Professioni Sanitarie 30 Gennaio 2023 18:22

Prevenzione, Cavallo (Assistenti Sanitari): «La lotta al tabagismo parta dalle scuole. Il target è arrivare al 5% di fumatori»

La presidente della commissione di Albo degli Assistenti Sanitari Maria Cavallo spiega il ruolo della professione nelle campagne di prevenzione. E ricorda: «Siamo stati i primi professionisti a contatto con la popolazione quando abbiamo distribuito il vaccino anti polio». Sui no vax: «Devono essere oggetto di confronti diversificati perché ogni tipologia di scetticismo necessita un approccio diverso»

Prevenzione, Cavallo (Assistenti Sanitari): «La lotta al tabagismo parta dalle scuole. Il target è arrivare al 5% di fumatori»

«Per arrivare a un target ottimale, la popolazione fumatrice dovrebbe scendere al 5 per cento. La lotta ai tumori parte da qui». Maria Cavallo, Presidente della commissione di Albo nazionale degli Assistenti sanitari, dice la sua sul recente intendimento del ministro della Salute Orazio Schillaci di voler effettuare una stretta sul fumo anche negli spazi all’aperto. Il suo è un ragionamento a 360 gradi sul tema della prevenzione, a cui non sempre nel nostro Paese si dedicano le attenzioni necessarie.

Sul tema delle vaccinazioni, Cavallo ricorda quanto sia arduo convincere i ‘no vax’ e quanto occorra un approccio diversificato perché «ogni tipologia di scetticismo necessita di un approccio diverso». Gli Assistenti Sanitari, professione nata all’indomani della Grande Guerra, potrebbero svolgere un ruolo importante anche nelle scuole dove, però, «con la chiusura della medicina scolastica sono rimasti i colleghi che lavorano nei consultori dove portano avanti programmi di prevenzione nelle scuole sull’educazione sessuale e socio-affettiva».

Presidente, come si diventa assistenti sanitari? L’offerta formativa in Italia è sufficiente?

«Per diventare Assistente Sanitario occorre superare il test di ammissione e frequentare il corso universitario in Assistenza sanitaria, quindi conseguire la laurea triennale abilitante per l’esercizio della professione. In seguito, è possibile completare ulteriormente il proprio percorso formativo, accedendo alla Laurea magistrale in Scienze delle Professioni sanitarie della prevenzione, master di I e II livello o corsi di alta specializzazione, fino al dottorato di ricerca. Per lavorare come assistente sanitario occorrerà quindi iscriversi all’albo professionale degli assistenti sanitari facente parte della Federazione Nazionale degli Ordini dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione, FNO TSRM e PSTRP».

Che ruolo può giocare l’assistente sanitario nella riforma della sanità territoriale?

«L’Assistente Sanitario è da sempre un professionista della sanità territoriale, nasce infatti nel 1919 per andare presso le famiglie e le comunità, realizzando ante litteram la “medicina (e la prevenzione) di prossimità”. Oggi nell’ambito del DM 77/2022 non potrà che favorire ed essere protagonista dei principali nuovi modelli organizzativi territoriali, con attività di rilevazione dei bisogni socio-sanitari e delle diseguaglianza, attività di rete, di prevenzione e promozione della salute verso tutti i cittadini e in ogni fascia di età, privilegiando le caratteristiche competenze comunicative, divulgative e di consulenza. Noi nasciamo per lavorare sul territorio nel 1919: voglio ricordare che siamo stati i primi professionisti a contatto con la popolazione quando abbiamo distribuito il vaccino anti polio raggiungendo le case delle persone anche nelle sconfinate campagne».

Sulla prevenzione qual è la priorità secondo lei su cui bisogna intervenire?

«In Italia il quadro epidemiologico evidenzia chiaramente come l’invecchiamento della popolazione e il calo delle nascite comporti particolari attenzioni e strategie di intervento tese a migliorare la qualità della vita riducendo o ritardando l’insorgere di patologie croniche e prevenendo malattie acute e diffusive negli anziani, soprattutto quelli privi di supporto familiare. La promozione di sani stili di vita è strategica, e le attività di prevenzione primaria (es. vaccinazioni) o secondaria (es. screening) va perseguita anche attraverso moderne e innovative tecnologie (es. prevenzione digitale). Parimenti importante contribuire allo sviluppo di politiche e azioni a sostegno delle donne e delle famiglie per la genitorialità sicura e supportata».

La campagna più recente qual è stata?

«Sicuramente la campagna antinfluenzale. Sta continuando quella anti Covid-19 e l’antipneumococcica nei soggetti anziani».

Sulle vaccinazioni, a partire da quelle antinfluenzali, le campagne sono efficaci? Cosa si potrebbe fare per convincere gli scettici?

«Le campagne vaccinali sono fatte principalmente per tutelare in senso ampio le comunità, di cui le singole persone sono parte. Nel caso delle campagne antinfluenzali sappiamo che l’immunità di gregge da esse generate contribuisce a ridurre il numero dei decessi e non meno importante il numero dei ricoveri ospedalieri. Ciò vale anche per altre campagne come quella anti Sars-Cov2:  sappiamo che la protezione vaccinale del singolo non induce un’immunità di gregge per cui è necessario vaccinare una percentuale importante  della popolazione (85/90 % della popolazione). L’eradicazione di alcune malattie (poliomielite, tetano) è avvenuta perchè ogni singolo soggetto viene vaccinato grazie ai protocolli ministeriali e all’applicazione dei calendari vaccinali vigenti a livello regionale. Gli scettici ovvero gli “esitanti vaccinali” oppure i “no vax”, devono essere oggetto di confronti diversificati (ogni tipologia di scetticismo, ha un approccio diverso), tesi in primis ad iniziare e mantenere una relazione (comunicativa, fiduciaria, empatica). La medicina e quindi anche la prevenzione oggi si comunica mescolando sapientemente “narrazione e scienza”».

Le è mai capitato di doversi confrontare con un no vax?

«Per fortuna di rado, anche perché il fenomeno è emerso soprattutto negli ultimi anni. È difficile parlare con loro perché la loro è una ‘narrazione controcorrente’. Ho osservato che molto spesso queste persone dicono agli altri di non vaccinarsi ma loro sono vaccinati».

Il ministro Schillaci ha annunciato una stretta ulteriore sul fumo, anche negli spazi aperti. Come si fa prevenzione nella lotta al tabagismo?

«Il ministro sta riprendendo la norma del 2003, la legge Sirchia, l’articolo 51 deve essere rivisto. Il primo strumento deve essere quello del divieto, anche negli spazi aperti, come allo stadio. Dobbiamo considerare che la lotta ai tumori parte da qui. Ormai esiste un’ampia letteratura scientifica che dimostra come alle azioni di promozione degli stili di vita, e quindi l’educazione alla salute per comunicare i rischi derivanti dalla pratica del tabagismo, bisogna abbinare norme per  divieti “dissuasivi”. Tuttavia lo strumento normativo dissuasivo deve essere usato intelligentemente, per non creare paradossi: i divieti totali generano spesso effetti reattivi (come nel caso delle droghe, o come nei divieti storici contro gli alcolici). Gli Assistenti Sanitari hanno una grande esperienza di lotta al tabagismo, in particolare sui giovani, l’attività svolta nelle scuole  da decenni ne è un esempio. Per arrivare a un target ottimale la popolazione fumatrice dovrebbe scendere al 5%».

Nelle scuole lavorate ancora per promuovere la prevenzione?

«Con la chiusura della medicina scolastica sono rimasti i colleghi che lavorano nei consultori dove portano avanti programmi di prevenzione nelle scuole sull’educazione sessuale e socio-affettiva e continuano ad andare nelle scuole. Ma sarebbe importante che si riprendesse a lavorare a contatto con i ragazzi per responsabilizzarli sulle azioni da mettere in atto per la tutela della propria salute».

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