Salute 2 Aprile 2020 12:00

La difficile Giornata Mondiale dell’Autismo ai tempi del Coronavirus

Sono giorni duri per le famiglie delle persone con disturbi dello spettro autistico. De Martis (ANGSA): «Ci sono famiglie che stanno saltando, preparare Asl e istituzioni a scenari di straordinarietà». Bonsignori (FIA): «Non siete soli, ma ora dobbiamo capire se abbiamo lavorato bene» 

di Tommaso Caldarelli
La difficile Giornata Mondiale dell’Autismo ai tempi del Coronavirus

Quest’anno la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo si svolge nel pieno dell’emergenza epidemica da Coronavirus, e arriva dopo almeno 20 giorni di misure stringenti di contenimento sociale. Per tutti i cittadini la quarantena è una situazione fastidiosa e in grado di causare sofferenze; per le famiglie in cui è presente una persona autistica, può tramutarsi in un incubo. La parola non è usata alla leggera, ma è stata riportata a Sanità Informazione da Benedetta de Martis, la presidente dell’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici (ANGSA), raggiunta al telefono.

«I nostri ragazzi – spiega de Martis – hanno difficoltà a comprendere queste strane giornate, troppo lunghe, in cui sono privati delle routine che hanno saputo costruire solo con faticosi anni di impegno, loro e delle famiglie. Le notizie che ho variano da famiglia a famiglia. Ci sono nuclei familiari che stanno reggendo, soprattutto perché parliamo di famiglie dotate di forte equilibrio psichico e perché gli operatori dei Comuni, sanitari, scolastici, stanno trovando un modo per rimanere comunque vicini a questi ragazzi. Ci sono invece – continua la presidente – delle famiglie che stanno saltando. Penso a genitori stanchi, che vengono da anni e anni di una vita di reclusione, perché i nostri ragazzi spesso non possono uscire senza creare disagi. Penso a situazioni davvero tragiche, a ragazzi che non sanno fare nulla, che stanno fermi, che non reagiscono agli stimoli. Ci sono ragazzi che urlano e che sono aggressivi, altri che sono autolesionisti. In questi casi parliamo di un incubo, un incubo reale, e non ho paura a dire che è in queste situazioni che si possono generare le tragedie».

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La Fondazione Italiana per l’Autismo (FIA), ha confermato i suoi tradizionali appuntamenti anche in questa complicata fase di quarantena. «Attraverso i social media di FIA – si legge in una nota – in tanti avranno la possibilità di condividere il proprio quotidiano in questi tempi di Coronavirus, in cui il senso di solitudine, talvolta, di isolamento, che le famiglie di persone con autismo avvertono quotidianamente, aumenta enormemente, per ragioni di ordine pratico e di esigenze di vita quotidiana». Confermata anche la tradizionale iniziativa #URLO: le voci delle famiglie con un soggetto autistico si faranno sentire alle 16.00 dai balconi delle case; monumenti importanti ovunque si tingeranno di blu, il colore scelto dall’Onu per gettare la luce sul fenomeno dell’autismo.

«Mi convinco che il nome di questa giornata sia giusto. Ad acquistare sempre più valore soprattutto in questi tempi è la consapevolezza riguardo l’autismo», spiega Andrea Bonsignori, presbitero e responsabile delle scuole del Cottolengo in Italia, membro del board della FIA: «L’autismo come fenomeno sociale è una acquisizione molto recente, in un certo senso. Altre sindromi e disabilità sono per così dire visibili, a volte l’autismo viene invece confuso con la maleducazione, con la stranezza. Ci sono ragazzi che ti corrono ad abbracciare, prima non si capiva il perché di questi fenomeni, ora la consapevolezza sta aumentando e questo ha complessivamente aumentato la percezione dell’esistenza di persone autistiche. Ma non tutti i genitori e le famiglie sono ancora dentro le reti e le associazioni per l’autismo – continua don Bonsignori -. Quindi il consiglio che mi viene in mente per una famiglia che si sente sola in questi giorni è quello di ricordarsi che soli non si è. La seconda cosa che mi viene da dire è che questi giorni devono servire come spunto di riflessione per il futuro, soprattutto per noi operatori e per noi associazioni: è il momento di capire se abbiamo lavorato bene in questi anni, se abbiamo preparato questi ragazzi a una sufficiente autonomia».

La principale direzione d’azione resta quella rivolta alle istituzioni, continua però la De Martis: «Questa emergenza ci ha insegnato che serve preparare molto bene i Comuni e le Asl non solo all’ordinaria assistenza ma anche alle situazioni straordinarie. Qui non si parla di solidarietà spicciola, qui c’è un problema socio sanitario reale: pensate se uno dei nostri ragazzi avesse dei sintomi Covid, dovesse venir ricoverato e intubato. Sarebbe una situazione che non comprenderebbe, si arrabbierebbe, qualcuno finirebbe per spaccare tutto, bisognerebbe che venisse immediatamente sedato e sarebbe un problema per una struttura ospedaliera che ha già i suoi guai in questi giorni. Noi normodotati – conclude De Martis – non riusciamo ad immaginare vivere giorni e giorni in casa, figurarsi una persona autistica».

 

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