Il peso della burocrazia amministrativa che grava ogni giorno sui medici impatta sul tempo e sul benessere dei professionisti, generando inefficienze e costi evitabili, e può compromettere la qualità della relazione con il paziente. Pur senza intaccare la qualità delle cure, secondo l’indagine nazionale “Oncology and the Administrative Burden: an Italian Survey”, circa il 40% del tempo lavorativo degli oncologi è oggi assorbito da compiti amministrativi. Mentre la ricerca e le scoperte terapeutiche avanzano come mai accaduto negli ultimi cinquant’anni, cresce parallelamente la mole di compiti burocratici che rallenta l’attività clinica. Promossa da ISHEO, La Lampada di Aladino-ETS e CIPOMO, l’indagine ha coinvolto circa 200 oncologi. I risultati sono stati presentati oggi a Firenze, nel corso del XXIX Congresso Nazionale del CIPOMO.
Il profilo dei partecipanti alla survey racconta una categoria solida e altamente qualificata: l’età media si attesta sui 48,9 anni, con una distribuzione bilanciata fra i diversi contesti ospedalieri. Quasi sei oncologi su dieci operano in Unità dotate di letti di degenza ordinaria, segno di un’attività assistenziale intensa e continuativa. “La giornata tipo di un oncologo non si esaurisce nella diagnosi e nella terapia”, spiega Luisa Fioretto, presidente del CIPOMO e direttore Dipartimento Oncologico AUSL Toscana Centro. “Tra le attività cliniche si aggiungono anche la partecipazione ai team multidisciplinari, la formazione continua, l’attività di ricerca e la presenza a conferenze scientifiche. Un quadro – continua – che testimonia l’impegno globale richiesto a chi si occupa di malattie oncologiche“.
Accanto a questi compiti ad alto valore clinico, cresce il tempo speso in attività amministrative, spesso lontane dalla missione primaria di cura: la modulistica (richieste alla farmacia ospedaliera, alle autorità regionali e nazionali), ritenuta gravosa dal 79% degli oncologi, la gestione dei guasti informatici (61%), la compilazione e gestione dei dati clinici (56%). “Tutte queste attività – aggiunge Davide Petruzzelli, autore dello studio, Oncology Patient Advocate e presidente de La Lampada di Aladino ETS – che insieme a molte altre potrebbero essere delegate, oggi impattano soprattutto sull’attività clinica e sul tempo di relazione con il paziente. Il 62,5% degli oncologi richiede più tempo per la comunicazione con il paziente, anche alla luce di una sua sempre maggiore consapevolezza e partecipazione nelle scelte terapeutiche”.
“La relazione di cura, quella che dà senso al lavoro medico, ne esce indebolita”, precisa Monica Giordano, segretaria CIPOMO e direttore Struttura Complessa di Oncologia all’Ospedale Sant’Anna di Como. “Eppure, una parte significativa di questo fardello potrebbe essere trasferita a personale amministrativo o tecnico. Un intervento praticabile, che restituirebbe tempo alla clinica e migliorerebbe l’efficacia complessiva del sistema, consentendo al medico – continua – di dedicarsi pienamente al proprio ruolo. Soprattutto, di poterlo fare negli orari previsti, senza essere costretto ad accumulare ore di straordinario”.
Ma il peso amministrativo lascia il segno anche sulla salute psicologica degli oncologi. “Lo stress continuo e la sottrazione di senso alla propria attività alimentano il rischio di burnout“, sottolinea Rosarita Silva, presidente del congresso e tesoriere CIPOMO, oltre che direttore SC Oncologia medica all’Ospedale di Fabriano (AN). “Si tratta della sindrome da esaurimento professionale riconosciuta a livello internazionale (ICD-11), definita come una combinazione di esaurimento energetico, distacco emotivo dal lavoro e perdita di efficacia personale. Un campanello d’allarme che non può essere ignorato”, aggiunge.
In un settore come l’oncologia ad alto impatto psicosociale, l’attenzione alla qualità dell’esperienza lavorativa dei collaboratori assume carattere strategico. “Il benessere dei nostri pazienti passa anche attraverso il benessere dei nostri professionisti – conclude Fioretto – e il burden amministrativo è un problema che riguarda l’intero sistema sanitario anche in termini di appropriatezza di impiego dei diversi profili professionali, generando ulteriori costi evitabili. Delegare, riorganizzare, semplificare i processi è oggi una necessità imprescindibile per sostenere l’oncologia del futuro”.
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