Contributi e Opinioni 27 Maggio 2022 09:26

Esame di Stato, i laureati in ottica e optometria continuano a essere discriminati

«Una rappresentazione plastica delle contraddizioni che attraversano il mercato del lavoro e delle professioni nel nostro Paese è quella che penalizza i laureati in ottica e optometria»

di Dott. Simone Santacatterina, Presidente Associazione Laureati in Ottica e Optometria - ALOeO

Si fa presto a dire che il Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) rilancerà il mercato del lavoro, aiuterà le nuove leve e valorizzerà le competenze scientifiche e le specificità professionali. La ripartenza post-Covid passa anche attraverso soluzioni ragionevoli che possano sbloccare situazioni pregresse e superare ataviche discriminazioni professionali. Ma si tratta di soluzioni che la politica deve adottare con determinazione, dimostrando di voler realmente incidere sul new deal che si sta cercando di inaugurare in tutti i campi dopo la pandemia.

Una rappresentazione plastica delle contraddizioni che attraversano il mercato del lavoro e delle professioni nel nostro Paese è quella che penalizza i laureati in ottica e optometria. Il prolungato ritardo nel definire le attività professionali di quell’ambito ai fini dell’esame di Stato sta mortificando le loro competenze, quelle dei giovani con meno di 5 anni di esperienza lavorativa e quelle dei liberi professionisti che sono esclusi dalla fase transitoria, che dura da quattro anni.

Come ha ricordato in più circostanze la Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici, a quattro anni dalla Legge 11 gennaio 2018, n.3 che disciplina le professioni di Chimico e Fisico, e prevede per le stesse l’aggiornamento delle attività professionali e l’esame di stato per i Chimici, e l’istituzione delle attività professionali e dell’esame di Stato per i Fisici, ad oggi non è stato ancora revisionato e\o modificato il d.p.r. n. 328/2001, che dovrebbe prevedere l’inserimento delle nuove professioni regolamentate e dei relativi titoli conseguibili al termine dei corsi di studio.

Il paradosso è che il Pnrr, anziché essere un volano per lo sblocco di annose criticità burocratiche come questa, rischia di diventarne la pietra tombale. La situazione attuale, che prevede nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza l’avvio di procedure concorsuali per inserimento di professionisti nelle Pubbliche Amministrazioni in attuazione del d.l. 09.06.2021 n. 80, sta esasperando le cose.

Infatti, l’esame di Stato per i fisici, nonostante le esortazioni degli addetti ai lavori e le dichiarazioni di apertura di diversi esponenti politici, non c’è ancora. I giovani laureati in fisica hanno quindi le ali tarpate, non potendo accedere al mondo del lavoro e partecipare anche a bandi di concorso pubblico. Come detto, rimangono fuori gioco anche quei laureati privi di 5 anni di esperienza a giugno 2018, che non hanno potuto beneficiare del periodo transitorio previsto dal dm 23.03.2018. Può sembrare un paradosso, ma sembra addirittura che questi liberi professionisti non abbiano diritto di cittadinanza nel mercato del lavoro. Infine, le stesse attività professionali dei professionisti fisici, approvate dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici, non sono state ancora definite.

Di qui la necessità, ora più che mai, di un intervento ai massimi livelli per far uscire dall’impasse l’intero settore. Il Ministero dell’Università e della Ricerca si attivi per tradurre in pratica la definizione delle attività professionali dei professionisti fisici e per istituire l’esame di Stato per l’accesso alla professione di fisico, con tempistiche precise.

La Federazione nazionale degli Ordini dei chimici e dei fisici è stata molto perentoria nel puntualizzare che tutti i fisici sono da considerarsi sanitari per legge. Inoltre, va sottolineato che l’iscrizione all’Ordine non è una scelta arbitraria o una forzatura, ma soltanto l’applicazione naturale della legge del 2018.

Superfluo evidenziare i danni che il permanere dell’attuale quadro di incertezza normativa arreca agli optometristi italiani nella concorrenza con i loro omologhi di altri Stati d’Europa, nei quali la loro figura professionale è pienamente riconosciuta, a differenza che in Italia.

A supporto del riconoscimento pieno e definitivo della figura dell’optometrista sono intervenuti anche i massimi organi giurisdizionali. La Cassazione ha chiaramente precisato che “la sfera di attività professionale consentita all’optometrista non deve essere definita con riferimento in negativo a quella consentita all’ottico, ma va ricondotta a una ricognizione in positivo dell’attività riservata al medico oculista”.

Va altresì menzionato il punto di vista del Consiglio di Stato, secondo cui “il provvedimento istitutivo del corso di laurea non incide sul piano delle competenze specifiche del medico oculista né crea indebite confusioni con l’attività sanitaria del medico”. “L’attività dell’optometrista – aggiunge inoltre il giudice amministrativo di secondo grado – non va confusa con quella, più limitata, dell’ottico, ma consiste nella misurazione della vista (anche attraverso strumenti più o meno sofisticati)”. Da queste posizioni si evince che i massimi organi giurisprudenziali hanno le idee chiare definendo gli ambiti di attività di tali professionisti, che ancora oggi aspettano il pieno riconoscimento.

Sanare questa anomalia appare ormai inderogabile e l’eccezionalità del periodo che stiamo vivendo ad ogni livello dovrebbe essere uno stimolo in più a rendere il quadro regolatorio delle professioni sanitarie più conforme alla legislazione, alla giurisprudenza e anche, perché no, al buon senso.

 

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