Politica 13 Settembre 2022 09:56

Elezioni, Costa (Noi Moderati): «Test Medicina anacronistico, serve meritocrazia. Più fondi alla formazione»

Il Sottosegretario alla Salute Andrea Costa, candidato in Liguria, rilancia il modello francese per l’accesso a Medicina: un primo anno comune e poi una selezione sui risultati. Sull’emergenza Pronto soccorso spiega: «Dobbiamo rendere più attrattiva questa professione, personale lavora sotto stress e sotto organico»

Elezioni, Costa (Noi Moderati): «Test Medicina anacronistico, serve meritocrazia. Più fondi alla formazione»

«Quando parliamo di sanità e salute la meritocrazia dovrebbe essere centrale. Il test di ingresso a Medicina non è lo strumento giusto». Il sottosegretario alla Salute Andrea Costa, ai microfoni di Sanità Informazione, conferma la volontà, in caso di vittoria del centrodestra, di superare l’attuale modello di selezione dei futuri medici italiani. Del resto, anche quest’anno non sono mancate le polemiche per una modalità di selezione che non piace ai ragazzi e che di fatto preclude le porte di Medicina a tanti giovani.

Costa, il cui nome è anche nella lista dei possibili ministri della Salute in caso di vittoria del centrodestra, è candidato con “Noi Moderati”, la lista che racchiude i movimenti del governatore ligure Giovanni Toti, dell’Udc, di Coraggio Italia del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro e di Noi con L’Italia. Sarà capolista alla Camera nella sua Liguria nella quota proporzionale. Tra le altre priorità del sottosegretario anche la formazione del personale per cui auspica «più fondi» e un intervento quanto più rapido per fermare la crisi dei Pronto soccorso, in primis aumentando la remunerazione del personale e rendendo più attrattiva la professione. 

Sottosegretario, pensa sia giunto il momento di revisionare o abolire il numero chiuso a Medicina?

«Credo che lasciare che un semplice test di ingresso a quiz indirizzi il percorso di vita di un ragazzo o una ragazza sia anacronistico. Dobbiamo dare l’opportunità ai ragazzi di poter iniziare questo percorso facendo sì che alla fine del primo anno si possa capire se determinati obiettivi siano stati raggiunti. Chi supera gli obiettivi prosegue e va avanti, altrimenti si cercano altre strade. Dobbiamo adeguarci ai tempi. Quando parliamo di sanità e salute la meritocrazia dovrebbe essere centrale. Credo che il test di ingresso non sia lo strumento giusto. Per quanto riguarda il numero chiuso è vero che parliamo di numero programmato in base al fabbisogno ma è anche vero che noi come ministero della Salute diciamo che 14mila possono essere coloro che iniziano questo percorso formativo, ma non sappiamo quanti di questi 14mila arriveranno in fondo e in che tempi arriveranno. Ci può essere qualcuno che dopo uno o due anni possa decidere di prendere un’altra strada. Oggi ci sono atenei che sono già nelle condizioni di poter accogliere più studenti, altri invece no. Dobbiamo creare le condizioni per dare un’opportunità a tutti i nostri ragazzi di capire se quella è la loro strada».

Parliamo di Pronto soccorso: la crisi negli ultimi mesi si è acuita e gli operatori sanitari sono allo stremo. Qual è la ricetta?

«Ci sono due azioni su cui lavorare. La prima è rafforzare la medicina del territorio per rafforzare il filtro: al pronto soccorso devono arrivare i cittadini che davvero hanno bisogno. Oggi purtroppo non è così. Il problema non è solo quello del personale: se c’è un Pronto soccorso stipato di cittadini io posso anche raddoppiare il personale ma resterà sempre un Pronto soccorso senza spazi adeguati. Dall’altra parte dovremmo introdurre dal punto di vista della remunerazione una maggiore considerazione. Nell’ultima legge di bilancio c’è già un passo in avanti, dobbiamo rendere più attrattiva questa professione. Oggi è sempre più difficile trovare medici che decidono di rimanere nel Pronto soccorso: è un luogo dove lavorano sotto stress, sottorganico e anche da un punto di vista remunerativo è sottopagato».

Formazione del personale sanitario. Molti operatori non si aggiornano, cosa fare?

«Anche qui ci sono due azioni da mettere in campo. Da un lato più risorse per la formazione: sotto questo aspetto una parte dei fondi del PNRR sono destinati alla formazione e questo è già un segnale importante. Occorre anche un’opera di sensibilizzazione, c’è bisogno di un approccio culturale da parte di tutti per far aumentare la consapevolezza che aggiornarsi e formarsi significa essere pronti a dare le risposte migliori ai cittadini».

 

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