Salute 15 Luglio 2014 15:32

La spesa sanitaria privata fa i conti con la crisi: gli italiani rinunciano alle cure

Il rapporto Censis – Unipol registra un brusco calo del 5,7% in un solo anno. Italia “cenerentola” in Europa per il ricorso alle assicurazioni integrative

La spesa sanitaria privata fa i conti con la crisi: gli italiani rinunciano alle cure

A forza di stringere i cordoni dalla borsa è rimasta fuori anche la spesa sanitaria privata. Neppure il welfare familiare si salva da una crisi che continua a non dare scampo, nonostante l’orizzonte di speranze tratteggiato da politici ed economisti.

Il rapporto 2014  “Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali” di Censis e Unipol ha però dipinto un quadro preciso quanto allarmante, facendo registrare un brusco calo del 5,7%: nell’ultimo anno il valore pro-capite della spesa sanitaria privata si è ridotto da 491 a 458 euro all’anno e le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare complessivamente a 6,9 milioni di prestazioni mediche private.

Dati che non possono essere sottovalutati perché il sistema di offerta di servizi di diagnostica e cura, farmaci, ricerca in campo medico e farmacologico, tecnologie biomedicali, servizi di assistenza a malati, disabili, persone non autosufficienti genera un valore della produzione di oltre 186 miliardi di euro, pari al 6% della produzione economica nazionale, con una occupazione di 2,7 milioni di addetti. Tra il 2007 e il 2013 la spesa sanitaria pubblica è rimasta praticamente invariata (+0,6% in termini reali) a causa della stretta sui conti pubblici. È aumentata, al contrario, la spesa di tasca propria delle famiglie salita al 9,2% tra il 2007 e il 2012, per poi ridursi però del 5,7% nel 2013 attestandosi a 26,9 miliardi di euro.

Evidenti segnali di un cedimento, che – a parere del Censis – può essere contenuto “integrando strumenti pubblici e privati”. L’Italia, però, è tra le poche economie avanzate in cui la spesa sanitaria gestita attraverso le assicurazioni integrative ha numeri veramente bassi con un misero 13,4% a fronte del 43% della Germania, del 65,8% della Francia, del 76,1% degli Stati Uniti. Sembra in ogni caso questa la strada da percorrere per servizi sempre più adeguati.

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