Salute 20 Giugno 2023 17:05

Endocrinologi AME: «Obesità non dipende solo dal cibo, ma anche da confezioni»

L’attuale epidemia d’obesità non può essere spiegata più solo con lo sbilanciamento tra alimenti introdotti ed energia consumata. A giocare un ruolo importante sono anche i cosiddetti interferenti obesogeni, sostanze contenute in molti alimenti e oggetti di uso comune. L’allarme degli specialisti AME

di Redazione
Endocrinologi AME: «Obesità non dipende solo dal cibo, ma anche da confezioni»

Per contrastare l’epidemia di obesità in atto non dobbiamo fare solo attenzione agli alimenti che mettiamo nel piatto o alle bibite che versiamo nel bicchiere. Ma anche alle confezioni all’interno delle quali il cibo viene venduto. Le bustine che avvolgono le merendine, le bottiglie che contengono l’acqua, le vaschette e le pellicole in cui viene messa la carne: sono solo alcuni esempi di prodotti di uso comune, con cui entriamo a contatto ogni giorno, tra i responsabili della nostra esposizione ai «distruttori obesogeni». Si tratta dei cosiddetti interferenti endocrini, sostanze capaci di influenzare la normale attività del sistema endocrino, l’apparato che produce gli ormoni, e che si trovano praticamente ovunque intorno a noi. Non solo nel cibo e nell’acqua che beviamo, ma anche nell’aria che respiriamo, nei vestiti che indossiamo, nei detergenti con cui ci laviamo e così via. A puntare i riflettori sul ruolo dei «distruttori obesogeni» sono stati gli specialisti dell’Associazione Medici Endocrinologi (AME-ETS).

Gli interferenti endocrini interagiscono con i meccanismi responsabili dell’obesità

«I distruttori obesogeni hanno la capacità di interagire con i meccanismi che portano all’obesità a più livelli», spiega Vincenzo De Geronimo, coordinatore Commissione Farmaci AME. «Sono capaci di interferire con i centri regolatori della fame-sazietà, con il metabolismo degli zuccheri, con la biologia delle cellule adipose e di quelle muscolari, con il microbioma intestinale. E lo fanno – continua – entrando in competizione o in contrasto con gli estrogeni e gli androgeni e attivando recettori e vie enzimatiche legate alla crescita e proliferazione delle cellule del grasso. Effetti sono stati riscontrati anche sulle cellule del cervello». Negli anni le agenzie regolatorie hanno normato la progressiva riduzione dell’esposizione ambientale a molte di queste sostanze, quando non addirittura lo stop definitivo al loro utilizzo.

Aumentano le evidenze che legano gli interferenti endocrini con diverse patologie

Queste azioni sono state adottate all’interno delle democrazie occidentali e molto meno nei paesi con equilibri politici ed economici più fragili. «Ciò ha ridotto indubbiamente il nostro cosiddetto ‘inquinamento di prossimità’ – evidenzia De Geronimo – ma non ci protegge da forme di bioaccumulo e danno biologico conseguenti all’inquinamento ed alla contaminazione di cibi e oggetti di uso comune che si realizzano lontano da noi e che, successivamente, importiamo». La lista dei prodotti responsabili dell’esposizione dannosa agli interferenti endocrini si allunga man mano che la ricerca individua queste sostanze e ne dimostra il legame con i meccanismi responsabili dell’insorgenza di alcune patologie. Allo stesso tempo studi epidemiologici continuano a rivelare associazioni sempre più forti tra patologie e distruttori endocrini, rilevabili anche attraverso le urine.

L’impatto degli interferenti endocrini sull’obesità si tramanda alle generazioni successive

«L’attuale epidemia d’obesità non può essere spiegata più solo con lo sbilanciamento tra alimenti introdotti ed energia consumata o con il timing dei pasti – evidenzia l’esperto – ma è evidente che c’è qualcosa di più, che è legato all’inquinamento ambientale». Numerosi studi mostrano inoltre che i distruttori obesogeni possono avere effetti biologici delle generazioni successive: ci sono evidenze le quali dimostrano che le conseguenze dell’esposizione possono essere ereditate dai genitori. «È dunque fondamentale, per noi stessi e per le generazioni future mettere in atto una serie di comportamenti utili alla mitigazione del rischio», suggerisce De Geronimo. «Per ridurre l’esposizione agli inquinanti obesogeni si può ad esempio iniziare dal limitare il consumo di alimenti confezionati e dolcificati, preferendo quindi il consumo di cibi freschi e poco lavorati», conclude.

 

 

Iscriviti alla Newsletter di Sanità Informazione per rimanere sempre aggiornato

Articoli correlati
In Italia l’obesità uccide 4 volte in più degli incidenti d’auto
Nel nostro paese l'obesità è in aumento esponenziale e sempre più "killer", con un numero di morti all'anno 4 volte superiore a quello degli incidenti d'auto, e una previsione, entro il 2035, di 1 adulto italiano su 3 obeso. E' l'allarme lanciato dalla Società italiana di nutrizione umana per sensibilizzare sull'importanza della sostenibilità alimentare e sull'adozione di scelte alimentari corrette, in grado di agire positivamente sia sull'uomo che sul pianeta
Inquinamento: l’Emilia Romagna investe 154 milioni nel prossimo Piano dell’Aria
Malgrado le osservazioni critiche dell'opposizione, disco verde della commissione Politiche per la Salute dell'Emilia-Romagna al prossimo Piano dell'Aria (Pair 2030) proposto dalla giunta regionale per ridurre gli effetti dell'inquinamento
di V.A.
Obesità aumenta il rischio di un precursore del mieloma multiplo. Vitolo (Candiolo): “Fattore di rischio prevenibile”
Le persone obese hanno un rischio più alto di oltre il 70% più alto di sviluppare la gammopatia monoclonale di significato indeterminato, una condizione benigna del sangue che però può precedere il mieloma multiplo, un tumore delle plasmacellule. A scoprirlo è uno studio condotto dagli scienziati del Massachusetts General Hospital e pubblicato sulla rivista Blood Advances
Obesità: messa a punto pillola “vibrante” che induce lo stomaco a sentirsi pieno
Un gruppo internazionale di ricercatori ha messo a punto una pillola "vibrante" che, una volta ingerita, stimola le terminazioni nervose dello stomaco e comunica al cervello che è ora di smettere di mangiare
Clima pazzo e inquinamento aumentano il rischio di maculopatie senili
La crisi climatica e l’inquinamento atmosferico ad essa legato rappresentano un’urgenza anche per la salute dei nostri occhi,  che va ben oltre quella finora considerata di congiuntiviti e occhio secco. Uno studio canadese, il più ampio mai realizzato, pubblicato il mese scorso su Ophthalmic Epidemiology e condotto su 1,7 milioni di americani over 65, ha evidenziato una correlazione significativa tra maggiore probabilità di gravi problemi alla vista e temperature più elevate
di V.A.
GLI ARTICOLI PIU’ LETTI
Advocacy e Associazioni

Mieloma multiplo. Aspettativa di vita in aumento e cure sul territorio, il paradigma di un modello da applicare per la prossimità delle cure

Il mieloma multiplo rappresenta, tra le patologie onco-ematologiche, un caso studio per l’arrivo delle future terapie innovative, dato anche che i centri ospedalieri di riferimento iniziano a no...
Salute

Parkinson, la neurologa Brotini: “Grazie alla ricerca, siamo di fronte a una nuova alba”

“Molte molecole sono in fase di studio e vorrei che tutti i pazienti e i loro caregiver guardassero la malattia di Parkinson come fossero di fronte all’alba e non di fronte ad un tramonto&...
di V.A.
Politica

Il Nobel Giorgio Parisi guida l’appello di 14 scienziati: “Salviamo la Sanità pubblica”

Secondo i firmatari "la spesa sanitaria in Italia non è grado di assicurare compiutamente il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e l'autonomia differenziata rischia di ampliare ...