Lavoro e Professioni 14 Luglio 2021 15:30

Processo trasfusionale, le buone pratiche per una maggiore sicurezza: checklist, microchip e simulazione

Esperti del settore hanno identificato e puntualizzato tutti gli elementi essenziali per una gestione più sicura del processo trasfusionale. Presentati oggi i risultati raccolti nella pubblicazione “Buone pratiche multidisciplinari nel processo trasfusionale - La sicurezza come obiettivo di sistema”
di Isabella Faggiano
Processo trasfusionale, le buone pratiche per una maggiore sicurezza: checklist, microchip e simulazione

Checklist più snella, microchip per tracciare il sangue raccolto e formazione del personale sanitario attraverso la simulazione dell’intero processo trasfusionale, possibili errori compresi. Sono queste le principali novità proposte dagli esperti del settore che, attraverso la pubblicazione, edita da Altis, “Buone pratiche multidisciplinari nel processo trasfusionale – La sicurezza come obiettivo di sistema”, hanno identificato e puntualizzato tutti gli elementi essenziali per una gestione sicura del processo trasfusionale. La pubblicazione, presentata oggi, è suddivisa in sei capitoli e lancia, per ogni tematica, alcune “buone pratiche”, elementi distintivi per un processo trasfusionale correttamente governato, nella logica di conoscenza, prevenzione ed anticipazione dei rischi connessi.

«È stato analizzato l’intero processo trasfusionale, dal donatore al ricevente – spiega Francesco Venneri, responsabile della struttura di Rischio Clinico dell’azienda sanitaria di Firenze, tra gli autori della pubblicazione -. Nonostante sia un processo ad alta affidabilità, che anticipa il rischio, l’attenzione non deve calare, soprattutto considerando che laddove subentra il fattore umano la possibilità di errore non potrà mai essere pari a zero».

L’errore umano

Grazie all’introduzione di checklist di sicurezza più snelle, il rischio di errore, attualmente già irrisorio, potrebbe ulteriormente calare. «Nell’ambito del processo emotrasfusionale per evento avverso si intende un potenziale danno causato al paziente (ricevente). Pur essendo episodi a bassissima frequenza hanno un’altissima visibilità», aggiunge Venneri. Basta inserire la parola chiave “trasfusione sbagliata” in un qualunque motore di ricerca online per rendersene conto. L’ultimo caso noto alle cronache risale al 2019: una donna di 84 anni ha perso la vita a causa dell’infusione di una sacca di sangue destinata ad un’altra paziente con lo stesso nome.

A cosa serve una checklist

La nuova checklist proposta ha lo scopo di evitare proprio questa tipologia di errori umani: non solo elimina tutti quei passaggi che gli esperti hanno ritenuto ridondanti e superflui, ma il suo utilizzo è previsto fino al letto del paziente (bed-side). «Le checklist – spiega Venneri – sono degli artefatti cognitivi che aiutano la mente umana, che per natura non è in grado di memorizzare tutto, a ricordare le varie fasi di un determinato processo. Quando una certa attività è svolta quotidianamente, come nel caso delle trasfusioni, può subentrare l’abitudine, non di rado responsabile del calo di attenzione. La checklist aiuta ad intercettare eventuali errori o dimenticanze, così da indurre l’operatore ad arrestare il processo in caso di dubbio».

L’introduzione dei microchip

La seconda proposta che arriva dagli esperti del settore per migliorare la sicurezza del processo trasfusionale è l’introduzione di tecnologie sempre più avanzate per l’identificazione e il monitoraggio delle sacche di sangue raccolte. «Un esempio può essere rappresentato dai microchip, qualcosa di simile alle tesserine elettroniche  presenti sulle tessere sanitarie – commenta Venneri -. Utili soprattutto nelle strutture sprovviste di supporti per la lettura dei bar code (la metodologia di tracciamento più diffusa), ma dotati di un lettore card elettronico».

La simulazione degli errori

La formazione continua è un altro importante capitolo della pubblicazione. «Proponiamo un modello di formazione mediante simulazione – dice Venneri – non solo dell’intero processo trasfusionale, ma anche di possibili eventi avversi. Tutta la simulazione viene videoregistrata e presentata in visione sia a coloro che vi hanno preso parte, sia al personale sanitario in formazione. Questa tecnica di apprendimento mediante simulazione è già utilizzata per l’implementazione della sicurezza nell’ambito del primo soccorso, e non solo, e garantisce un’assimilazione dei contenuti con un successo dell’85-95%».

Digitalizzazione, formazione, sicurezza, temi al centro della nuova pubblicazione sulle buone pratiche nel processo trasfusionale, sono argomenti presenti anche nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), la cui applicazione è la sfida più grande a cui si appresta il Sistema Sanitario Nazionale. «Non è un caso che le nostre proposte arrivino in questo particolare momento storico – sottolinea Venneri -. Speriamo, infatti, che questa lavoro possa essere d’aiuto nell’applicazione delle innovazione che il PNRR porterà anche nel processo emotrasfusionale».

 

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