Lavoro e Professioni 4 Maggio 2022 17:41

PNRR e Case della comunità: la sanità privata non le vuole

Vietti (ACOP): «Le case e gli ospedali di comunità, senza un’adeguata programmazione degli investimenti, rischiano di diventare delle cattedrali nel deserto. Per rinforzare l’assistenza territoriale meglio investire sulle strutture sanitarie (private-convenzionate) già esistenti»

Dirottare i finanziamenti previsti dal PNRR dalla realizzazione di ospedali e case della comunità al restyling delle strutture (private-convenzionate) già esistenti. È questa la proposta lanciata dai vertici dell’Associazione Coordinamento Ospedalità Privata (ACOP) al Governo italiano, affinché il Piano di Ripresa e Resilienza non si trasformi in un’occasione persa per la sanità pubblica del Paese. «Le case e gli ospedali di comunità, senza un’adeguata programmazione degli investimenti, rischiano di diventare delle cattedrali nel deserto», spiega il presidente ACOP, Michele Vietti.

Case di comunità: cattedrali nel deserto

Il PNNR prevede la costruzione di quasi 1.300 case della comunità, circa una ogni 40-50 mila abitanti, entro il 2026. «Se è chiaro quanti soldi dovranno essere investiti per la costruzione di queste strutture sanitarie – continua Vietti -, non è altrettanto evidente quali professionisti vi lavoreranno e che tipologia di pazienti accederà. Gli investimenti previsti nella Missione Salute, la numero 6, del PNRR non sono accompagnati da alcuna programmazione di spesa e strategia complessiva, mancano finanziamenti per l’assunzione di nuovo personale e per la riorganizzazione del settore della prevenzione».

Chi pagherà i costi di gestione?

La costruzione è solo il primo passo. «Una volta realizzati, ospedali e case e della comunità andranno gestiti. E per farlo serviranno circa 3-4 miliardi all’anno», dice Emmanuel Miraglia, membro del comitato esecutivo Acop e presidente del gruppo Giomi. Ma gli ostacoli non finiscono qui: «Pur ipotizzando di riuscire a reperire i finanziamenti adeguati alla gestione di queste strutture sanitarie territoriali, chi vi lavorerà, considerando che in Italia c’è carenza sia di medici che di infermieri?», aggiunge Miraglia. Ci vorrà ancora qualche anno, almeno 4 o 5, prima che si possano raccogliere i frutti delle oltre 30 mila borse di specializzazione in medicina finanziate dall’attuale Governo. Fino ad allora i medici specialisti in Italia continueranno ad essere ancora troppo pochi.

Puntare sulla sanità privata

«Procedere ad un restyling delle strutture già esistenti è, nell’immediato, l’unica soluzione possibile», assicura Vietti. Si risolverebbero molti problemi in un’unica mossa: «I consigli regionali non litigherebbero più sul luogo migliore dove costruire nuove strutture sanitarie, si eviterebbe la realizzazione di edifici inutili che rischierebbero di restare vacanti e si avrebbe a la disponibilità immediata di personale già formato», aggiunge il presidente ACOP.

Governo-sanità privata: serve una strategia comune

«Negli ultimi dieci anni – continua Michele Vietti – abbiamo assistito a tagli per 33 mila posti letto, l’annullamento del relativo personale ospedaliero e ad una riduzione di 37 miliardi della spesa in sanità. Per questo, per garantire a tutti i cittadini italiani, in tutte le Regioni, pari accesso a cure e prestazioni, ci auguriamo che il Governo coinvolga il settore privato per elaborare una strategia comune e attuare le riforme dei modelli di salute previsti e garantiti dalla Costituzione. Non possiamo perdere la grande occasione offerta dal PNRR – conclude Vietti – di ridisegnare la sanità del nostro Paese in chiave moderna e di prossimità».

 

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