Salute 20 Gennaio 2022 10:42

Gimbe: «Frena l’incremento dei casi, aumentano i decessi»

Il monitoraggio Gimbe rileva un aumento delle ospedalizzazioni: +2.381 pazienti in area medica, +38 in terapia intensiva. «Inapplicabili e rischiose le richieste delle regioni di modificare le definizioni di caso e ricovero Covid-19 e di mantenere in servizio gli operatori sanitari positivi»

Gimbe: «Frena l’incremento dei casi, aumentano i decessi»

Il monitoraggio della Fondazione GIMBE rileva nella settimana 12-18 gennaio 2022 una stabilizzazione del numero di nuovi casi e un aumento dei decessi. Crescono anche i casi attualmente positivi, le persone in isolamento domiciliare, i ricoveri con sintomi e in misura minore, le terapie intensive. Nel dettaglio:

  • Decessi: 2.266 (+49,7%), di cui 158 riferiti a periodi precedenti
  • Terapia intensiva: +38 (+2,3%)
  • Ricoverati con sintomi: +2.381 (+14%)
  • Isolamento domiciliare: +425.598 (+20,1%)
  • Nuovi casi: 1.243.789 (+3%)
  • Casi attualmente positivi: +428.017 (+20,1%)

Allenta aumento ricoveri e terapie intensive ma ospedali ancora sotto pressione

«Nell’ultima settimana – dichiara Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – si è registrata una sostanziale stabilizzazione dei nuovi casi intorno a quota 1,2 milioni. Una frenata nazionale della curva che risente di situazioni regionali molto diverse». In 10 Regioni si registra un incremento percentuale dei nuovi casi (dall’1,4% della Provincia Autonoma di Trento al 159,6% della Puglia), in 10 una riduzione (dal -1,0% della Basilicata al -25,9% dell’Umbria), mentre la Liguria rimane stabile. I dati delle Regioni Emilia-Romagna, Liguria e Puglia risentono di consistenti ricalcoli avvenuti nelle ultime due settimane.

«Resta alta la pressione sugli ospedali – afferma Renata Gili, responsabile Ricerca sui Servizi Sanitari della Fondazione GIMBE – in cui i posti letto occupati da pazienti COVID continuano ad aumentare, seppur più lentamente: rispetto alla settimana precedente +14% in area medica e +2,3% in terapia intensiva». «In lieve flessione gli ingressi giornalieri in terapia intensiva – puntualizza Marco Mosti, Direttore Operativo della Fondazione GIMBE – la cui media mobile a 7 giorni scende a 141 ingressi/die rispetto ai 146 della settimana precedente». Crescono i decessi: 2.266 negli ultimi 7 giorni (di cui 158 riferiti a periodi precedenti), con una media di 324 al giorno rispetto ai 216 della settimana precedente.

L’obbligo spinge le prime dosi degli over 50 (+28,1%)

Si registra un lieve aumento dei nuovi vaccinati, che sono 510.742 rispetto ai 496.969 della settimana precedente (+2,8%). Di questi quasi la metà è rappresentata dalla fascia 5-11, che resta sostanzialmente stabile (n. 240.920; -3,2%), mentre la recente introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50 inizia a mostrare i primi effetti visto che in questa fascia anagrafica i nuovi vaccinati sono 128.96.

A partire dalla data di introduzione dell’obbligo vaccinale per gli over 50, la media mobile a 7 giorni dei nuovi vaccinati per questa fascia anagrafica è passata da 9.549 dell’8 gennaio a 19.845 il 15 gennaio per poi stabilizzarsi intorno a quota 18.500; nella fascia 5-11 anni dopo il picco di 38.624 registrato il 9 gennaio si è stabilizzata intorno a 35.000 nuovi vaccinati al giorno; stabile la fascia 20-49 e in leggero ma progressivo calo quella 12-19.

Vaccini e quarta dose

La European Medicines Agency (EMA) ha chiarito che, al momento attuale, non ci sono evidenze scientifiche a supporto della somministrazione di una quarta dose di vaccino anti-COVID-19 nella popolazione generale. Qualora in futuro i dati dimostrino la necessità di un richiamo annuale, questo potrà essere somministrato all’inizio della stagione invernale, come per il vaccino antinfluenzale. Una quarta somministrazione potrebbe essere presa in considerazione per le persone immunocompromesse che hanno ricevuto la terza dose come “dose aggiuntiva” a 28 giorni dal completamento del ciclo primario: tuttavia, nonostante per molti soggetti appartenenti a questa categoria siano già passati 4 mesi dalla dose aggiuntiva, né l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) né il Ministero della Salute si sono ancora pronunciati in merito.

Proposte delle regioni su gestione pandemia

«In uno scenario ancora critico – conclude Cartabellotta –  caratterizzato dall’elevata circolazione del virus e da una rilevante occupazione dei posti letto ospedalieri da parte dei pazienti COVID, le Regioni hanno messo sul tavolo varie proposte da discutere con il Governo, per semplificare la fase di convivenza con il SARS-CoV-2».

  • Modifica alla definizione di caso COVID-19: dal momento che la maggior parte delle persone positive al SARS-CoV-2 sono asintomatiche o paucisintomatiche, ma possono trasmettere il contagio, non è possibile, ai fini della sorveglianza dell’epidemia, modificare la definizione di caso COVID-19, includendo – come proposto dalle Regioni – solo chi, a fronte di un tampone positivo, è anche sintomatico.
  • Modifica alla definizione di ricovero COVID-19: la proposta delle Regioni di non considerare come pazienti COVID-19 i ricoverati per altra patologia a cui viene riscontrata una positività occasionale al SARS-CoV-2 è inapplicabile e rischiosa per varie motivazioni:
    • Cliniche: la COVID-19 è una malattia multisistemica che colpisce numerosi organi e apparati e definire lo status di “asintomaticità” è molto complesso, specialmente nei pazienti anziani con patologie multiple; inoltre, la positività al SARS-CoV-2 può peggiorare la prognosi di pazienti ricoverati per altre motivazioni, anche in relazione all’evoluzione della patologia/condizione che ha motivato il ricovero e alle procedure diagnostico-terapeutiche attuate.
    • Organizzative: la gestione di tutti i pazienti SARS-CoV-2 positivi, indipendentemente dalla presenza di sintomi correlati alla COVID-19, richiede procedure e spazi dedicati, oltre alla sanificazione degli ambienti. Di conseguenza, risulta molto difficile riorganizzare in tempi brevi la gestione degli “asintomatici” senza risorse aggiuntive, in particolare locali e personale.
    • Medico-legali e amministrative: la responsabilità di assegnare il paziente ricoverato ad una delle due categorie, con tutte le difficoltà e le discrezionalità del caso, è affidata al personale medico e alle aziende sanitarie.
  • Contact tracing: con l’attuale numero di positivi il contact tracing non è sostenibile né fattibile, né può contribuire in maniera efficace a rallentare la crescita dei casi. Se dunque è condivisibile l’obiettivo di alleggerire la pressione sui servizi sanitari territoriali, la proposta delle Regioni di riservarlo ai casi sintomatici non è basata su evidenze scientifiche, perché oggi l’elemento discriminante dovrebbe essere rappresentato dallo status vaccinale, dal momento che i vaccinati si infettano meno e, soprattutto, trasmettono meno il virus.
  • Scuole primarie: appare ragionevole la proposta delle Regioni che chiedono che, in caso di una positività in classe, in attesa del tampone T0 gli studenti rimangano presso il domicilio senza frequentare né la scuola, né le attività comunitarie. In caso di DAD, si suggerisce di valutare la possibilità di interrompere la quarantena per recarsi al centro vaccinale con mascherina FFP2 se al T0 si risulta negativi.
  • Operatori sanitari: nei primi 18 giorni di gennaio 2022 si sono registrati 36.143 nuovi casi tra il personale sanitario, quasi il triplo rispetto all’intero mese di dicembre 2021 (n. 12.664). Per fronteggiare questo problema, le Regioni chiedono di mantenere in servizio nei reparti COVID gli operatori sanitari positivi asintomatici, una proposta inapplicabile per tre ragioni. Innanzitutto, medico-legali, perché è in netto contrasto con la legge Gelli-Bianco che dispone di garantire la sicurezza delle cure integrando tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie. In secondo luogo, per motivi organizzativi: gli operatori sanitari potrebbero lavorare nei reparti COVID, ma senza poter accedere agli spazi comuni (spogliatoi, mensa, etc.). Infine, per evidenti risvolti pratici, visto che rischia di determinare una fuga dai reparti COVID da parte del personale sanitario non colpito dall’infezione.

 

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