«Con la circolazione del virus nel mondo, una seconda ondata in autunno in Italia è possibile e bisogna arrivare preparati». È questo il monito dell’Associazione italiana di epidemiologia (AIE) per cui «l’entità dei picchi dipenderà dalla capacità di rispettare le misure individuali e collettive di protezione, dalle attività di monitoraggio quotidiano del SSN e dalla capacità di garantire tempestivamente l’individuazione dei casi, il tracciamento dei contatti e l’isolamento dei sospetti».
Le raccomandazioni dell’AIE
Dopo un’indagine sulle criticità emerse durante la gestione delle fasi 1 e 2 dell’epidemia da parte delle Asl, l’AIE ha stilato un elenco di raccomandazioni da attuare per essere pronti a fronteggiare un’eventuale ripresa dell’epidemia:
- attivare procedure operative per le componenti della sorveglianza epidemiologica, al fine di uniformare in tutto il Paese la raccolta dei dati;
- garantire interoperabilità dei sistemi informativi regionali non solo tra Regioni, ma anche con sistemi informativi intra-regionali;
- adeguare alla nuova fase le piattaforme di sorveglianza, per consentire di raccogliere le informazioni necessarie a descrivere le nuove catene di contagio;
- potenziare la rete di sorveglianza sindromica (sintomi influenzali) su base nazionale, basata sui medici di medicina generale, i pediatri e gli accessi al Pronto Soccorso;
- potenziare il profilo strutturale e tecnologico dei Dipartimenti di Prevenzione, per assicurare il mantenimento dei sistemi di monitoraggio quotidiano dei casi ed il mantenimento delle attività di contact tracing;
- predisporre una comunicazione rapida, chiara ed efficace delle misure dell’andamento epidemico;
- esplorare metodi innovativi di identificazione precoce di focolai (es clusters spazio-temporali), in modo da consentire ai Dipartimenti di Prevenzione uno spegnimento immediato, attraverso tracciamento, isolamento fiduciario e quarantena;
- potenziare le capacità diagnostiche in modo da garantire un’ottimale e omogenea risposta laboratoristica e un supporto alla ricerca clinica;
- potenziare le attività di formazione per la medicina territoriale;
- predisporre attività di sorveglianza e screening delle popolazioni ad alto rischio, attraverso una combinazione di sierologia e tamponi virologici (considerato che entrambi i metodi presentano limiti di sensibilità e specificità, è da studiare immediatamente la migliore combinazione e frequenza di applicazione nelle diverse popolazioni – RSA, personale ospedaliero, altre popolazioni a contatto con il pubblico come gli insegnanti – ed è anche urgente sottoporre ad analisi critica gli sviluppi tecnologici riguardanti i test virali sulla saliva);
- favorire l’accesso ai dati della sorveglianza nazionale alla comunità scientifica;
- mantenere tutte le misure igieniche e comportamentali (distanziamento, mascherine, sanificazione) con campagne informative, mirate a presentare le misure di contenimento dell’epidemia come misure di protezione dei più vulnerabili, in particolare gli anziani;
- monitorare la disponibilità di dispositivi individuali di protezione.
Il tracciamento dei contatti per il controllo dei focolai
«Le misure sin qui realizzate – conclude AIE – rendono evidente che il riconoscimento tempestivo e l’interruzione precoce delle catene di contagio rappresentano la risposta più efficace per la protezione della popolazione: il tracciamento dei contatti è un’attività essenziale per il controllo dei focolai e la prevenzione di seconde ondate epidemiche. Su queste attività devono concentrarsi gli sforzi di investimento e adattamento del sistema, insieme al supporto alle attività di ricerca scientifica, anche per promuovere soluzioni alternative al lock-down, misura sociale estrema e dannosa per l’economia, nel caso in cui la recrudescenza dell’epidemia porti a un numero importante di casi».
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