Salute 20 Marzo 2025 11:00

Amiloidosi cardiaca: scoperto “segnale” precoce utile per la diagnosi della malattia

Uno studio internazionale ha individuato nell’infiltrazione cardiaca di una particolare proteina un segnale di insorgenza della malattia: individuare e trattare la malattia nelle prime fasi potrebbe rallentarne la progressione
Amiloidosi cardiaca: scoperto “segnale” precoce utile per la diagnosi della malattia

L’infiltrazione cardiaca di una particolare proteina, chiamata transtiretina, rappresenta un segnale precoce di insorgenza dell‘amiloidosi cardiaca, una malattia del cuore rara e progressiva. Questo significa che è possibile individuare e trattare la malattia nelle prime fasi, rallentando la progressione e migliorando la sopravvivenza. Queste sono le conclusioni di uno studio internazionale, coordinato dall’Università di Trieste, in collaborazione con l’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina, e dal National Amyloidosis Centre di Londra. I risultati, pubblicati sulla rivista JAMA Cardiology, potrebbero rivoluzionare le prospettive del trattamento precoce dell’amiloidosi cardiaca da transtiretina (ATTR-CA), patologia causata dall’accumulo anomalo di transtiretina che si deposita nei tessuti cardiaci compromettendone la struttura e la funzione.

L’amiloidosi cardiaca colpisce prevalentemente gli uomini over 60

Con il termine amiloidosi si definisce un gruppo di patologie caratterizzate dall’accumulo anomalo e dannoso in sede extracellulare della sostanza proteica amiloide. Le amiloidosi sono patologie multisistemiche: uno degli organi maggiormente coinvolti è il cuore. Con il termine generico “amiloidosi cardiaca” si definisce, quindi, la patologia cardiaca associata alle amiloidosi. Queste colpiscono prevalentemente i soggetti di sesso maschile, di età superiore ai 60 anni; tra i fattori di rischio: disordini che interessano le plasmacellule, malattie croniche, mutazioni genetiche. Ad oggi, il trattamento prevede farmaci specifici a seconda della forma di amiloidosi individuata e mira all’eliminazione o alla stabilizzazione della fonte della proteina amiloidogenica.

Progressi nella diagnostica precoce dell’amiloidosi cardiaca

Fino a pochi anni fa, questa condizione veniva diagnosticata solo in stadi avanzati, quando il cuore era già gravemente compromesso. Oggi, grazie ai progressi nella diagnostica non invasiva, è possibile individuare la malattia in fase precoce, aprendo nuove possibilità di intervento. Nonostante tassi di mortalità simili tra i diversi gruppi, il rischio di morte per cause cardiovascolari nei pazienti con grado 2 e 3 è risultato essere circa cinque volte superiore rispetto a quello osservato nei pazienti con grado 1, nei quali le morti erano più frequentemente dovute a cause non cardiache. Fondamentale l’uso di una tecnica di imaging avanzata, la scintigrafia con tracciante osseo, combinata con tomografia a emissione di fotoni singoli (SPECT) e tomografia computerizzata (CT), per identificare la presenza di amiloidosi cardiaca ATTR in pazienti asintomatici e studiare l’evoluzione della malattia in questa popolazione.

Infiltrazione cardiaca nei pazienti senza segni e sintomi

La ricerca, presentata al congresso della Società Americana di Cardiologia (AHA), ha analizzato per la prima volta i pazienti con infiltrazione cardiaca di amiloide da transtiretina (ATTR), ma ancora privi di segni e sintomi di scompenso cardiaco. Usando una tecnica di imaging avanzata i ricercatori hanno dimostrato che i pazienti con forme moderate o gravi di infiltrazione cardiaca (grado 2 e 3 scintigrafico) hanno mostrato segni tipici di una cardiomiopatia amiloidotica, con anomalie evidenti sia nell’ecocardiogramma che nei biomarcatori sierici. La malattia è progredita più rapidamente in questi pazienti, con oltre il 50% che ha sviluppato segni e sintomi di scompenso cardiaco con necessità di terapia diuretica entro 3 anni dalla diagnosi.

Il trattamento precoce nei pazienti asintomatici rallenta la malattia

“Le attuali linee guida europee e americane – spiega Aldostefano Porcari, assegnista di ricerca all’Università di Trieste e primo autore della pubblicazione – prevedono il trattamento con il farmaco tafamidis solo per chi ha già sviluppato uno scompenso cardiaco conclamato. Tuttavia, il nostro studio suggerisce che anche i pazienti ancora asintomatici, ma con infiltrazione cardiaca avanzata, potrebbero beneficiare di un trattamento precoce, per rallentare o potenzialmente arrestare la progressione di malattia. Questo risultato apre la strada a una possibile revisione delle raccomandazioni terapeutiche, con l’obiettivo di intervenire prima della comparsa dei sintomi”.

In futuro terapie mirate più efficaci già nelle prime fasi della malattia

Questo studio rappresenta un punto di partenza fondamentale per le future ricerche sull’amiloidosi cardiaca. I risultati suggeriscono che, nelle fasi iniziali della malattia, i depositi di amiloide potrebbero legarsi in modo meno rigido alla matrice extracellulare del cuore, cioè alla rete di proteine che fornisce supporto strutturale ai tessuti cardiaci. Questo fenomeno potrebbe rendere i depositi amiloidotici più suscettibili a eventuali trattamenti. Con lo sviluppo di nuove terapie mirate alla rimozione dell’amiloide, queste informazioni saranno preziose per migliorare l’efficacia delle cure, permettendo di intervenire in modo più mirato nelle prime fasi della malattia.

 

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