Lavoro 20 Febbraio 2021 10:17

Tante storie in una sola: sanitari in lotta contro il Covid nelle testimonianze di medici e infermieri

Storie per esorcizzare il virus: nella Giornata a loro dedicata Fials ricorda quella di Roberto Maraniello, infermiere deceduto per Covid lo scorso aprile, leale e pervicace strappato troppo presto ai suoi affetti. Mentre Cimo celebra quelle dei medici in reparto, come Gaetano, presto in un libro

Tante storie in una sola: sanitari in lotta contro il Covid nelle testimonianze di medici e infermieri

Un anno di Covid-19, 365 giorni dominati dalla pandemia e da tante storie che non sempre si è potuto raccontare. Pazienti e operatori sanitari uniti da un’unica missione: sconfiggere il virus ad ogni costo. Nella Giornata dedicata al personale sanitario, socio-sanitario, socio-assistenziale e del volontariato contro Covid-19, si ricordano anche le tante vite spezzate.

«Durante questo lungo interminabile anno di lotta al Covid, abbiamo visto con sgomento e senso d’impotenza che tanti operatori sanitari e sociosanitari impegnati in prima linea non ce l’hanno fatta. Persone straordinarie, prima ancora che professionisti, colleghi ed amici a cui oggi intendiamo tributare un ricordo commosso e infinita gratitudine. Il loro sacrificio ha costituito e costituisce tuttora il simbolo estremo di generosità e altruismo, di abnegazione e alto senso del dovere, che contraddistingue la nostra società civile». Giuseppe Carbone, segretario generale della Fials (Federazione italiana autonoma lavoratori della sanità), non dimentica quel sacrificio e quelle storie.

Roberto Maraniello, infermiere morto a 56 anni

Tra le vittime del dovere senza volto c’è Roberto Maraniello, infermiere e segretario generale Fials di Napoli, colpito a morte dal virus a 56 anni il 24 aprile scorso. Sono tantissimi i parenti e gli amici che ancora non se ne sono fatti una ragione. Suo figlio Ciro, anche lui infermiere al Monaldi di Napoli, ha aiutato a costruirne un ricordo. «Papà ha mosso i primi passi prestando servizio all’interno delle carceri di Poggio Reale. Un’esperienza dura per un ragazzo di 26 anni – racconta – ma per lui, amante delle sfide, un inizio di carriera come un altro». Roberto vince il concorso al Cardarelli, ma all’epoca la figura professionale dell’infermiere è poco valorizzata e per questo decide di dedicarsi a promuoverne l’emancipazione.

Un carattere caparbio che gli permette di vedere il cambiamento anche nel riconoscimento professionale. «Era il primo a svegliarsi la mattina per prepararsi nel dettaglio – racconta ancora suo figlio – gli piaceva dare una risposta a ogni domanda. Un cultore della materia già da quando le scienze infermieristiche erano agli albori». Uomo dalla grande etica, già allora vuole occuparsi degli ultimi e così intraprende l’avventura del sindacato. «Papà non dava mai niente per scontato: appassionato del suo lavoro, aveva capito che valeva la pena dedicarsi anima e corpo alla difesa di chi non aveva voce».

«Poco dopo arrivò il ruolo di coordinatore, e poi quello di segretario aziendale del Cardarelli». Una carriera piena di soddisfazioni e riconoscimenti fino alla segreteria provinciale Fials, apprezzato punto di riferimento per tutti i colleghi di Napoli. Grazie al suo spessore politico viene spesso interpellato anche dalle altre organizzazioni sindacali, nonché dalle stesse Direzioni Generali. «Qualsiasi tipo di criticità lo trovava pronto – ribadisce il figlio infermiere – una delle ultime battaglie fu quella per far avere i Dpi agli operatori sanitari». Soltanto il 16 marzo scrive sul profilo Facebook: “Siamo eroi, non siamo kamikaze”.

Disarmati di fronte al nemico

E probabilmente proprio durante un incontro per discuterne, si infetta. Esattamente un anno fa. «Non sopportava – aggiunge Ciro – l’ingiustizia di vedere il personale sanitario in quei mesi difficili quasi disarmato di fronte al nemico». Quel nemico che lo colpisce senza lasciargli scampo. «Nel giro di un mese e mezzo in ospedale sembrava che andasse meglio – conclude – quando improvvisamente un arresto cardiaco ce l’ha portato via. Ho avuto appena il tempo per salutarlo al Cotugno, ma già era incosciente in Rianimazione». La sua è una storia come tante e così è emblematica. Una vita spezzata nel fiore degli anni e strappata agli affetti più cari, quello della figlia Marzia, anche lei infermiera, e della compagna di una vita Dina.

La testimonianza di Gaetano

Come quella di Gaetano, medico pneumologo campano che la sua di storia la condivide durante l’appuntamento in Fnomceo. Testimonianza che è diventata parte di un libro che raccoglie diversi racconti di medici ospedalieri, scritti in prima persona, e costituisce un insieme di narrazioni spontanee del vissuto di chi è stato e sta in “prima linea” contro la pandemia Covid-19.

Le loro emozioni, riflessioni, paure, ricordi dei primi mesi e degli sforzi che non bastano mai, ricostruiscono un caleidoscopio di situazioni umane e professionali che aiutano a esemplificare, non avendo la presunzione di rappresentarli tutti, i vissuti reali di medici che, pur non volendo essere chiamati eroi, continuano a combattere ogni giorno contro il virus, per la salute di tutti.

Il libro, in distribuzione nelle prossime settimane, nasce da un’idea dei giovani medici di Cimo Lab, il comitato per le iniziative innovative per la professione di Cimo medici, e vuole essere anche una testimonianza positiva per coloro che scelgono di intraprendere la professione.

 

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