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Malattie e terapie 15 Dicembre 2023

Medicina nucleare: potenzialità, limiti e prospettive dei radiofarmaci

Garante della qualità e sicurezza delle preparazioni radiofarmaceutiche è il radiofarmacista. Quali sono le sue mansioni e le sue responsabilità

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Le moderne tecniche di medicina nucleare si collocano in una posizione di spicco nell’ambito dell’imaging molecolare, sfruttando appieno le potenzialità offerte dai radiofarmaci. Questi ultimi fungono da ponte tra le acquisizioni della biologia molecolare, genetica, farmacologia e molte altre discipline, consentendo la trasformazione di tali conoscenze in immagini diagnostiche utili per la gestione delle malattie nei pazienti.

Recentemente, si è assistito a significativi progressi nello sviluppo di radiofarmaci in grado di esercitare un potere citotossico altamente mirato, rendendoli strumenti efficaci nel trattamento di diverse tipologie di tumori. Questo settore mostra una crescita costante e promettente.

In ambito clinico, la medicina nucleare fa uso di radiofarmaci ottenuti sia da fornitori commerciali che preparati internamente presso strutture ospedaliere pubbliche. I radiofarmaci sono diversi dai farmaci convenzionali sotto molti aspetti: la caratteristica principale è legata al tempo di dimezzamento del radionuclide opportunamente scelto, che ne limita le manipolazioni e il periodo di utilizzo e al tipo di decadimento radioattivo.

Il decadimento radioattivo impedisce la conservazione a lungo termine dei radiofarmaci, rendendo imperativo prepararli immediatamente prima della somministrazione al paziente o entro un intervallo di tempo compatibile con l’emivita fisica del radionuclide. Questa caratteristica esclude la possibilità di gestire scorte di magazzino come avviene per i farmaci convenzionali.

Gli operatori del settore comprendono l’importanza cruciale della logistica, considerandola uno dei fattori determinanti per garantire la disponibilità del radiofarmaco corretto, al momento opportuno, nella quantità adeguata e nel luogo giusto, a vantaggio dei pazienti. La gestione efficiente di questa catena logistica diventa quindi essenziale per assicurare un’adeguata risposta alle esigenze cliniche.

I radiofarmaci

Come spiegato nel corso FAD “Radiofarmaci: quadro normativo e responsabilità professionale” (responsabili scientifici: Maria Sole Giurin e Stefano Palcic, dirigenti farmacisti), presente sulla piattaforma Consulcesi Club (6 crediti ECM), conformemente alla normativa europea, in particolare la direttiva 2001/83/CE, i radiofarmaci destinati alla distribuzione commerciale devono ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) prima di essere introdotti sul mercato. Tuttavia, la disponibilità di questi prodotti, comunemente noti come “pronti per l’uso”, è limitata per diversi motivi. Uno di essi è rappresentato dall’emivita, talvolta breve o brevissima, che impedisce la distribuzione di alcune tipologie di radiofarmaci oltre una certa distanza dal luogo di produzione. Inoltre, per alcuni di questi prodotti, manca spesso l’interesse dell’industria nel loro sviluppo a fini registrativi, poiché sono destinati a un mercato potenzialmente limitato. Questo è dovuto al fatto che, nonostante il grande potenziale clinico, il mercato dei radiofarmaci rappresenta attualmente meno dell’1% dell’industria farmaceutica globale. Tuttavia, nuove opportunità si profilano, soprattutto nel campo terapeutico.

Contemporaneamente, l’enorme potenziale diagnostico e terapeutico di questa categoria di medicinali, unitamente alla scoperta di nuove molecole con applicazioni sempre più mirate ai target e ai meccanismi biologici sottesi a molte patologie, ha visto crescere il ruolo degli ospedali nella gestione delle preparazioni estemporanee di radiofarmaci. Questo è stato agevolato anche dalla pubblicazione di specifiche monografie nelle Farmacopee, che hanno reso disponibili opzioni di trattamento altrimenti inaccessibili ai pazienti.

Le produzioni di radiofarmaci in ambito ospedaliero rappresentano il risultato della storia del loro sviluppo, originandosi non tanto dall’industria farmaceutica quanto piuttosto dai laboratori di ricerca, dalle cliniche ospedaliere e dalle università. Queste istituzioni hanno promosso anche lo sviluppo di radiofarmaci innovativi. Quasi tutte le recenti importanti scoperte cliniche in medicina nucleare degli ultimi dieci anni, culminate nel successo della teragnostica, si sono basate sull’uso di preparazioni in ambito ospedaliero di questi prodotti. È solo nel caso in cui un nuovo radiofarmaco dimostri un potenziale tecnico (con emivita e stabilità compatibili con la distribuzione su larga scala) e clinico tale da giustificarne la produzione e la distribuzione commerciale che le aziende farmaceutiche intervengono, fornendo finanziamenti per ulteriori studi clinici oltre alla fase 0/fase I.

Le produzioni ospedaliere di radiofarmaci rappresentano quindi prima ancora che una realtà, una necessità. Le radiofarmacie ospedaliere sono autorizzate, per effetto delle specifiche autorizzazioni rilasciate, alle produzioni di:

  1. radiofarmaci preparati al momento dell’uso a partire da generatori, kit o da radiofarmaci precursori per i quali sia stata rilasciata l’AIC, in base a quanto previsto dall’articolo 7 del D.Lgs. 219/2006;
  2. “galenici magistrali”, preparati sulla base di una prescrizione medica e destinati a un determinato paziente, disciplinati dalla Legge 8 aprile 1998, n. 94;
  3. “galenici officinali”, preparati sulla base delle indicazioni di una monografia della Farmacopea Europea o nazionale.

Il ruolo del radiofarmacista

La complessità crescente delle attività connesse alla preparazione dei radiofarmaci ha reso necessario attribuire a figure dotate di un differente profilo di specializzazione rispetto a quello presente tradizionalmente nei reparti di Medicina Nucleare le responsabilità delle attività e dei processi: in tal senso il radiofarmacista è divenuto figura cardine che negli ultimi anni sta trovando un pieno riconoscimento.

All’interno dell’organigramma nominativo e funzionale di una struttura di Medicina Nucleare il farmacista è spesso identificato come una delle tre figure responsabili definite dalle NBPMN, ovvero:

  • Responsabile per le operazioni di preparazione;
  • Responsabile per i controlli di qualità;
  • Responsabile dell’assicurazione della qualità.

In particolare, è in quest’ultimo ruolo che la figura del radiofarmacista sembra trovare il suo migliore inquadramento.

Il radiofarmacista, come garante della qualità e sicurezza delle preparazioni radiofarmaceutiche:

  • Gestisce la filiera di preparazione e controllo di qualità, secondo le istruzioni del fabbricante e/o della Farmacopea Ufficiale (Italiana e/o Europea) in conformità con le NBP-MN, garantendone la tracciabilità e la raccolta e archiviazione dei dati e gestendo eventuali deviazioni e scostamenti procedurali e analitici.
  • Gestisce l’approvvigionamento dei radiofarmaci e delle materie prime tenendo conto del parametro “tempo”, che ha un ruolo fondamentale nelle fasi di preparazione in virtù del decadimento del radionuclide.
  • Vigila sul corretto uso e promuove l’ottimizzazione dell’uso delle risorse, favorendo per esempio la rotazione delle scorte.
  • Redige istruzioni operative specifiche per preparazione e controllo di qualità.
  • Supporta il medico nella valutazione dell’appropriatezza prescrittiva, secondo le indicazioni regolatorie/legislative vigenti.
  • Può fornire un valido aiuto per la valutazione delle possibili interferenze tra farmaci assunti dal paziente e radiofarmaci, coniugando le necessità diagnostiche con prodotti che, nell’ambito della medesima categoria, offrono vantaggi rispetto alle specifiche esigenze del momento, individuandone il corretto uso e le possibili associazioni farmacologiche.
  • Contribuisce alla realizzazione di studi di ricerca su nuovi radiofarmaci e partecipa nella gestione di studi clinici sperimentali.

Differenze regionali

L’ampia variabilità regionale (CV 47%), simile al 2021, è particolarmente evidente considerando la differenza riscontrata tra il valore massimo di spesa pro capite registrato in Basilicata, pari a 3,06 euro (+6,1% rispetto al 2021) e quello minimo osservato in Sardegna (0,64 euro, con una differenza di quasi 5 volte), in aumento del 10,6% rispetto all’anno precedente. Le uniche Regioni che mostrano contrazioni della spesa superiori al 20% in confronto al 2021 sono Liguria e Valle d’Aosta, mentre l’Abruzzo registra incrementi di oltre il 50% e un costo medio che è aumentato di oltre il 100%. Le Regioni del Nord (1,20 euro) e quelle del Centro (1,31 euro) osservano una spesa maggiore rispetto a quelle del Sud e Isole (1,15 euro) in aumento del 4,6%. La regione col costo medio più elevato è il Veneto (760 euro), di 3,5 volte superiore a quello della Sicilia (226,63 euro).

Prospettive future dei radiofarmaci

Il pieno riconoscimento degli operatori che operano nelle radiofarmacie ospedaliere rimane un punto cruciale che merita un dibattito così come la necessità di uniformare le linee guida e facilitare così l’interfaccia ospedale/industria, tenendo conto anche del rapido sviluppo del settore, sia in termini di progressi tecnici (per esempio, nuovi radionuclidi, nuove tecnologie per la produzione automatizzata) sia nell’utilizzo di nuovi bersagli clinici rilevanti in molti campi e sviluppando ulteriormente approcci di medicina personalizzata. La specificità della preparazione ospedaliera dei radiofarmaci continua a rappresentare dunque una pratica essenziale per la medicina nucleare.

La chiave del successo della radiofarmacia dipende fortemente dall’armonizzazione regolatoria a livello europeo. I futuri cambiamenti nella legislazione europea dovrebbero considerare la necessità della preparazione in loco dei radiofarmaci, garantendo qualità e sicurezza con standard armonizzati e regole dedicate che tengano conto delle particolari esigenze di questa pratica. Questo successo, a beneficio dei pazienti, può essere raggiunto solo con il pieno coinvolgimento dei diversi attori coinvolti a vari livelli nella produzione, approvazione, gestione ed uso clinico dei radiofarmaci.

 

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