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Prevenzione 12 Maggio 2023

Vipere, api, ragni e zecche. Cosa fare in caso di morsi e punture

I maggiori rischi per la nostra salute provengono da animali molto piccoli. Ecco come comportarsi per evitare conseguenze importanti

Più sono piccoli, più sono pericolosi. Non c’è dubbio che trovarsi faccia a faccia con un leone o uno squalo possa risultare un’esperienza molto traumatica e altamente rischiosa ma le possibilità che ciò accada sono, per fortuna, estremamente ridotte, almeno nel nostro Paese. Discorso diverso se una persona viene attaccata da animaletti a volte anche difficilmente visibili e che possono iniettare nel corpo umano delle sostanze molto dannose, se non letali. Con il paramedico Daniele Manno, istruttore di Remote e Military Life Support e responsabile scientifico del corso “Punture di insetti e morsi di serpenti: il primo soccorso” (presente sulla piattaforma Consulcesi Club), vediamo cosa andrebbe fatto nel caso di attacchi da parte di vipere, api, ragni e zecche.

Api e vespe

morsi e punture«Potrà sembrare strano – spiega Manno – ma gli animali più pericolosi per l’uomo che abbiamo in Italia sono anche i più piccoli. I nostri veri killer sono gli imenotteri, e dunque api e vespe». La più pericolosa tra tutte è la vespa crabro (comunemente conosciuta come calabrone).

La gravità della puntura dipende dalla sensibilità del soggetto, fino all’insorgere di una reazione allergica più o meno marcata. La dose letale media per un uomo è di 10 punture per chilogrammo di peso. Teoricamente, un adulto potrebbe sopportare dalle 500 alle mille punture ma in un soggetto allergico anche solo una puntura potrebbe essere fatale. L’azione del veleno è cumulativa nel tempo. Ciò vuol dire che il corpo umano non smaltisce mai completamente le tossine accumulate e potremmo non sapere quando potrebbe essere superata la soglia di tolleranza.

Gli effetti locali di una puntura sono dolore urente all’azione, arrossamento della parte e senso di calore, edema localizzato, ponfi e prurito. Per quanto riguarda gli effetti sistemici, parliamo di una reazione anafilattica con possibile prurito diffuso anche oltre la zona interessata, nausea, difficoltà respiratorie, angioedema, dolori addominali e vomito. Si può arrivare anche a ipotensione, perdita di coscienza, aritmie e, nei casi peggiori, al decesso.

Trattamento locale. Rimuovere il pungiglione con una lama smussata, un ago o un rasoio; non toccare mai il pungiglione con le dita e attenzione se, in mancanza di altro, si dovessero usare delle pinzette (qualora fosse ancora attaccata la sacca velenifera il rischio è quello di spremerne dentro la quantità rimasta); non grattare; disinfettare la parte con prodotti non colorati; applicare ghiaccio o impacchi freddi (mai a diretto contatto della cute); se riguardante un arto: tenerlo a un livello inferiore al cuore per rallentare la diffusione della tossina; eventuale applicazione di pomate antistaminiche e/o idrocortisoniche.

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Vipere

Cosa tener presente in caso di morso di vipera? «Innanzitutto – spiega Manno – che potrebbe non trattarsi di una vipera, in quanto morde molto raramente. In secondo luogo, potrebbe non aver inoculato abbastanza veleno». Si tratta di un complesso mix di tossine, proteine ed enzimi: tutte sostanze che servono a immobilizzare, uccidere e predigerire la preda.

La gravità della situazione dipende dalla sede del morso, tempo trascorso, temperatura ambiente, attività svolta dalla vittima dopo il morso, età del rettile, età e sesso della vittima (i bambini fino a 6-8 anni sono più  vulnerabili) e condizioni di comorbilità (i cardiopatici sono maggiormente a rischio).

Gli effetti locali di un morso di vipera possono arrivare rapidamente (dolore urente e bruciore severo, gemizio siero-ematico) o nel giro di poche ore (ecchimosi circostante, edema duro e dolente, petecchie e bolle emorragiche che si estendono lungo l’arto colpito, infezione nella zona del morso, necrosi tissutale).

Trattamento locale. Rimanere tranquilli (l’agitazione provoca l’attivazione incontrollata dei meccanismi di stress che provocano una più rapida diffusione del veleno); togliere anelli, orologi, bracciali e altro; lavare abbondantemente con acqua (Il veleno è idrosolubile); non disinfettare con alcol (forma composti tossici). Se il morso è sugli arti bisogna bendare e immobilizzare l’arto con benda elastica larga 7-10 cm e lunga anche 6-10 m, sia a monte che a valle della sede del morso, risalendo anche fino alla radice dell’arto. Se invece il morso si trova in altre parti del corpo è necessario posizionare un tampone sterile rigido sopra la zona morsa, comprimendolo con cerotto elastico adesivo, tenere la vittima immobile e prestare assistenza psicologica.

Ragni

«In Italia – spiega ancora Manno – esistono circa 1600 specie diverse di ragni ma solo due hanno una certa rilevanza: la Malmignatta (o Vedova nera) e il Ragno violino.  La prima specie è senza dubbio la più pericolosa: il suo morso può infatti avere effetti letali, anche se i casi fatali registrati sono comunque rarissimi e riguardano comunque categorie particolarmente a rischio, come bambini, anziani, soggetti cardiopatici e anche chi, non sapendo di avere una predisposizione rispetto alla tossina rilasciata dalla Malmignatta, potrebbe incappare in uno shock anafilattico».

In Italia si trova principalmente a Sud e nel Centro lungo la costa tirrenica, oltre che in Sardegna. Vive nei terreni brulli o vicino a muretti e sassi e raramente può costruire la sua tana vicino alle abitazioni. A causa delle piccole dimensioni (circa 15 mm nella femmina), il morso non è immediatamente doloroso. Nell’arco dei seguenti 30 minuti può provocare però papula erimatosa (che evolve in una più ampia lesione, a bersaglio con zona centrale biancastra), sudorazione e scialorrea, cefalea, nausea, vomito e fotofobia, difficoltà respiratorie, dolori addominali, del tronco e della schiena e sensazione di “morte imminente”. Per quanto riguarda invece il Ragno violino, possiede un potente veleno con effetto necrotizzante. Fortunatamente, però, questa specie inietta il suo veleno solo nel 30% dei morsi, e i suoi effetti più gravi, che possono sfociare nella necessità di amputare l’arto, emergono soltanto nei soggetti molto sensibili.

Trattamento locale. Valgono sempre i protocolli RACES e IRICE: pulizia e disinfezione della lesione, bendaggio compressivo ma senza perdere il polso a valle, ghiaccio, se riguardante un arto, tenerlo a un livello inferiore al cuore per rallentare la diffusione della tossina.

Zecche

«Purtroppo le zecche sono diventate un problema in Italia, in particolare al Nord – spiega Manno –. In Regioni come il Veneto e il Trentino esistono veri e propri vaccini per prevenire l’encefalopatia da zecca. Sono un problema perché possiedono un serbatoio pieno di patogeni differenti: a livello mondiale sono 28 mentre in Italia abbiamo 7 tipi di patologie che possono essere molto importanti». Queste sono: encefalite da zecca o TBE (scoperta in Italia nel 1994, causata da un  virus); malattia di Lyme (scoperta nel 1975), causata dal batterio borrelia; febbre ricorrente da zecche (correlata alla borreliosi); rickettsiosi (febbre esantematica trasmessa principalmente dalla zecca dei cani); tularemia; meningoencefalite da zecca; ehrlichiosi.

Il morso della zecca comporta solitamente una reazione locale confinata all’area cutanea interessata. A livello sistemico, a seconda della patologia trasmessa, si potranno avere: cefalea, febbre con brividi, dolori muscolari, dolore addominale, nausea e vomito, eritema progressivo, esantema petecchiale, paralisi

Trattamento locale. La zecca deve essere afferrata con una pinzetta a punte sottili o a “piede di porco” il più possibile vicino alla superficie della pelle e rimossa tirando dolcemente verso l’alto ma senza esitazione.

Attualmente  si possono trovare in commercio degli specifici estrattori che permettono di rimuovere la zecca  con un movimento verticale. Spesso il rostro rimane all’interno della cute. In questo caso deve essere estratto con un ago sterile. Evitare di toccare a mani nude la zecca nel tentativo di rimuoverla. Le mani devono essere protette da guanti e poi lavate. Dopo la rimozione si suggerisce di effettuare la profilassi antitetanica. Annotare la data di rimozione e osservare la comparsa di eventuali segni di infezione o anomalie nei successivi 30-40 giorni. Potrebbe essere utile conservare la zecca in un recipiente ermetico per un eventuale esame.

 

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