Fino a 1 bambino su 10 in età scolare soffre di enuresi notturna, ma oltre il 65% non riceve alcuna diagnosi, né trattamento. Un disturbo considerato ancora “di passaggio”, che invece può compromettere il benessere psicologico e sociale del bambino, minare la fiducia in sé stessi, ostacolare la partecipazione alla vita sociale e scolastica, interferire con la qualità del sonno e, nei casi persistenti, compromettere anche la sfera affettiva e sessuale nella vita adulta. La Società Italiana di Pediatria, in occasione dell’80esimo congresso italiano di pediatria, richiama l’attenzione su un problema tanto diffuso quanto sottovalutato.
Per i pediatri bisogna superare l’atteggiamento attendista
“È tempo di superare l’atteggiamento attendista“, afferma Pietro Ferrara, vicepresidente della SIP e responsabile del Centro per la cura del bambino con enuresi e altri disordini minzionali al Campus Universitario Bio-medico di Roma. “L’enuresi non è un disturbo mentale, ma soprattutto non è una colpa, né una ‘svogliatezza’ del bambino. È una condizione ben definita, con cause precise, da affrontare con strumenti diagnostici semplici – continua – e terapie efficaci. Ma troppo spesso la problematica viene ignorata, anche in ambito medico. La conseguenza? Bambini che si sentono inadeguati, famiglie che si colpevolizzano o rinunciano a chiedere aiuto, e un disagio che si trascina per anni”.
L’enuresi può compromette lo sviluppo emotivo e relazionale del bambino
“Parlare di enuresi significa parlare di benessere psicologico, qualità della vita e diritti dell’infanzia”, sottolinea il presidente della Sip, Rino Agostiniani. “Anche i disturbi apparentemente ‘minori’ meritano attenzione, perché incidono sullo sviluppo emotivo e relazionale del bambino. La prevenzione parte da qui”, aggiunge. Per sfatare alcune convinzioni sbagliate, la Sip diffonde i falsi miti e consigli utili per aiutare i bambini e le famiglie.
I 7 falsi miti più comuni
- Passerà da sola, basta aspettare. Uno degli errori più comuni è pensare che l’enuresi sia solo una fase transitoria della crescita e che non serva intervenire. Ma le evidenze scientifiche dimostrano che questa aspettativa è spesso infondata. I bambini che bagnano il letto frequentemente (più di cinque notti a settimana) hanno solo il 50% di probabilità di acquisire la continenza notturna prima dell’età adulta. Rinviare la diagnosi e il trattamento, quindi, non significa “aspettare che passi”, ma rischiare di cronicizzare un disturbo che può diventare sempre più pesante sul piano emotivo e relazionale.
- È solo un problema psicologico. L’enuresi primaria non nasce da traumi o stress emotivi, come spesso si crede. Al contrario, può essere causa di disagio psicologico, non effetto. Le cause principali sono fisiologiche: una produzione inadeguata di ormone antidiuretico (vasopressina), un ritardo nella maturazione dei circuiti cerebrali che regolano il risveglio, oppure una vescica iperattiva o non sufficientemente allenata. È un disturbo che può avere riflessi psicologici, soprattutto se viene trascurato o poco considerato.
- Dorme troppo profondamente, non sente lo stimolo. Non è vero che i bambini con enuresi hanno un sonno più profondo del normale. Gli studi dimostrano che il problema è una ridotta capacità di risveglio in risposta al segnale della vescica piena, spesso per un’anomalia dell’attività del locus coeruleus, un’area del cervello che regola la risposta agli stimoli interni ed esterni. Di fatto, il sonno è più frammentato e meno riposante, con possibili effetti negativi anche sulla concentrazione diurna e sul rendimento scolastico.
- Svegliarlo di notte per farlo urinare lo aiuta a guarire. Può sembrare una soluzione pratica, ma in realtà è controproducente. Accompagnare il bambino in bagno durante il sonno, magari svegliandolo a orari fissi, non favorisce l’apprendimento del controllo vescicale. Il bambino urina meccanicamente, senza associare l’azione allo stimolo fisiologico. Inoltre, il sonno disturbato compromette la qualità del riposo e può peggiorare la situazione. Il cervello ha bisogno di imparare a rispondere allo stimolo della vescica da solo.
- Se non ne parla, vuol dire che non gli pesa. Molti bambini non esprimono apertamente il disagio, ma lo vivono intensamente. Possono provare vergogna, sentirsi diversi dai coetanei, evitare di dormire fuori casa o partecipare a gite scolastiche. Alcuni si colpevolizzano, altri si chiudono in sé stessi. È fondamentale che gli adulti siano in grado di cogliere questi segnali silenziosi e offrano sostegno senza giudizio.
- Il bambino ha la vescica troppo piccola, non c’è nulla da fare. Spesso la vescica è perfettamente normale dal punto di vista anatomico, ma “piccola” dal punto di vista funzionale. In molti casi, basta un corretto schema di idratazione (più liquidi al mattino e meno la sera) e una regolarità nell’urinare per allenarla a contenere di più.
- Se il bambino non è motivato, la terapia è inutile. Molti bambini appaiono disinteressati solo perché si sentono inadeguati o colpevolizzati. Un corretto approccio educativo, centrato sull’ascolto e sul rispetto dei tempi del bambino, può rafforzare la sua motivazione. Il sostegno empatico della famiglia e del pediatra è essenziale per costruire un percorso efficace. Va valutato inoltre da caso a caso la possibilità di terapia farmacologica.
I 6 consigli della Società italiana di pediatria
- Incentivare un’idratazione regolare durante il giorno. Incoraggiare il bambino a bere almeno un litro e mezzo d’acqua tra le 8.00 e le 18.00, distribuendo i liquidi in modo equilibrato. Questo riduce la sete serale e aiuta la vescica ad allenarsi con minzioni frequenti.
- Promuovere l’abitudine a urinare regolarmente. Invitare il bambino a svuotare la vescica ogni 2,5-3 ore durante il giorno. Una vescica ben allenata aumenta la propria capacità e favorisce il controllo notturno.
- Prestare attenzione all’alimentazione serale. Evitare di consumare a cena cibi molto liquidi (come minestre o brodi) o ricchi di calcio e sodio, come latte, formaggi stagionati, salumi e alimenti conservati. Questi elementi aumentano la produzione di urina nelle ore notturne e possono interferire con la capacità della vescica di trattenere i liquidi durante il sonno.
- Curare eventuali episodi di stitichezza. Un intestino non svuotato correttamente può comprimere la vescica e stimolare l’iperattività vescicale. Affrontare la stipsi è un passo fondamentale nella gestione dell’enuresi.
- Rispettare i tempi del bambino e favorire la fiducia. Un bambino che si sente accolto e supportato è più disposto a collaborare. È importante parlare apertamente del problema senza colpevolizzarlo, valorizzandone i progressi.
- Affidarsi al pediatra per una guida personalizzata. Il pediatra è il primo riferimento per valutare la situazione, distinguere le diverse forme di enuresi e impostare, se necessario, un trattamento adeguato o un invio specialistico.
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