terze dosi ad una percentuale critica della popolazione.

Oggi i ricoveri riguardano nel 71% dei casi persone non vaccinate e sarà fondamentale accertare nei prossimi giorni di quale variante siano infettati i pazienti in ricovero ed in terapia intensiva. Questa informazione potrà far decidere se prepararsi ad un quadro tipo “Regno Unito” dove ipotizzano la rapida installazione di ospedali da campo o se la situazione italiana possa reggere meglio l’ondata. Elementi a favore sono un secco 10% in più di vaccinati, un 32% di vaccinati con tre dosi e la capacità organizzativa che ha rapidamente riportato le somministrazioni giornaliere oltre il mezzo milione, nonché la continuità del mantenimento di misure non farmacologiche (distanza e mascherine) e soprattutto l’introduzione precoce del green pass.

Elemento di debolezza è costituito invece dalla capacità diagnostica del sistema, basata fondamentalmente sull’uso dei test antigenici rapidi, eterogenei per esecuzione e qualità, al limite della sensibilità accettabile con la variante Delta (circa 20-30% di falsi negativi) ulteriormente peggiorata con la variante Omicron (falsi negativi fino al 40-50%). Sarebbe necessario eseguire test molecolari in maniera capillare e rapida ed il sequenziamento inizialmente della maggior parte dei ricoverati.

Non stiamo parlando della rete di sequenziamento coordinata dell’ISS, che ha altra funzione, ed è una rete di allerta e monitoraggio che ha funzionato bene riuscendo ad individuare la presenza di nuove varianti a livello dell’1-1,5% sul territorio. Quello a cui mi riferisco è il sistema periferico territoriale sul quale non si è mai investito per anni e non è stato rinforzato adeguatamente nemmeno in questo anno. Il tempo di incubazione di questa variante è di soli 2 o 3 giorni, il tempo di prenotazione e refertazione dei test molecolari in troppi casi è oramai ben oltre. Il sequenziamento è di pochi centri. In aggiunta i laboratori sono ingolfati da inutili test per il rilascio di un milione di green pass al giorno.

Le recenti misure sulla quarantena ed isolamento sembrano logiche rispetto al quadro clinico ed al tempo di incubazione tipici di un “ambiente Omicron”, ma scontano l’incertezza della coesistenza della Delta e la debolezza diagnostica. Il quadro socioeconomico richiede di non bloccare inutilmente le persone in isolamento e quarantena tagliando i tempi morti. In questo quadro si rischia tuttavia di avere una quantità di infettati simultaneamente, alimentati dalla inarrestabile virulenza della variante ed accelerata dalla quantità di falsi negativi. Il risultato netto è di ricreare la situazione di milioni di persone immobilizzate, questa volta dalla malattia.   

È verosimile che in due settimane il quadro si delinei da solo e ci chiarisca quali misure definitivamente adottare, sperando che non sia tardi. Senz’altro liberare energie sospendendo i tamponi inutili, rallentare la circolazione del virus riducendo i positivi non diagnosticati e incrementando i controlli sul super Green pass potrebbe mitigare molto l’impatto dell’ondata. L’obbligo vaccinale è un opzione da considerare: anche il Lancet ha pubblicato recentemente un importante editoriale che argomenta come non sia incompatibile con i diritti umani.

La Omicron è veloce, vale la pena di limitare i danni. Potrebbe essere anche l’ultima.

 

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