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Il dolore alla spalla è una condizione molto frequente. Ma quando allarmarsi?
La tendinopatia, che spesso causa dolore alla spalla, ha un’alta incidenza e un forte impatto sia sulla popolazione anziana che sui giovani adulti impegnati in attività sportive o lavorative definite overhead. Le problematiche legate alla spalla si manifestano con dolori che disturbano il sonno notturno e, nelle forme più gravi, possono determinare limitazioni funzionali rilevanti.
Abbiamo approfondito la questione con il dottor Alberto Scarchilli, Medico Chirurgo specialista in Ortopedia e Traumatologia e responsabile scientifico del corso Fad “Guardarsi le spalle. Diagnosi, terapia e riabilitazione della tendinopatia della cuffia dei rotatori” del provider ECM di Consulcesi Club Sanità in-Formazione.
«La patologia della spalla purtroppo è molto frequente quindi può capitare, nel corso degli anni, di sentire dolore – spiega il dottor Scarchilli a Sanità Informazione-. L’allarme parte quando il dolore non solo diventa acuto e non gestibile con i farmaci ma soprattutto persistente, durevole oltre la settimana». Il consiglio è rivolgersi al medico di base come primo approccio: «Valuterà se è il caso di procedure con i primi accertamenti o, a seconda della problematica, affidare il paziente ad uno specialista».
Ci sono diverse problematiche che possono portare ad una tendinopatia della spalla, il disturbo più frequente che interessa una grande fetta della popolazione. «Per fare due grandi distinzioni possiamo dire che quella del giovane è più legata al gesto sportivo o a un’attività lavorativa pesante. Mi riferisco alle attività definite overhead, con il braccio sollevato ripetutamente, pensiamo ad un imbianchino ad un agricoltore che fa potature – specifica l’esperto -. Nell’anziano, purtroppo, il dolore può essere spontaneo perché la patologia avviene per un problema di tipo degenerativo».
In ambito lavorativo, ci sono alcune accortezze da seguire, come «muoversi ad un’altezza che impedisca quell’arco di movimento al di sopra del gesto lavorativo». Negli sportivi, la situazione è complessa così come nell’anziano, perché «ci riferiamo a un problema di tipo degenerativo legato all’età, parafisiologico».
I trattamenti terapeutici non chirurgici possono essere di tipo farmacologico o infiltrativo. «Si tratta di primi approcci – prosegue il chirurgo – che devono essere sempre suggeriti dai MMG. Noi consideriamo come cut off l’eventualità di una chirurgia dopo un’accurata diagnosi di tipo radiologico e per imaging e una tempistica dai tre ai sei mesi È chiaro che, se il paziente cade e ha un trauma, si procede con un trattamento d’urgenza» conclude.
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