Salute 2 Dicembre 2022 09:30

Galli: «Tutti dovrebbero fare la quarta dose. Al governo dico che la pandemia non finisce per decreto»

L’infettivologo, past president SIMIT, spiega: «Rassegnarci all’idea che comunque i nostri cittadini fragili debbano continuare a subire l’infezione in questi termini non può essere l’obiettivo accettabile». E aggiunge: «L’ultima vaccinazione induce la risposta immunitaria alle varianti B4 e B5 e ci dà la possibilità di fronteggiare meglio le eventuali nuove varianti in arrivo»

«La strategia del governo sul Covid non mi convince affatto. Non possiamo considerarla come una normale influenza: solo nel 2022 la malattia ha provocato 40mila vittime contro le 8mila vittime dell’influenza stagionale. Non è accettabile che siano i fragili a pagare il conto». Massimo Galli, immunologo e past president della SIMIT, Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, come sempre non usa mezzi termini per commentare le ultime iniziative del governo nel tema della lotta al Covid.

E torna a sottolineare il ruolo dei vaccini, che non sono riusciti a fermare la diffusione dell’infezione, ma hanno drasticamente ridotto i casi di malattia grave e decessi: «La quarta dose dovrebbero farsela tutti, la quinta devono farla soprattutto le persone che non hanno una condizione di salute e di competenza immunitaria sufficiente a garantire loro una protezione reale» spiega a Sanità Informazione. La minaccia arriva sempre dalle nuove varianti: «Solo Omicron – spiega Galli – ha prodotto in Italia oltre 17 milioni di infezioni. È stata estremamente diffusiva, capace di colpire e infettare».

Professore, dobbiamo abituarci a 80 – 90 decessi al giorno per Covid?

«Francamente non vorrei abituarmi mai a dati di questo genere e non vorrei abituarmi neanche a prese di posizione come “ormai dobbiamo trattarla come fosse una influenza”. L’influenza stagionale provoca circa 8mila decessi l’anno in Italia. Sono stati più di 40mila solo quest’anno i morti di Covid, molti di questi sono state persone molto simili a quelle persone uccise dall’influenza. Persone con altre malattie, comorbidità, cardiopatie, immunodepressione, broncopneumopatie. Rassegnarci all’idea che comunque i nostri cittadini fragili debbano continuare a subire l’infezione in questi termini non può essere l’obiettivo accettabile. L’obiettivo giusto è riuscire ancora di più a ridimensionare la portata della malattia».

Il vaccino si è rivelato uno strumento utile. Oggi chi deve fare il vaccino?

«Il vaccino evoca due tipi di immunità. Una anticorpale con la produzione di anticorpi e una di immunità cellulare. L’immunità cellulare è quella che ci ha salvato dalle imperfezioni del vaccino con l’impossibilità di garantire la copertura totale dall’infezione causata dal fatto che il virus corre, si trasforma, ha nuove varianti. Soltanto la variante Omicron, da quando è comparsa in Italia, ha indotto lei e le successive varianti del suo filone di sviluppo evolutivo oltre 17 milioni di infezioni solo in Italia. È stata estremamente diffusiva, capace di colpire e infettare. Da una parte il vaccino non riesce a proteggerci in maniera totale dalle infezioni dall’altro ha avuto un ruolo favorevole nei confronti nella malattia grave e mortale che sono crollate nel tempo in maniera evidente in termine di frequenza. Una parte delle persone che vengono vaccinate, soprattutto quelle immunodepresse, hanno una capacità di risposta vaccinale limitata ma anche in loro è provato che ripetuti challenge vaccinali riescono a garantire comunque una protezione maggiore. La quarta dose dovrebbero farsela tutti, la quinta devono farla soprattutto le persone che non hanno una condizione di salute e di competenza immunitaria sufficiente a garantire loro una protezione reale. Teniamo anche conto che l’ultima vaccinazione induce la risposta immunitaria alle varianti B4 e B5 e ci dà la possibilità di fronteggiare meglio le eventuali nuove varianti in arrivo».

La strategia del nuovo governo la convince?

«No, non mi convince. Non va bene una strategia che ritiene di chiudere per decreto o per convenzione una pandemia che non è finita».

 

 

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