Ambiente 16 Marzo 2023 17:30

Pazienti “responsabili” raccolgono urine per ridurre inquinamento acque reflue ospedaliere

Con “Greenwater” l’IRCCS Policlinico San Donato raccoglie le urine donate dei pazienti che eseguono TAC e risonanza magnetica con contrasto e studia un modello virtuoso di recupero e riciclo per ridurre l’inquinamento del pianeta

Pazienti “responsabili” raccolgono urine per ridurre inquinamento acque reflue ospedaliere

Da un piccolo gesto di responsabilità dei pazienti in futuro sarà possibile limitare lo scarico di sostanze inquinanti presenti nei farmaci nelle acque reflue, e migliorare quindi le condizioni del pianeta. Con questo obiettivo e con l’intento di dimostrare che anche una piccola goccia nell’oceano può creare un modello virtuoso per ridurre l’inquinamento, è nato il progetto Greenwater presso l’IRCCS Policlinico San Donato di Milano.

Uno studio per monitorare l’immissione di sostanze di contrasto nelle acque reflue

Guidato dal professor Francesco Sardanelli, Ordinario di Radiologia presso l’Università degli studi di Milano e responsabile del Servizio di Radiologia del Policlinico San Donato; lo studio  ha arruolato ad oggi 350 pazienti che hanno eseguito TAC o risonanza magnetica con mezzo di contrasto, allo scopo di monitorare la quantità di iodio e di gadolinio presente nelle urine. «Il dato più interessante a poche settimane dall’avvio della ricerca, che proseguirà fino al prossimo mese di maggio, è la disponibilità mostrata dal 95 percento dei pazienti interpellati a fermarsi in ospedale circa mezzora in più al fine di raccogliere le urine e dare il via ad un processo di riduzione di immissione nelle acque reflue di mezzi di contrasto  per abbassare il livello di inquinamento del territorio – fa notare Sandanelli a Sanità Informazione – . Questo è un dato che riflette un elevato senso civico e una grande sensibilità della popolazione».

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Il recupero del 50 percento di iodio e  15 percento di gadolinio può  ridurre l’inquinamento

Da un punto di vista chimico questi elementi espulsi nelle ore successive alla somministrazione endovenosa, finiscono nelle acque reflue in modo incontrollato, potendo alterare delicati equilibri ecologici. «I primi risultati indicano che il piccolo “sacrificio” richiesto ai pazienti, può consentire di recuperare almeno il 50 percento dei mezzi di contrasto iodato e il 15 percento dei mezzi di contrasto a base di gadolinio. – riprende il coordinatore del progetto -. Ora stiamo valutando le possibilità di incrementare il dato per i mezzi di contrasto a base di gadolinio».

Modello virtuoso contro l’inquinamento da replicare con altri farmaci

L’attenzione si sposta dunque dallo studio su mezzi di contrasto di Tac e risonanza magnetica, a prodotti altamente inquinanti. «È un modello che potrebbe essere replicato con altri farmaci che danno luogo ad effetti ben più rilevanti di quelli dei mezzi di contrasto – suggerisce il responsabile dello studio Greenwater -. Si tratta dunque di creare un modello virtuoso da replicare in ambiti dove la concentrazione di farmaci è più elevata, come ospedali o RSA. Siamo solo all’inizio, ma le prospettive indicano che c’è la possibilità reale di invertire un trend che è accentuato dal progressivo invecchiamento della popolazione. Le grandi famiglie di malattie: cardiovascolari, oncologiche neurodegenerative (senza dimenticare la recente lezione della pandemia da Covid-19) imporranno importanti terapie farmacologiche».

In futuro un device sarà in grado di ridurre l’inquinamento delle acque reflue

Lo studio mira ad arruolare circa 800 pazienti, per poi valutare la possibilità di rendere la raccolta delle urine (oggi fatta con appositi contenitori) sistematica, installando dispositivi permanenti nei servizi igienici dedicati ai pazienti. «L’obiettivo finale potrebbe essere riciclare questi minerali in un circuito virtuoso di economia circolare – conclude Sardanelli – , tenendo anche presente che, se i costi di riutilizzo fossero compatibili, si avrebbero prospettive interessanti di natura economica».

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