Salute 27 Marzo 2023 13:14

Roma, Umberto I da tre anni senza Oncoematologia pediatrica. Il reparto ristrutturato dalle associazioni

VIAGGIO NELLE REGIONI | Continua nel Lazio il viaggio tra i disagi dei piccoli pazienti con patologie oncoematologiche e delle loro famiglie. All’Umberto I un reparto a misura di bambino chiuso dal 2020. Paolo Viti (FIAGOP): «Abbiamo investito tutto quello che avevamo e oggi ci hanno messo dentro un reparto di Gastroenterologia». Dal Policlinico romano assicurano che verrà riaperto presto
Roma, Umberto I da tre anni senza Oncoematologia pediatrica. Il reparto ristrutturato dalle associazioni

Sono passati nove anni da quei lavori di ammodernamento che avevano reso il reparto di Oncoematologia del Policlinico Umberto I di Roma un centro a misura di bambino e di famiglia. Quei lavori, finanziati in larga parte da alcune associazioni dei pazienti che hanno investito oltre 700mila euro, sono però stati utili solo fino al 2020 perché a causa, o con la scusa del Covid-19, il reparto è fermo da allora. La vicenda è la terza tappa, dopo Sardegna e Calabria, del viaggio nelle Regioni di Sanità Informazione tra i mille problemi di pazienti e famiglie alle prese con malattie oncoematologiche.

«Al momento dello scoppio della pandemia aveva un senso dirottare i bambini verso il Bambin Gesù – spiega Paolo Viti, vice presidente dell’associazione per la lotta contro i tumori infantili Io Domani e presidente della FIAGOP, Federazione Nazionale delle Associazioni di Genitori e Guariti di Oncoematologia Pediatrica -. Ma oggi, dopo tre anni, quella del Covid appare più una scusa. Al di là di tante promesse non si vede via di uscita e il reparto non riapre. Ci dicono sempre che stanno facendo i bandi per i dottori, ma ancora niente».

Un reparto di Oncoematologia a misura di bambino e di famiglie

Le associazioni avevano puntato molto su quel reparto. Alla fine degli anni ‘90 l’associazione “Io domani” aveva creato dieci stanze per i bambini ma c’era solo un bagno di servizio per 16-17 posti letto. La struttura richiedeva una ristrutturazione, un’opportunità che arriva nel 2014 grazie anche al sostegno di uno sponsor privato e a 300mila euro che arrivano dalla Regione Lazio. Così si fanno carico dei lavori pur di garantire ai piccoli una degenza in un ambiente rinnovato e moderno.

«Abbiamo demolito e rifatto tutto. La gara di appalto l’avevamo fatta noi, la direzione lavori la pagavamo noi così come il progetto ma nonostante questo abbiamo avuto mille problemi burocratici, soprattutto dalla Regione Lazio» spiega Viti. Alla fine, comunque, il risultato è quello sperato: il reparto viene arricchito con dieci posti letto, un’area gioco, camere con bagno privato con relativa cucina per le famiglie e una stanza adibita a scuola. Ora il rischio concreto è che la chiusura di Oncoematologia sia destinata a perpetuarsi nel tempo, nonostante le ampie rassicurazioni da parte della dirigenza del Policlinico Umberto I. «Abbiamo investito tutto quello che avevamo e oggi ci hanno messo dentro un reparto di gastroenterologia, non è accettabile», continua Viti. Della questione se ne sta occupando anche la politica nazionale: pochi giorni fa anche l’onorevole Marianna Ricciardi, medico e deputata M5S, ha visitato la struttura per rendersi conto della situazione.

Le tempistiche per la riapertura

Oggi dalla dirigenza del Policlinico assicurano che la riapertura avverrà entro fine estate, dopo che si era parlato di inizio 2023. «Adesso è scaduto il bando per assumere il primario ma ancora devono formare la commissione esaminatrice, occorreranno dei tempi tecnici per la riapertura» spiega il presidente FIAGOP. Ad oggi, tutti i bambini con patologie oncoematologiche del Lazio vengono mandati al Bambin Gesù, nonostante ci sia, pronta, un’alternativa di livello. «Il Bambin Gesù svolge un compito importante ma è importante che ci sia una struttura pubblica per i bambini. Di fatto, la Regione Lazio non ha più un’oncologia pediatrica. E l’Università La Sapienza non ha più una scuola di Oncologia pediatrica. Non ci sembra una situazione normale» conclude Viti.

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